Dirigente sconterà 3 anni di galera per uso privato di 13 sim

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Una dirigente scolastico veniva condannato alla pena di di anni tre e mesi tre di reclusione.

Il Fatto

Tanto in relazione alla somma di cui si appropriava la prevenuta, nelle vesti di dirigente scolastico dell'(OMISSIS), “per stipulare con il gestore telefonico un contratto per il noleggio di sette apparati radiomobili e per l’abbonamento di tredici schede SIM e per l’abbonamento di tredici schede SIM, destinandoli poi ad uso privato”.

La Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 03-07-2018) 31-07-2018, n. 36825 decideva di uniformasi a quando deciso dalla Corte distrettuale confermando la condanna.

Per dotare la scuola di telefoni cellulari e stipulare contratti telefonici servono delibere e criteri

Tra le varie questioni contestate alla Ds vi era ad esempio “l’inesistenza di qualsivoglia atto formale nel quale la preside giustificasse tale decisione e la scelta del contraente e precisasse i criteri in base ai quali si erano individuati il numero delle schede e degli apparecchi da acquistare, le ragioni per le quali tali schede ed apparecchi telefonici erano stati assegnati a determinati soggetti e le modalità dell’utilizzo consentito”; “l’inesistenza di atti formali di consegna e, successivamente, di restituzione degli apparecchi cellulari e delle schede”; “la rilevante entità (oltre diecimila Euro di spesa complessiva) del traffico telefonico sviluppato dalle utenze della “rete””; “l’inesistenza di una delibera del Consiglio d’Istituto che – almeno in sede di approvazione del “programma annuale” – prendesse in specifica considerazione ed autorizzasse ex professo una spesa così significativa”

Sul peculato

Quanto al peculato d’uso, ad escludere la possibilità di inquadrare la presente vicenda in seno al paradigma normativo delineato dall’art. 314 c.p.p., comma 2, sta la constatazione che l’invocata fattispecie si risolve in una forma di abuso del possesso – giusta l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, di cui alla parte motiva della sentenza n. 19054 del 20.12.2012 – dep. 02.05.2013, ric. Vattani ed altro – laddove, nel caso in esame, il possesso non costituisce il prerequisito della condotta del soggetto agente, bensì, tutt’al contrario, la risultante dell’indebito fatto appropriativo allo stesso contestato. Nè, per altro verso, appare minimamente fondato il richiamo al disposto dell’art. 323 c.p.. Nel delitto di peculato il concetto di “appropriazione” comprende anche la condotta di “distrazionein quanto imprimere alla cosa una destinazione diversa da quella consentita dal titolo del possesso significa esercitare su di essa poteri tipicamente proprietari e, quindi, impadronirsene” (così, da ultimo, Sez. 6, sent. n. 25258 del 04.06.2014, Rv. 260070, richiamata anche dalla Corte distrettuale).

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