Diplomati magistrali in GaE: arrivano anche le sentenze negative del Tribunale del Lavoro

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Dopo la sentenza  dell’adunanza plenaria che ha ribaltato orientamenti importanti ed a favore delle lavoratrici della scuola, nella complessa e contorta vicenda delle diplomate magistrale, gli effetti iniziano a manifestarsi anche nei giudizi pendenti presso il Tribunale del Lavoro.

E’ il caso, ma non sarà l’unico, del Tribunale di Forlì con sentenza del 30 gennaio 2018  che  affronta il ricorso di una insegnante che sosteneva di essere abilitata alla professione di docente in virtù del diploma di maturità magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002, che chiedeva di poter essere inserita nelle graduatorie ad esaurimento definitive (GAE) dell’Ambito territoriale di Forlì – Cesena valide per gli anni scolastici 2014/17.

Il Tribunale afferma che “Nel merito la domanda non può essere accolta, occorrendo escludere l’idoneità del diploma in questione a valere quale titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad inserimento. Sul punto si richiamano, con effetti dirimenti, le motivazioni della decisione dell’Ad. Plen. Cons. Stato n. 11/2017 prodotta all’udienza (…)” Specificandosi altresì che “Nessun rilievo ha in questo giudizio la sentenza del Consiglio di Stato n. 1973 del 2015 (e le successive analoghe pronunce): essa non vale né come giudicato (se non altro perché non è stata pronunciata, come richiede l’art. 2909 c.c., fra le medesime parti), né come affermazione di un principio di diritto utile ai fini della decisione. 

A questo proposito si deve ricordare che nel giudizio civile la legittimità o meno di un atto amministrativo assume rilievo solo se, e nella misura in cui, l’atto stesso costituisca un ostacolo a (e debba perciò essere rimosso per consentire) la attuazione di un (preesistente) diritto soggettivo; quest’ultimo per-ciò non è un effetto, ma un presupposto, della disapplicazione dell’atto amministrativo (che di per sé non fa sorgere il diritto, ma ne consente solo la piena esplicazione). 

Nel caso in esame è perciò irrilevante che il Consiglio di Stato abbia annullato il decreto ministeriale n. 235/2014 – prescindendo dal fatto che si tratti di un atto regolamentare di carattere generale oppure di un atto collettivo o plurimo con effetti scindibili – poiché l’accoglimento, in sede civile, della pretesa fatta valere dalle appellanti richiederebbe l’accertamento dell’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo ad essere inserite in graduatoria: diritto che deve invece ritenersi insussistente per le ragioni esposte nei punti precedenti“.

Le spese del giudizio si compensano per l’esistenza di orientamenti di segno diverso ed in considerazione del fatto che la predetta pronuncia dell’Ad. Plen. Cons. Stato è intervenuta in corso di causa”

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