Diplomati magistrale in piazza, “Non trattateci come spazzatura”. VIDEO

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Con questo slogan decine di maestre diplomate magistrale stanno sfilando ieri pomeriggio, sabato 12 ottobre, in Piazza Duomo.

Oggi stesso tantissime famiglie e bambini, apprenderanno per la prima volta che dalla prossima settimana non avranno più la loro maestra. Sono circa una quarantina infatti le maestre che perderanno il ruolo a seguito dell’orientamento del Consiglio di Stato che ha deciso che il loro diploma magistrale conseguito prima del 2001, e colpito dalla mannaia dei ricorsi, non consente loro di stare in cattedra nonostante quasi tutte abbiano alle spalle anni e spesso decine di anni di insegnamento e di incarichi importanti a scuola. Alcune, come nel caso della maestra Katia ha pure fatto da tutor lo scorso anno a una neoimmessa in ruolo.

Quest’ultima resterà in servizio, la maestra Katia no. Sarà licenziata. E pensare che la maestra Caterina S., che tutti conoscono come Katia, “la brava insegnante dei nostri figli”, scelta dalla propria dirigente come maestra prevalente già a partire dal giorno della immissione in ruolo, proprio per la bravura dimostrata in venticinque anni di lavoro soprattutto nella scuola pubblica nel Lodigiano, aveva rinunciato a un contratto a tempo indeterminato in una scuola privata per firmare sia pure con riserva l’immissione in ruolo, pena la cancellazione da tutte le graduatorie e forte dell’orientamento allora favorevole della giurisprudenza nei confronti del valore abilitante del diploma magistrale.

Sono tanti gli insegnanti che come lei si trovano a un passo dalla risoluzione del contratto di lavoro e dalla cancellazione dalle graduatorie a esaurimento, senza che si possa attendere la fine dell’anno scolastico con la trasformazione del contratto a tempo determinato e premiare la continuità didattica dei bambini. Per loro è arrivata all’Ufficio scolastico la notifica della sentenza di merito a loro carico, non si sono attesi i 120 giorni che le interessate (sono tutte maestre donne) si auguravano. Dunque sono state convocate e si dovranno presentare il 15 ottobre per ricevere la comunicazione della risoluzione del loro contratto, la cancellazione del loro ruolo.

Non si tratta di licenziamento formalmente inteso ma di risoluzione per effetto dello scioglimento della riserva. Addio cattedra, addio lavoro, addio stipendio. E pure addio Naspi: non toccherà neppure l’assegno di disoccupazione perché per i lavoratori delle pubbliche amministrazioni licenziati la Naspi è esclusa. Lo hanno appreso da alcuni mesi, nessuno voleva crederci, dicevano che stavano facendo del terrorismo, ma è la verità, così dice la legge e così recita una circolare dell’INPS, sconosciute anche ai sindacati alle quali s’erano rivolte e pure ai politici che hanno più volte incontrato in Parlamento. I politici “che ci sono stati vicini, tanti” e quelli che hanno sempre manifestato chiusura nei loro confronti. Si riferiscono al Movimento 5 Stelle, a cui addebitano la mancata attuazione di una normativa che potesse salvaguardare in qualche modo la loro posizione, quanto meno la trasformazione del contratto da indeterminato a determinato fino al 30 giugno 2020, come sembrava potesse succedere. Invece, “non ci hanno mai voluti ascoltare e una di loro, diventata sottosegretaria, nel passato faceva la sindacalista e da sindacalista si batteva in favore delle diplomate magistrale, ora ha evidentemente cambiato opinione”.

A sostenere le maestre di Lodi sono arrivate colleghe da tutta Italia. Maestre che come loro ben presto perderanno il ruolo, ma anche maestre con la posizione blindata che hanno voluto esprimere solidarietà a colleghe conosciute durante il servizio, come la maestra partita da Napoli di mattina presto, perché non ha dimenticato cosa volesse dire confidare nella sicurezza di un lavoro che si ama e di uno stipendio, per i quali aveva trascorso parecchi anni della propria vita a Prato, da sola, lontano dai suoi tre bambini e dal marito. Poi c’è la Maestra Michela, di Novara, incaricata di tenere le relazioni con la stampa, punto di riferimento per tutte queste insegnanti, non solo dal punto di vista morale ma anche da quello normativo, perché a furia di cercare spiragli tra leggi e decreti, chiunque diventerebbe esperto di diritto scolastico.

Dopo anni di onorato servizio, le maestre della Scuola Primaria e Infanzia di Lodi chiedono dunque “di non essere licenziate ma assunte”. Con fischietti e palloncini, indossando sacchetti neri della spazzatura, scendono in strada in questo sabato pomeriggio “per manifestare contro l’imminente licenziamento previsto dal MIUR a livello nazionale”. Partite dal Piazzale della stazione di Lodi, il corteo di protesta sfila per le vie del centro fino a raggiungere Piazza della Vittoria, cuore della città e della manifestazione. “Dopo anni di onorato servizio, non trattateci come spazzatura”. Ecco il messaggio di protesta di queste maestre. “Siamo stanche – spiegano – di essere accusate ingiustamente per il mal funzionamento della scuola e di rimanere in silenzio a guardare”, perché “saremo, in una parola, licenziate dal 15 ottobre e costrette a lasciare il posto di lavoro”.

E ancora: “Mentre si parla di assunzioni nella scuola, saranno tantissimi i docenti che nelle prossime settimane in tutta Italia riceveranno la lettera di licenziamento: tantissime le cattedre che rimarranno scoperte, tantissime le classi, i bambini e le famiglie che si ritroveranno senza la loro maestra. Nonostante l’Unione Europea pochi mesi fa abbia minacciato di avviare una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per abuso reiterato di precariato scolastico, le maestre continuano a sentirsi abbandonate, utilizzate come ‘tappabuchi’, ‘usa e getta’ e trattate come pura spazzatura”.

aturalmente non si tratta di spazzatura né di essere trattate come tale, sono solo frasi da slogan. C’è una riserva che incombe sul loro contratto, una spada di Damocle di cui le interessate erano consapevoli, e ora viene presentato il conto che si sperava non arrivasse. Questo sul piano formale. C’è chi ha promosso i ricorsi contro di loro, alcuni sindacati, con istanze che hanno trovato soddisfazione nella giurisprudenza amministrativa e dunque ora le sentenze devono essere eseguite. Ciò su cui le interessate recriminano è non solo il fatto che un po’ tutte avessero confidato su una giurisprudenza che per lungo tempo aveva dato loro ragione, in qualche modo inducendole ad abbandonare il lavoro sicuro per il ruolo sia pure con riserva, ma anche lo stato di abbandono in cui ora si trovano e la consapevolezza di sentirsi – comunuque – all’altezza di continuare a svolgere una professione alla quale si sono avvicinate non ieri, ma molti anni orsono, in alcuni casi si tratta di decenni, grazie a un titolo – il diploma magistrale conseguito prima del 2001 – che nel 1998 un decreto del governo Prodi definì  abilitante a tutti gli effetti.

La storia della maestra Katia S. (lei non vuole farsi riconoscere per salvaguardare i suoi piccoli alunni che non vuole che apprendano la notizia del suo licenziamento dai giornali) è la storia di una gavetta e di una formazione avvenute sul campo. Lo scorso anno ha fatto la tutor a una collega neoimmessa in ruolo. Lo Stato che oggi le dice che non ha i titoli per mantenere il posto di lavoro di ruolo è lo stesso Stato che non solo l’aveva valutata benissimo al termine del proprio anno di prova confermandole il ruolo un anno dopo l’assunzione con riserva, ma che l’anno successivo le aveva affidato compiti e funzioni delicate come quella di essere la maestra prevalente di una classe quarta e di affiancare e valutare nell’anno di prova un’altra docente, appena immessa in ruolo. Oggi è nel corteo, munita di fischietto, colma di rabbia, di delusione e di sconforto. Diplomata all’Istituto magistrale Maffeo Vegio di Lodi, inizia a insegnare nelle scuola pubbliche nel lontano 1994 con supplenze e incarichi fino al 2004, sempre nel Lodigiano, quando arriva il contratto a tempo indeterminato in una scuola paritaria.  “All’inizio erano incarichi annuali – rammenta Katia – Si girava anche per un solo giorno.

 

Non c’era il cellulare, “si stava seduti sul divano dalle sette del mattino, e quando suonava il telefono e venivo chiamata da una scuola avevo mezz’ora per raggiungere il posto, che spesso distava tanto da casa mia. Avevo una bambina piccola e l’organizzazione di mamma si svolgeva dopo la chiamata”. In sostanza se la chiamata fosse arrivata tra le sette e mezza e le otto avrebbe dovuto presentarsi al lavoro di mattina. Se fosse arrivata tra le otto e le nove avrebbe dovuto recarsi al lavoro nel pomeriggio. Nel primo caso e nell’altro, non è stato facile gestire la figlia portandola di corsa all’asilo al mattino o facendo i salti mortali al pomeriggio per riprenderla. Ma le donne sanno benissimo che ce la fanno a fare i miracoli, specie quando amano il lavoro che svolgono “e io amo il mio lavoro,non posso pensare all’idea di perderlo, così, dopo tanti anni di sacrificio e di passione”
Il tempo passa. Nel 2000 attivano i corsi abilitanti. “Ho fatto la domanda – rammenta la maestra Katia – e ho partecipato a questi corsi. Però tre o quattro giorni prima di fare l’esame ricevo una lettera dove mi si dice che mi mancavano cinque giorni tra i tanti richiesti come requisito di accesso. In pratica non consentivano di sommare il punteggio maturato nella scuola dell’infanzia a quello maturato nella primaria”. Nel 2004 Katia, forte della nomea di buona insegnante viene chiamata a tempo indeterminato e fino al 20017 in una paritaria “dopo che ormai nel Lodigiano tutti mi conoscevano”.

E quando ci ricorda che nel 2017 arriva la chiamata per il ruolo a Katia sfugge un avverbio e quel che segue: “Purtroppo – è questo l’avverbio – nel 2017 mi ha chiamato l’ufficio scolastico dicendomi che sarei passata in ruolo. Sapevo che avrei firmato con riserva poiché c’era già un contenzioso, dovuto a qualcuno che aveva fatto causa contro il nostro inserimento nella graduatorie a esaurimento, perché diplomate magistrali prima del 2001. Ma segnalo che nel 1998 il Presidente della Repubblica Scalfaro firmò un decreto secondo cui il diploma magistrale aveva valore abilitante. Con questo decreto noi avremmo avuto il sacrosanto diritto di stare in Gae. Dunque ho firmato il ruolo e il delegato della Cisl e il Provveditorato quando ho mostrato la titubanza di fronte a questo ruolo accompagnato dalla riserva, che non mi poteva garantire il cento per cento della stabilità, mi hanno chiarito che sarei stata depennata da tutte le graduatorie statali se non avessi accettato. Ho capito in quei minuti che potevo stare tranquilla poiché, qualcuno mi faceva capire che le riserve solitamente sarebbero state risolte con delle sanatorie”. Nessuno l’ha costretta, però. “Certo, non mi hanno messo la pistola alla tempia.  Ho scelto il ruolo per la maggiore sicurezza rispetto alle private, perché è possono chiudere da un anno all’altro. Dopo tanta gavetta una docente ambisce al ruolo e così ho firmato il ruolo e mi sono licenziata dalla privata”

Segue l’anno di prova con esame finale a giugno 2018. “Siamo state monitorate tutto l’anno, abbiamo fatto i corsi di formazione suppletivi rispetto a quelli normali. Corsi sui Dsa, in informatica, sulla didattica inclusiva, abbiamo dovuto ripassare i metodi pedagogici, Da Montessori a tutti gli altri. Infine ho presentato un’unità di apprendimento con i bambini. E’ stato un anno impegnativo. Avevo una classe quarta, ed ero maestra prevalente, di italiano, matematica, arte eimmagine, musica, storia, geografia e scienze. Come se lo ricorda quell’anno la maestra Katia? “Pieno di speranza, stimolante, mi sentivo appagata, mi sentivo realizzata, era il sogno che si stava realizzando, voleva dire che la mia dirigente aveva deciso di darmi fiducia. Ho preso il posto di una maestra andata in pensione e i genitori sono rimasti contenti. Non è importante la laurea ma la predisposizione: io non sto bene psicologicamente in questo periodo ma un sorriso in classe lo porto sempre”. Ma i genitori e i bambini sanno? “I genitori non mi sono sentita ancora di informarli, aspettavo un decreto che ci avrebbbe garantito il posto fino al 30 giugno ma ci vogliono far fuori. Mi sento umiliata da questo governo che parla di slogan e nient’altro. Mi sento arrabbiata, derubata della mia vita, ho dedicato tanto a questo lavoro. Amo il mio lavoro, è la mia passione. Mi sento abbandonata dalle istituzioni, dai media. Scappano quando chiediamo che se ne interessino. E mi sento… senza stipendio. Sposata, una bella famiglia, e questa è la mia fortuna rispetto a tante colleghe. Ma se dovessi aiutare i miei figli o comprare una lavatrice con un contratto a tempo determinato non potrei farlo. Non ho vent’anni ne ho 48. E come sa non i spetta, non ci spetta la Naspi”.

Testimonianza della Maestra Michela

“A Lodi il 15 ottobre sarà il caos. I dirigenti avrebbero preferito la trasformazione dei contratti in contratti a tempo determinato fino al 30 giugno per salvaguardare la continuità didattica, come lo scorso anno, ma non essendoci la normativa che lo preveda non so dove si andrà a finire. Tante docenti del Sud che si sono trasferite qui e si troveranno senza stipendio e senza Naspi”. La maestra Michela ha 38 anni, insegna a Novara in una scuola d’infanzia. “La maggior parte arrivano dall’infanzia. Nei nostri territori ce ne sono tante, vanno a sopperire in tanti comuni le varie mancanze. Si era diplomata nel 2000 a Novara presso l’istituto magistralesocio psico pedagogico: “La mia professoressa – rammenta con un ricordo che ha il sapore della beffa – mi disse di fare il quinto anno così un giorno potrai insegnare, aggiunse”. Non ha ancora ricevuto la sentenza che ne determinerà il licenziamento dalla scuola dove è di ruolo ma poco ci manca. E’ anche lei a Lodi a protestare, lei tiene relazioni con la stampa: “ Io – spiega – parlo a nome delle colleghe di Lodi. Ci siamo conosciute e insieme abbiamo formato un gruppo di lavoro per cercare di attenzionare la politica, sganciati dai sindacati, perché non ci fidiamo più. Abbiamo fatto un duro lavoro. Siamo stati n Senato, abbiamo trovato apertura dalla Lega, dal Pd, da tutti tranne che dal Mov5Stelle. Loro non si capisce cosa vogliono, non ci ricevono, parlano solo di concorsi ordinari e dicono che queste sono sanatorie mascherate. Non lo sono. La Corte di Lussemburgo dice che dopo 36 mesi di servizio i docenti devono essere stabilizzati”. Ma non siete abilitati, par di capire. “No, invece siamo abilitate, ma il diploma non è sufficiente a garantirci l’accesso in quella graduatoria, stando alla sentenza di adunanza plenaria 11/2017. L’orientamento era favorevole poi non si è capito cosa sia successo. Se ho un mutuo. Sì, che ce l’ho, spero che la sentenza almeno non arrivi prima del 30 giugno”. Eppure i sindacati confederali chiedono al governo di risolvere la vostra questione, stando ai loro comunicati. “Ma lei è sicuro che lo chiedono?”

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