Una diplomata magistrale di 35 anni, laureata in giurisprudenza, che si è realizzata grazie all’insegnamento. Lettera

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Federica Scepi – La mia lettera è rivolta a coloro che esprimono la loro opinione sulla questione “diplomati magistrali in Gae”. Non è mia intenzione dare lezioni, bensì offrire la mia esperienza personale per una riflessione sull’argomento, con qualche informazione in più. 

Io ho 35 anni e sono in possesso di un diploma magistrale dell’anno 2001. Dopo il diploma ho conseguito prima una laurea in scienze giuridiche, poi la laurea specialistica in Giurisprudenza. Durante la pratica forense mi sono resa conto che la strada intrapresa non mi realizzava affatto e, diventando madre nel frattempo, ho intuito che lavorando con i bambini avrei potuto trovare la mia realizzazione personale. La conferma non ha tardato ad arrivare, perché ho deciso di rischiare e cambiare tutta la mia vita (e quella della mia famiglia), cominciando 3 anni fa ad insegnare come supplente di scuola primaria.

Avete presente come ci si sente finalmente al posto giusto nel momento giusto? Ecco, Io mi sono sentita così: finalmente me stessa e profondamente felice. Ho iniziato a studiare di nuovo, la mia formazione è in continua evoluzione (lingua, didattica, inclusione, ecc..), anche perché senza formazione nella scuola di oggi sarebbe impossibile sopravvivere. Ora sono in attesa che il giudice mi dia il responso: dentro o fuori. Molti identificano la diplomata magistrale come “la sessantenne casalinga che ha rispolverato il vecchio diploma per ripiego o per noia” (nulla contro le casalinghe sessantenni che in questo gioco non c’entrano nulla).

Per carità questa cosa accade, ma vorrei sottolineare che è un’eccezione, non la regola. È uno stereotipo fuori luogo, soprattutto in questo momento. Ancora più dolorosi sono i giudizi che parlano di “scorciatoie”, dipingendoci come ignoranti furbi e incapaci, a cui i genitori non dovrebbero affidare i loro figli. Io in questi giudizi non mi ritrovo e lo dico con orgoglio. Chi non conosce e vuole farsi giudice provi a riflettere in silenzio, in attesa che si pronunci il giudice competente.

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