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Didattica a distanza, non è semplice sommatoria di compiti. L’ipertesto come strumento didattico

Fermatevi, adesso. C’è il tempo e l’opportunità per creare nuovi strumenti per interagire con i propri alunni e fornire loro, efficacemente, stavolta, opportunità nuove per viaggiare nel variegato mondo della conoscenza.

C’è stato un errore di fondo, forse, almeno dalle molteplici e poliedriche lamentele che giungono da genitori e alunni, quello del ritenere che la piattaforma (pochi la usano) o il registro elettronico rimodulato per garantire nuovi e più efficaci servizi alla didattica, fossero non la palestra dove esercitare, con convinzione e maturità, la propria disponibilità alla mutata scommessa richiesta da questo tempo, bensì l’0elnco dei desiderata. Luogo virtuale (poi neppure troppo) dove elencare, talvolta senza un ordine metodico e neppure metodologico) quanto si voleva ancora “svolgere” del programma sospeso. Sì, perché ancora è questo il termine che, più di altri, circola velocemente nel mondo della scuola.

La didattica a distanza non può essere una semplice sommatoria di compiti, però. E lo stano dimostrando le tante scuole pilota, i tanti docenti che, non puntando sulla molteplicità delle consegne, stanno in primis mutando loro la tecnica di insegnamento, facendo, il più delle volte leva, non su di una formazione specifica di settore, ma sulle tante opportunità che la rete sta offrendo, a partire proprio da questo quotidiano.

Per iniziare, neppure per apparire troppo banali, ci occuperemo del come strutturare un ipertesto da intendere e da promuovere come strumento didattico.

Perchè l’ipertesto

Cercheremo, prima di tutto, affinché si abbia l’opportunità non solo di acquisire una nuova competenza, ma congiuntamente di far qualcosa e di saper qualcosa, di conoscerlo meglio.

Conoscere è il presupposto, anche al tempo del Coronavirus, per operare meglio e con più convinzione. Ne abbiamo il tempo, ne siamo capaci, ne dovremmo essere totalmente convinti.

Che cos’è un ipertesto?

Un ipertesto è, comunemente, definito come un esempio di testo non lineare, in cui le informazioni non sono date sequenzialmente, ma sono collegate fra loro attraverso una serie di legami; il lettore può così passare da un’informazione all’altra seguendo un proprio percorso di studio.

Theodor Nelson, colui che nel 1965 coniò il termine “ipertesto”, definisce un ipertesto come una “scrittura non sequenziale, testo che si dirama e consente al lettore di scegliere; qualcosa che si fruisce meglio davanti a uno schermo interattivo. Così come è comunemente inteso, un ipertesto è una serie di brani di testo tra cui sono definiti legami che consentono al lettore differenti cammini”.

Un ipertesto è, dunque, “un ambiente in cui un autore o un utente può creare un percorso ramificato definendo legami fra vari tipi di informazioni”, e viene ad offrirsi come “mezzo per pensare e per comunicare”.

Ed è in questo momento storico, più che in altri, che abbiamo bisogno di riallacciare legami, fortificarli, condensando competenze e sviluppando processi.

Landow (1989) definisce un ipertesto come un mezzo per enfatizzare connessioni e relazioni, che in ciò facendo cambia il modo in cui i testi esistono ed il modo in cui noi li leggiamo, venendo anche a cambiare i moli di autore e lettore. Riprendendo tali concetti, Antinucci afferma che un ipertesto può essere definito come un “testo virtuale”, che diventa “attuale” solo in seguito all’operazione di lettura effettuata dall’utente, il quale attiva uno dei possibili percorsi di lettura all’interno dei testi fra loro collegati. Il testo cambia, quindi, ad ogni operazione di lettura, consentendo al lettore di diventare un po’ a sua volta autore, anche se “autore condizionato”. Con il termine ipermedia comunemente si intende un sistema che applica metodi e tecniche ipertestuali alla gestione di informazioni di natura multimediale: le associazioni avvengono non solo con elementi linguistici ma anche con altri sistemi simbolici (suono, grafica, immagine statica e dinamica, animazione). Anche se la costruzione dei primi sistemi ipertestuali risale agli anni ‘60, il vero precursore delle tecnologie ipertestuali é considerato Vannevar Bush, che nel 1945 pubblicò su The Atlantic Monthly un saggio dal titolo “As we may think”. Bush, dal 1941 capo direttore dell’Ufficio per la Ricerca e lo Sviluppo Scientifico degli Stati Uniti, lamenta le difficoltà che uno studioso incontra nel passare in rassegna pubblicazioni e risultati di ricerca di altri studiosi.

I dati automatizzati

Gli archivi di dati automatizzati che già esistono si valgono di sistemi di indicizzazione artificiosi, che rendono molto difficile la ricerca. I dati sono archiviati alfabeticamente o numericamente e le informazioni vanno ricercate seguendo regole difficili da utilizzare e gestire. Inoltre “una volta trovata una prima informazione utile bisogna emergere dal sistema e rientrarvi per un cammino differente alla ricerca delle altre informazioni di cui abbiamo bisogno”. Bush vuole un sistema di ricerca di informazioni che sia più vicino al modo di funzionare della mente umana, la quale “…opera per associazioni. Una volta che essa abbia un elemento a disposizione salta istantaneamente all’elemento successivo suggerito, in base ad un intrico di piste registrate nelle cellule del cervello, dalla associazione dei pensieri”.

Se ci fate bene caso questo è anche il modo in cui operano, con più fermezza di prima, i nostri alunni. Il salto tipicamente giovanile che permea, costantemente, l’approccio del nostro studente, al mondo della conoscenza.

Nonostante, parlarne nel 2020, sia del tutto anacronistico, un accenno alla macchina immaginata da Bush, va fatto. Egli pensa a Memex, in realtà si tratta di enciclopedia meccanizzata, nella quale “un individuo registra i propri libri, il proprio archivio, e le proprie comunicazioni personali, e che è meccanizzato in modo da poter essere consultato con eccezionale velocità e versatilità”. Memex funziona in modo simile alla mente umana, consentendo di stabilire associazioni all’interno del materiale raccolto: da ogni elemento di informazione è possibile passare a qualsiasi altro, secondo una “pista” tracciata dallo studioso. Bush anticipa, in questa maniera, quel concetto di “ipertesto”, che vorremmo si appropriarsi di una parte della didattica a distanza, fornendo descrizioni per un ipotetico lavoro di ricerca svolto attraverso questa macchina. Certo, la macchina Memex, oggi, non l’abbiamo e, pur qualcuno avendola, non la usa, ma l’organizzazione proposta potrebbe servire notevolmente ai nostri giovani e, per essi e prima di essi, ai docenti impegnati a scoprire o a utilizzare tecnologie e metodologie nuove e più adeguate al contesto in cui i bambini e i giovani dell’era COVID-19 lavorano.

Le caratteristiche dell’ipertesto

Un ipertesto è, dunque, un tipo di software che consente di organizzare in modo non lineare l’informazione verbale. Si tratta, con parole più appropriate, di un ipermedia capace di organizzare, in forma non lineare, informazioni provenienti da più media. Attraverso tale tipo di software è possibile costruire documenti o applicazioni ipertestuali e ipermediali. Un documento ipertestuale è generalmente costituito da piccole unità informative, chiamate nodi, non presentate in una maniera lineare fissa come lo sono generalmente i materiali testuali. Partendo da una di tali unità informative ogni utente può seguire la strada a lui più congeniale, scegliendo fra una serie di alternative che gli sono proposte. Ad esempio:

  • approfondire un particolare argomento;
  • vedere una versione semplificata di un testo;
  • saltare ad una nuova unità informativa collegata alla prima per presenza di un concetto comune;
  • attivare tabelle, grafici, quadri cronologici;
  • utilizzare un vocabolario dei termini usati;
  • aprire finestre per prendere appunti.

I concetti presentati nel documento ipertestuale sono collegati fra loro attraverso una serie di legami (link) che esprimono le relazioni logiche esistenti fra i concetti.

Un documento ipertestuale è, dunque, costituito da nodi e da legami che li collegano, venendo a costituire una rete più o meno complessa di informazioni e relazioni.

Un nodo ipertestuale è definibile come un’unità di informazione che abbia autosufficienza comunicativa; può essere di natura verbale e non verbale (disegno, filmato, suono, schema, grafico, ecc..); la sua estensione può variare da una semplice parola ad una schermata intera del computer o più. In genere un nodo corrisponde ad una videata o ad una zona circoscritta di questa, ma non è l’estensione a caratterizzarlo, bensì, come già detto, la sua autosufficienza comunicativa.

I nodi si differenziano sia per la tipologia dei contenuti, sia per la funzione che hanno nei confronti di altri nodi (si può così parlare di nodi sorgente o di nodi destinazione), sia per la finzione pragmatica che possono esercitare all’interno dell’ipertesto: spiegare concetti presenti in altri nodi, verificare l’acquisizione dei contenuti, sintetizzare, fornire bibliografia, ecc… Solitamente tutti i sistemi ipertestuali consentono di caratterizzare diversamente le unità informative, attraverso il colore, l’uso di caratteri diversi, di segnali grafici o altro, in modo che l’utente possa distinguere la diversa finzione che un particolare nodo assume all’interno del documento ipertestuale.

Le teorie

Il legame è ciò che caratterizza la non linearità dell’informazione, propria di un ipertesto. Si tratta in sostanza di un comando che permette il passaggio da un nodo ad un altro, e che deve avere il requisito della riconoscibilità e della facilità d’uso (Martini 1993). Solitamente i legami sono evidenziati sullo schermo del computer attraverso parole chiave, simboli grafici o “bottoni” e sono facilmente attivabili semplicemente premendo il bottone del “mouse”. Oltre a servire da connessione fra i nodi, i legami forniscono informazione, più precisamente l’informazione circa le relazioni esistenti fra i nodi: relazioni subordinate, sovraordinate, associative, ecc. Un ipertesto può, quindi, essere considerato come una base integrata di conoscenze nella quale sono forniti non solo i concetti, ma anche le relazioni logiche fra i concetti. Possono esistere diverse tipologie di legami. Nelson parla di collegamenti salto, che consentono di saltare ad un altro punto del documento, collegamenti segnalibro, che permettono di segnare un punto che si vuole trovare ad una successiva lettura, collegamenti del tipo note a margine o “adesivi gialli virtuali” (per commenti, spiegazioni, approfondimenti).

Martini individua e definisce 4 tipi di legami:

  • I legami nota sono quelli che potrebbero corrispondere alle tradizionali note a piè di pagina. Connettono ad esempio un vocabolo o un’espressione verbale con la sua definizione.
  • I legami rimpiazzo possono essere paragonati alle digressioni che un autore compie in un libro inserendo incisi o proposizioni subordinate all’interno del tema principale. Portano ad un commento, una spiegazione, un’illustrazione, una sintesi, insomma qualcosa che possa sostituire (rimpiazzare) il concetto espresso nel nodo di partenza.
  • I legami riferimento corrispondono, nella tecnologia del libro, a rinvii a paragrafi successivi o precedenti (introdotti da proposizioni del tipo: “come già detto nel capitolo”, “come si vedrà in seguito…”). Consentono di passare rapidamente da un nodo all’altro in cui sono trattati i medesimi argomenti.
  • I legami comando non hanno corrispondente nella tecnologia del libro, ma Martini porta l’esempio di un lettore che interrompa la consultazione di un testo per consultare un dizionario, usare la calcolatrice, ecc… Le finzioni di tali legami sono molte: ad esempio lanciare un programma di videoscrittura, un foglio elettronico, far partire un filmato. Conklin distingue due tipi di collegamenti: referenziali e di organizzazione. Nel primo caso i collegamenti non hanno natura gerarchica e pongono in relazione due punti qualsiasi dell’ipertesto, che possono presentare fra loro una qualche associazione, derivata, ad esempio, dall’avere in comune concetti, personaggi, vocaboli, date. Un collegamento organizzativo ha invece natura gerarchica, ed esprime una relazione padre-figlio fra concetti ed informazioni. Secondo Margiotta (1991) questi due tipi di collegamento sono in tutto assimilabili ai due tipi fondamentali di pensiero che presiedono allo sviluppo delle nostre abilità e conoscenze: il pensiero dichiarativo e quello procedurale. I collegamenti referenziali sono assimilabili alla produzione di conoscenze dichiarative e i collegamenti di organizzazione sono assimilabili alla produzione di conoscenze procedurali. Parlare di legami referenziali e di organizzazione, porta a trattare un altro importante argomento: la struttura dell’ipertesto.

Nelson (1990) considera come una “normale” struttura ipertestuale una complessa struttura a rete, nella quale si intersecano nodi e associazioni. Jonassen (1989) parla invece di ipertesti non strutturati e ipertesti strutturati. I primi consentono un accesso diretto da un nodo ad ogni nodo della base di dati a questo associato. I secondi implicano un’esplicita organizzazione dei nodi e dei legami. Solitamente un ipertesto strutturato, quello che andrebbe realizzato (spero speriemntato) in questo contetso storico, fornisce l’informazione costituendo insiemi di nodi fra loro legati, che possono dare accesso ad altri insiemi.

Per Concione di Tonto si può scegliere di organizzare un ipertesto in una struttura gerarchica o non gerarchica, con vantaggi e svantaggi che derivano dall’una o dall’altra modalità: “un documento ipertestuale gerarchicamente organizzato offre strumenti di attraversamento delle informazioni estremamente semplici, in quanto il lettore può muoversi solo in direzioni obbligate; questo però può comportare per l’autore la scelta di criteri di organizzazione e rappresentazione della conoscenza piuttosto semplici e rigidi. Al contrario, l’organizzazione non gerarchica dell’informazione di un ipertesto, se lascia ampio margine a rappresentazioni complesse, può creare al lettore problemi di disorientamento di fronte alla fitta rete di collegamenti attraverso la quale deve muoversi per cercare le informazioni che desidera”.

Martini e le diverse strutture ipertestuali da utilizzare da parte dei docenti dell’era Coronavirus

Martini individua diverse strutture ipertestuali, ognuna delle quali può assolvere a specifici compiti di stimolazione e realizzazione di apprendimento dei contenuti da parte di chi utilizzerà il documento ipertestuale:

  • La struttura sequenziale corrisponde ad un montaggio lineare dei nodi, con qualche “movimentazione” data dal render possibile il saltare da una parte all’altra della sequenza o compiere digressioni di approfondimento. Secondo l’autore una struttura sequenziale favorisce la memorizzazione dei contenuti in quanto “rende minima la dispersione dell’informazione e si avvale di una certa ridondanza e ripetitività comunicativa. Si presta a determinare produzioni di inferenze di tipo convergente, a pilotare il pensiero verso modelli strettamente deduttivi e risulta particolarmente adatta per fruitori che sul tema oggetto dell’ipertesto non possiedono molte informazioni”.La struttura ad albero organizza le informazioni in modo fortemente gerarchico e si presta ad organizzare contenuti che abbiano una forte subordinazione logica fra le unità di informazione.
  • La struttura a griglia dispone la materia “simultaneamente sul piano della scomposizione lineare (o segmentazione) e sul piano della scomposizione dello spessore (o stratificazione)”. E’ possibile, quindi, compiere percorsi lineari lungo uno strato o scegliere ad esempio approfondimenti ad uno dei diversi livelli di profondità.
  • Nella struttura a rete ogni singolo nodo può essere associato secondo legami multipli. Si tratta di una struttura estremamente elastica, in grado di fornire il massimo dell’informazione, ma con il pericolo di dispersione.

La distinzione fra queste diverse strutture può non essere così netta, e lo stesso documento ipertestuale può presentare strutture di tipo misto, o adottare strutture diverse in punti diversi della base di informazioni che fornisce.

Chi legge un documento ipertestuale deve muoversi all’interno delle unità di informazione, utilizzando i legami come “mezzo di spostamento”. L’esplorazione di un documento ipertestuale è chiamata, con una metafora estratta dal linguaggio mannaro, navigazione (to navigate), e il perdersi all’interno del “mare” di conoscenze fornite dal documento è considerato un naufragare. I docenti abbiamo l’obbligo, invece, di fornire un porto sicuro.

Gli alunni e i nuovi e vecchi strumenti di navigazione: gli errori di rotta e i cattivi capitani

Si parla, quindi, di strumenti di navigazione, che consentono di correggere eventuali errori di rotta, e di sistemi di orientamento, che tendono ad attenuare il rischio di perdersi favorendo l’orientamento di chi legge. Fra gli strumenti di navigazione normalmente presenti in tutti gli ipertesti si possono ricordare i sistemi di ritorno (back~racking), che permettono di ripercorrere indietro il proprio percorso di esplorazione, i sistemi di ricerca, attraverso i quali è possibile tornare ad una determinata pagina specificando vocaboli o frasi presenti in lei, il semplice comando di rientro (top level), che consente di tornare al punto iniziale del percorso. Fra i sistemi di orientamento, sono disponibili in molti sistemi ipertestuali le mappe globali dei nodi presenti nel documento, che rappresentano in diagramma l’organizzazione delle informazioni, e le memorie di percorso, che rendono disponibile all’utente il diagramma delle pagine visitate fino a quel momento.

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