Didattica a distanza, esaspera genitori e si continua riempire alunni come contenitori vuoti!

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Inviata da Maurizio Parodi (dirigente scolastico) – La tristissima congiuntura che stiamo vivendo potrebbe rappresentare una buona occasione per ripensare i paradigmi, il senso, la filosofia del nostro sistema scolastico, profondamente malato, come dimostrano i dati relativi all’analfabetismo funzionale, alla mortalità scolastica, all’incapacità di compensare le diseguaglianze di partenza.

Sintomi gravissimi ma irresponsabilmente trascurati, a tutti i livelli, per il carattere autoreferenziale di un apparato immune agli interventi di innovazione sostanziale, e più incline a restyling meramente cosmetici (vedasi l’uso cattedratico delle LIM). Ma lo sarà solo per quei docenti (e ve ne sono) che, tra mille difficoltà di ogni sorta (carenze di risorse, organici, strumenti…), incomprensioni, ostilità (anche da parte dei colleghi o dei dirigenti più retrivi), già si impegnano con sensibilità e intelligenza, per qualificare gli “ambienti di apprendimento” nei quali operano; coloro i quali riescono, anche in questa gravosa situazione, a confortare gli studenti, attraverso inedite forme di contatto e coinvolgimento, sollecitandone la riflessione personale e la crescita non solo culturale, creando nuovi spazi di scambio e ricomposizione del gruppo classe, perché alla costruzione del gruppo (ben altro rispetto alla sommatoria di singoli indistinti e separati) hanno dedicato tempo, energie, la piccola comunità della quale ciascuno si sente e soffrirebbe l’incuria. Per tutti gli altri, si tratterà della ulteriore declinazione di un malcostume pedagogico diffuso e nefasto, confermato dalla lettera, tra le moltissime ricevute del medesimo tenore, di una mamma di Pescara (che significativamente preferisce l’anonimato) alla quale non ho potuto dare risposta, perché risposta non c’è, e che potrebbe essere ignorata, se rappresentasse la condizione di un’infima minoranza di studenti e genitori, ma che invece segnala drammaticamente la persistenza e la diffusione, di pratiche e abitudini inveterate, di convincimenti e atteggiamenti immarcescibili, dell’uso involuto e improprio delle tecnologie, ma anche di grave insensibilità non solo pedagogica.

«Chi le scrive è un genitore in balìa di questo nuovo modo di fare scuola che ci è piombato addosso e ha stravolto le nostre giornate ai limiti dell’assurdo.
Sono diverse settimane che cerchiamo di organizzarci e adattarci alla DAD, apprezzandone l’utilità teorica ma constatandone i limiti concreti. Spesso sono limiti oggettivi legati alla connessione alla rete e all’uso della tecnologia o al possesso degli strumenti idonei …ma non solo questo.

Mi permetto di esprimere osservazioni e preoccupazioni che pare trovino riscontro nelle criticità evidenziate da molti genitori ma anche da tanti docenti.
Intanto, non è possibile organizzarsi quando si abbiano più figli da seguire in attività che si accavallano anche nell’uso del computer e della linea internet, proprio non si riesce.
Inoltre, l’insegnamento che dovrebbe essere fruibile da tutti ora non lo è, e come si può portare avanti un programma se non tutti gli alunni riescono a seguire le videolezioni?
Infine, considerata la gravità dei problemi che stiamo vivendo, dovremmo avere altre priorità, agire con misura senza aggiungere ansia a un clima famigliare già instabile.

Io vorrei trascorrere questi giorni godendomi i figli e la famiglia visto che qui la situazione si è fatta così seria e precaria da farci apprezzare ogni secondo in più dedicato a loro e alla vita.
Perdoni lo sfogo ma sono giornate pesanti per tutti!

Mio marito è carabiniere, esce la mattina e quando rientra la sera, prostrato dalla tensione, trova distrutti anche noi dopo ore passate davanti agli schermi non solo per le videolezioni ma anche per l’elaborazione dei lavori da caricare, tra l’altro, su piattaforme diverse, tanto per semplificare…
In questo delirio di “carico/scarico” ho visto poca didattica, pochissimo contatto umano, e non ho visto alcuna attenzione all’aspetto psico-emotivo dei nostri bambini che sono sempre più nervosi e frustrati dalla situazione già di per sé pesantissima.

Come al solito, si pensa di riempire gli alunni come contenitori vuoti, e purtroppo la bocca dell’imbuto sta sempre dalla stessa parte. Eccoci allora di nuovo a improvvisarci insegnanti, maestri, docenti, tra compiti e videolezioni che assorbono il 70% della giornata: e le spiegazioni? E la dialettica? E l’inclusione? E l’empatia?

Per non parlare delle difficoltà di zone come la nostra scarsamente “servite”, dove i collegamenti senza interruzioni continue sono un’utopia.
Non credo siano queste la necessità primarie dei nostri ragazzi, non credo abbiano bisogno di altro logorio e di ulteriori apprensioni; al contrario devono essere rassicurati, coccolati, contenuti ma allo stesso tempo liberati da pesi eccessivi. Non è il momento delle complicazioni; è il momento della riflessione e per riflettere abbiamo bisogno di respirare profondamente, pensare e trovare il tempo, il tempo di pensare…
Sì, sembra paradossale che in quarantena non ci sia neppure il tempo di pensare, eppure è così.
La tensione è palpabile e i nostri bambini l’assorbono anche se non sembra. Dietro quel: “Mamma voglio tornare a scuola!” c’è tutto il carico emozionale di questi giorni.

Il marasma di informazioni lanciate a ritmi allucinanti genera altro stress quando invece dovremmo focalizzarci sul rinforzo degli affetti, ciò di cui veramente hanno bisogno adesso i nostri figli. Un saluto dall’inferno».

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