Demostene, la ministra, la missione. Lettera

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Inviato da Alessandro Scarola – In un tempo che sembra ormai distante anni luce mi sono laureato con una tesi su Demostene, il più grande oratore greco.

In uno dei suoi discorsi più celebri, per screditare Eschine, suo acerrimo avversario politico, fa cenno al fatto che suo padre fosse un insegnante, una professione umile nel mondo antico, indegna di uomini dabbene. Ho sempre amato il Demostene autore, decisamente meno il Demostene uomo e politico, per questa squallida tirata classista e per mille altre ragioni. A posteriori mi rendo conto che avrei dovuto essere più indulgente con lui, perlomeno per l’assenza di ipocrisia nelle sue parole.

Da giovedì sera gira la bozza del decreto scuola, a firma di una ministra che due giorni fa definiva gli insegnanti “eroi anonimi”. Provo a sorvolare sul fatto che i docenti, me compreso, sono tutti dotati di nomi, cognomi e di tutto quanto il resto…

Mi piace il lavoro che faccio. Non mi sento ancora di definirlo “il mio lavoro”, pur praticandolo ufficialmente da tre anni. Mi piace al netto delle difficoltà, delle frustrazioni, dei guai che mi costringe a fronteggiare. Ho sempre detestato la retorica dell’insegnamento come missione, mi è sempre sembrata ipocrita e vagamente ruffiana. L’insegnamento è un mestiere, e non basta la passione per farlo come si deve, per strutturarlo in maniera adeguata. Occorre consapevolezza, organizzazione, richiede strumenti materiali e intellettuali definiti. Esige rispetto, soprattutto, come lo esige ogni cittadino e ogni professione. Esige equilibrio, serietà, giustizia, nel senso concreto dei termini, ché il senso concreto ce l’hanno eccome.

Da quando le scuole sono chiuse ci siamo sostanzialmente autogestiti nella gestione della didattica, nella vicinanza ad alunni e famiglie. Lavoriamo letteralmente a ogni ora, tra tentativi ed errori. Centinaia di migliaia di noi hanno un contratto a termine, alcuni non vengono pagati né per le feste, né per i weekend. Lo facciamo perché è il lavoro che facciamo e vogliamo farlo bene, non perché sia una missione, e non perché siamo eroi, men che meno anonimi. E siamo fortunati, perché gli educatori, che svolgono una funzione importante quanto la nostra, sono a casa e vengono pagati a mezzo stipendio, oppure per niente.

La ministra con il decreto, che entrerà in vigore forse entro la settimana, firma l’ennesimo capitolo di una sistematica delegittimazione e umiliazione dei docenti e della scuola. Da parte sua ci saremmo aspettati, oltre alla retorica da libro Cuore di queste settimane, direttive chiare su come organizzare la didattica, misure concrete per affrontare il digital divide che c’è, e in questo momento taglia fuori famiglie intere dal sistema di istruzione e condanna i ragazzi più fragili a essere di fatto abbandonati al loro destino, garanzie per il personale educativo, giusto per citare i problemi più scottanti.

Il decreto sancisce da un lato l’obbligo da parte nostro di impartire didattica a distanza, come se avessimo passato l’ultimo mese a ciondolare, dall’altro l’obbligo di promozione per tutti a fine anno, e sulle modalità di valutazione non è dato sapere. Siamo in sostanza obbligati a fare ciò che facciamo senza che nessuno ce lo ribadisse, ma la funzione didattica viene di fatto svuotata, esautorata. Come se non bastasse, si procede con i bandi dei concorsi, l’autentica ossessione della ministra, con criteri di partecipazione e di accesso indecenti, in piena emergenza e senza avere minima idea di quando si potranno svolgere, bypassando tutti gli organi consultivi.

È beffardo che un sunto di pressappochismo e inadeguatezza di questa portata sia stato partorito da qualcuno che di scuola dovrebbe sapere, essendo Lucia Azzolina una ex insegnante, per giunta di sostegno. In un colpo è riuscita a consumare un tradimento nei confronti di colleghi, che da anni svolgono seriamente il proprio lavoro tra privazioni e difficoltà, e di studenti. E lo fa con la stessa arroganza di un Demostene, solo con meno abilità oratoria e con più ipocrisia nei confronti di categorie che dovrebbe tutelare.
Tra i due, preferisco nettamente Demostene.
(Docente barese di III fascia in provincia di Torino)

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