Deleghe 107/2015, Rete Studenti Medi: occasione persa per diritto allo studio e valutazione

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comunicato Reti Studenti Medi – Entro venerdì 17 verranno votate dal Parlamento i decreti delegati della legge 107/15. Rispetto agli originari schemi di decreto, sono state apportate, in seguito a un periodo di consultazione approssimativo e comunque non approfondito dal MIUR, diverse modifiche in materia di diritto allo studio.

Per quanto riguarda la prima questione, i fondi per le borse di studio sono stati portati da 10 a 30 milioni, reperiti dalla detassazione scolastica che avverrà in base al reddito e non più in modo indiscriminato. La reale portata di questo aumento è estremamente limitata: se con 10 milioni la copertura era calcolata intorno allo 0,4% della popolazione studentesca, con questa modifica arriva al 1,2%. Poca cosa in un paese dove la dispersione scolastica si attesta in media al 15% raggiunge picchi del 30/35% nelle regioni del sud e nelle isole. Manca inoltre l’elemento più importante se si vuole ridiscutere realmente il diritto allo studio nel nostro Paese. Se non si stabiliscono dei Livelli Essenziali si Prestazione (LEP) che le regioni sono tenute a rispettare in forza di legge, non si otterrà mai una copertura uniforme di garanzia del diritto allo studio e rimarranno le diseguaglianze tra chi ha la fortuna di essere nato in una regione più ricca e chi invece no. Di conseguenza le stesse regioni e territori che ora sono svantaggiate nel garantire il diritto allo studio troveranno difficoltà nello sviluppo della loro economia e del loro tessuto sociale. Questo non è accettabile in un paese europeo, dove il diritto all’istruzione è sancito dalla Costituzione.

Per quanto riguarda invece la delega sulla valutazione i temi che ci hanno sin da subito visti contrari erano parecchi: prove invalsi nel curriculum dello studente medio, partecipazione obbligatoria a questi ultimi per l’ammissione all’esame di stato così come per l’alternanza scuola lavoro, la cui valutazione viene inserita all’interno del colloquio orale.  Delega che, con le altre, dovrebbe garantire un’apertura da parte del Governo nel discostarsi dalla legge 107/15 oggi in atto, la cosiddetta legge sulla “Buona Scuola” proposta dall’ex ministra Giannini durante il governo Renzi. Delega che, però, non agisce assolutamente sulle contraddizioni e sulle inefficienze che oggi governano il nostro sistema di valutazione, sistema che soprattutto al livello secondario di secondo grado dovrebbe essere spostato sul voto narrativo a 5 livelli, con i cosiddetti “giudizi” (gli ottimi, buoni e sufficienti, per capirci), seguiti da una giustificazione didattica narrativa che porti lo studente a una riflessione più matura e consapevole e non alla mera competizione con gli altri, fine a se stessa. Delega che dovrebbe tener conto di un sistema di valutazione all’esame di maturità e che lascia buchi incolmabili come quello sul sistema INVALSI alla cui partecipazione, comunque, gli studenti saranno obbligati al fine di conseguire l’ambito titolo del diploma. Delega che, tra le altre cose, ripensa il sistema di bocciatura alle elementari come necessario, sistema assolutamente incomprensibile a quel livello di istruzione, che andrebbe piuttosto rivisto al secondario di secondo grado.

Timido è stato ancora l’accenno della commissione sull’alternanza scuola-lavoro che, pur non fungendo più da criterio di valutazione, rimane comunque necessaria per “diventare maturi”.

Non possiamo poi accettare la strutturazione equipollente delle prove d’esame per gli studenti disabili né tantomeno la totale assenza di qualsiasi tutela per gli studenti disabili all’interno del sistema di valutazione della scuola secondaria di secondo grado, considerando soprattutto che al termine di questa quegli studenti dovranno essere messi nelle totali condizioni di approcciarsi al mondo del lavoro o al perseguimento degli studi.

Tanta è ancora la strada da fare per una corretta riforma dell’istruzione, riforma che deve e non può prescindere dalla tutela dei bisogni degli studenti e delle studentesse. Riforma che dovrà partire proprio dal sistema di valutazione, necessario per l’assunzione di consapevolezza di chi impara e di chi insegna, che dovrà garantire la valorizzazione delle differenze e dei talenti nell’apprendimento dei singoli e che dovrà rendere l’alunno pronto a fare delle scelte responsabili e a vivere nella collettività, che dovrà renderlo cittadino, insomma, prima di tutto. Queste deleghe, con cui potevano essere fatti dei passi avanti su alcune delle problematicità che la il sistema d’istruzione vive nel nostro Paese, si sono trasformate in un’occasione sprecata da un governo che in linea con il precedente ha sempre affermato di voler investire nell’istruzione ma che, alla prova dei fatti, si è sempre rivelato inadempiente. Un Paese in cui l’accesso all’istruzione è garantito a seconda del luogo in cui si è nati, un Paese che coltiva le disuguaglianze, un paese che non investe nella scuola è un Paese che ha deciso di chiudere le tapparelle sul futuro.

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