Covid 19, resto a casa ma connesso alla scuola. Lettera

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Dott.ssa Emanuela La Fiura, Dottoressa in Scienze della Formazione Primaria – Il periodo di quarantena forzata sta portando a dei cambiamenti nel mondo della scuola. Confrontandomi con i colleghi e partecipando ad una serie di webinar, sono emerse interessanti riflessioni riguardo l’attuale situazione della didattica a distanza.

Il Covid-19 colpisce tre pilastri portanti della scuola, grazie ai quali è realizzabile il patto educativo di corresponsabilità: genitori, alunni, insegnanti.

E gli effetti, tutt’altro che invisibili, hanno delle forti ripercussioni sulla didattica. Possono essere così sintetizzate:

• accessibilità alla connessione: per fare didattica a distanza servono i Giga e in un periodo come questo tendono a scarseggiare in quanto vengono utilizzati anche per altre attività di svago e intrattenimento;
• strumenti: non tutti li hanno e possono essere di vario tipo e anni differenti, quindi device vecchi che poco supportano le app proposte dai docenti per la didattica;
• memorie insufficienti per raccogliere compiti di tutte le classi o scaricare le videolezioni a causa delle dimensioni del file;
• gestione e padronanza dello strumento che aveva un utilizzo diverso: insegnanti, alunni e genitori si stanno mettendo in gioco per rendere efficace la didattica a distanza, alla quale non siamo abituati, quindi i primi passi stanno servendo alla sperimentazione di alternative efficaci e funzionali;
• tempi di fruizione: spesso i device sono dei genitori e gli alunni devono aspettare la loro disponibilità per studiare (per chi è impegnato nello smart working);
• barriere linguistiche: si presentano problemi comunicativi con le famiglie che non parlano la lingua italiana e proporgli attività diventa ancora più difficile, alle volte, anche nelle consegne più semplici.

Quelle sopra elencate sono dinamiche che interessano da vicino il mondo della scuola e che creano delle notevoli disparità nella didattica. Ma ce n’è una che accomuna tutti gli ordini di scuola, la distanza, limite che si presenta con qualsiasi mezzo disponibile.

Dalla mia esperienza ho potuto notare come la presenza fisica, la vicinanza reale, il contatto visivo non ostacolato (nel senso di interrotto, rallentato o peggio censurato) da uno schermo siano incredibilmente efficaci nel processo di insegnamento e apprendimento.

Quante volte abbiamo visto con i nostri occhi che bastano dei gesti, dati dalla comunicazione non verbale, perché un concetto venga compreso e interiorizzato?!

Vi sono alunni, soprattutto i più piccoli, che necessitano della presenza di un adulto, di un genitore che li supporti non solo nello svolgimento degli esercizi ma anche nell’apprendimento dei nuovi saperi: il genitore, nelle sue capacità, può spiegare, integrare, approfondire, filtrare le nuove lezioni da apprendere, superando in questo modo la distanza tra docente e alunno.

Ovviamente il genitore è pur sempre il genitore, quindi nell’apprendimento scolastico potrebbe essere poco preso sul serio dal bambino in quanto non collega i due ruoli, oltre al fatto di essere più o meno portato nell’insegnamento delle varie discipline. Preciso che questa non vuole essere una critica, bensì un sentito ringraziamento a tutti quei genitori che stanno collaborando per mantenere vivo quel ponte tra insegnanti e alunni, nonostante tutte le difficoltà che si presentano.

C’è anche un altro grande problema da non sottovalutare che risiede nelle difficoltà dei docenti a livello tecnologico. Se non vengono incoraggiati loro per primi, come possono aiutare gli alunni? È tutto molto complesso a distanza, anche perché il feedback è difficile da percepire attraverso uno schermo. Come si può richiamare un alunno che spegne la Cam per non seguire la lezione? Quando poggiava la testa sul banco era più semplice ricatturare la sua attenzione. Inoltre, per fare una lezione tramite videochiamata è necessario, ancor più di quando si sta in classe, parlare rispettando rigorosamente i turni altrimenti si sovrappongono le voci e si sottrae tempo alla spiegazione dovendo riprendere i concetti censurati dalla connessione. Ma gli alunni hanno bisogno di esprimersi e noi dobbiamo dargli la possibilità di raccontare, ricreando la connessione interpersonale che c’era prima.

Bisogna anche considerare che viene richiesta ai docenti una mole di lavoro superiore a quella precedente e il conseguente ridimensionamento del tempo dedicato alla vita privata, annullando così lo stacco tra lavoro e quest’ultima.

E questo stacco è ancora più visibile nella lettura del Vademecum – Privacy per i docenti, che recita: “Il docente deve utilizzare la piattaforma/servizio e/o del device fornito dall’istituto tenendo un comportamento professionale, dignitoso e decoroso, sia nel rispetto della propria persona, sia dei colleghi, sia dei propri allievi. La ripresa video del device del docente deve avere un angolo visuale che permetta l’inquadratura del solo docente, escludendo il più possibile la ripresa di ambienti familiari o del luogo ove è situata la postazione. Il docente deve trovarsi in un ambiente neutro che non presenti segni distintivi o familiari (es. fotografie, poster, oggetti personali, etc.). Durante il collegamento video sono da evitare il passaggio o la ripresa di altri componenti del nucleo familiare e comunque soggetti differenti rispetto al docente.”

Questo significa adattare la propria casa alle esigenze del “momento”. In ogni caso siamo costretti a ricreare il setting scolastico in una parete, in quanto è disagevole lavorare senza strumenti (parlo soprattutto per ordini di scuola infanzia e primaria). Ma in questo modo si sottraggono, ingiustamente, gli spazi agli altri componenti della famiglia. E a rigor di logica, la neutralità degli ambienti abitativi dovrebbe valere anche per gli alunni che dovrebbero tenere un comportamento decoroso (mi riferisco alle possibili lezioni svolte in pigiama o allo scotch messo sulla Cam simulando una scarsa connessione).

Ma, allora come gestire questo periodo di grande confusione e incertezze? A cosa dare più importanza in una situazione di emergenza?

Per prima cosa è necessario non perdere il contatto con gli alunni e per fare ciò servono risorse adatte alla situazione che stiamo vivendo, come l’attivazione di reti formali e informali per raggiungere tutti. Informali in quanto, anche se da anni esiste il registro elettronico, molti genitori non lo adoperano perché non sono molto avvezzi alla tecnologia o perché, non avendo un computer, dal cellulare non è comodo o i device sono vecchi e non supportano le nuove app.

Bisogna, quindi, servirsi di mezzi più vicini a loro. Molti docenti raggiungono gli alunni a casa attraverso i rappresentanti di classe oppure inserendosi nelle chat di whatsapp. Ma non basta il contatto telefonico, serve poterli vedere. Ma come?

I docenti devono “attivarsi” rapidamente per tenere vive le relazioni e restare “connessi” con tutti gli alunni, nessuno escluso. Ovviamente il primo periodo è sperimentale, quindi la didattica vera e propria verrà in un secondo momento in quanto interessa di più che insegnanti e alunni imparino ad usare il mezzo. Si cerca, infatti, di capire insieme quale modalità sia più congeniale.

Il contatto, la relazione sono gli elementi chiave da mantenere perché permettono di non farci sentire soli e non perdere di vista gli obiettivi educativi. Possiamo fare tutto questo dando una certa regolarità agli alunni, una costanza anche nell’orario. Creare una scansione oraria delle lezioni è una dinamica delicata perché non solo è dannoso stare per troppo tempo davanti ad un monitor, ma si rischia anche di essere invadenti nei confronti delle vite private di tutti. C’è chi ha pensato di iniziare la mattina con lezioni di risveglio muscolare e poi proseguire con le altre materie. Non è semplice gestire queste novità tutte insieme.

Una prassi della quale non possiamo dimenticarci è la valutazione che, non potendo essere veritiera e affidabile al 100%, potrà essere intesa come orientativa. Anche se inizialmente la didattica viene un po’ trascurata, risulta importante dare comunque un feedback agli alunni per fargli vedere come procede il loro andamento, frutto della motivazione e dell’impegno. Soprattutto serve per fagli capire che non sono soli, che gli insegnanti ci sono e sono lì per loro, per sostenerli e accompagnarli nel processo di crescita.

In tutto questo tumulto, cosa possiamo dire degli alunni con disabilità? Come vivono questa situazione? Come possono essere seguiti dagli insegnanti di sostegno?

Immaginiamo quanto detto prima ma amplificato. Tutte le difficoltà di una didattica a distanza sono più evidenti perché si ha a che fare con dei tempi di attenzione ridotti, e l’utilizzo degli input provenienti da una lezione svolta in classe, non è riproducibile o sostituibile, neanche attraverso videochiamate, in quanto presentano difetti nella comunicazione. Un ulteriore ringraziamento va a questi genitori speciali che, con la fortuna di vedere il mondo con occhi diversi, stanno portando avanti, non senza difficoltà, il faticoso lavoro svolto dai docenti di sostegno.

La cosa veramente interessante è vedere ancora una volta il termine inclusione coinvolto nel mondo della scuola. L’emergenza ha carattere inclusivo perché la crisi riguarda tutti: siamo passati da una situazione scolastica in cui tra gli alunni ve ne erano alcuni BES, ad un momento in cui tutti abbiamo bisogni educativi speciali.

Siamo costretti a cambiare strategie, creare un nuovo modo di fare scuola. Questo spaesamento ci accomuna e ha cambiato drasticamente la routine scolastica, ponendoci davanti delle debolezze che se osservate da una prospettiva pedagogica possono rivelarsi come incredibili risorse. È uno spaesamento fulcro di una nuova scuola che facendoci partire da questioni tecniche ad esempio “come facciamo a essere presenti senza esserlo” ci porterà a plasmare il mondo della scuola.

Quindi siamo davanti ad una ambivalenza: drammaticità e opportunità di cambiamento scorgendo nuove prospettive che vedono la forte collaborazione tra didattica tradizionale e didattica digitale.

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