Corsi Jazz, per gli ordinamenti musicali il MIUR crei un gruppo di lavoro

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Inviato da Francesco Massagli – Coordinamento Nazionale per il ripristino del Jazz nei Licei Musicali – Durante la seduta di giovedì 19 gennaio, la Senatrice Loredana Russo ha esposto un’interrogazione parlamentare nella quale ha richiesto l’inserimento dell’insegnamento dello strumento ad indirizzo jazz nel liceo musicale.

 Nella sua risposta il Ministro Bussetti si è concentrato su motivazioni di tipo tecnico che contengono molte inesattezze e che qui cercherò di confutare.

Dopo aver precisato “che gli ordinamenti dei licei musicali non prevedono indirizzi o sezioni specificamente dedicati all’insegnamento della musica jazz”, il Ministro ritiene che “nei cinque anni del percorso del liceo musicale gli studenti debbano, infatti, sviluppare capacità esecutive e interpretative riferite a brani e autori di diversi contesti e momenti della storia della musica”.
L’intenzione del Ministro sembra quella di voler creare un percorso trasversale e generico che comprenda in modo parallelo lo studio ad indirizzo jazz e quello ad indirizzo classico ma nella sua affermazione si evidenzia una contraddizione di fondo.

Nel momento in cui si parla di sviluppo di capacità “esecutive ed interpretative”, senza prendere in considerazione le capacità improvvisative, si intende valorizzare le specificità della musica classica escludendo quelle caratteristiche della musica jazz.
La parola jazz è portatrice di un duplice significato: da una parte definisce uno stile musicale (o meglio una grande famiglia di diversi stili musicali) che ha la sua tradizione, il suo repertorio e le sue convenzioni; dall’altra, oggi il termine indica più in generale un modo di realizzare la musica che prevede, oltre all’utilizzo di un testo scritto, anche l’improvvisazione e l’interazione in tempo reale tra i musicisti.

Le capacità musicali necessarie per creare musica in modo estemporaneo richiedono uno studio su materiali musicali neutri, decontestualizzati dal loro contenuto stilistico. Solo attraverso un processo di interiorizzazione di questi materiali, con particolare attenzione allo studio dell’ear training, si riesce a sviluppare la capacità di improvvisare.

L’improvvisazione tra l’altro non è una caratteristica esclusiva del jazz ma è presente in tutte le culture musicali del mondo così come lo è stata anche nella musica eurocolta. La didattica della musica classica ha concentrato sempre di più l’attenzione verso il repertorio abbandonando progressivamente l’arte dell’improvvisazione, mentre il jazz non ha fatto altro che riportarla alla luce.

Per spiegare meglio questo passaggio prendo in prestito le parole di Bill Evans tratte dall’intervista rilasciata al fratello Harry e contenuta nel video documentario “The Universal Mind Of Bill Evans”: «ritengo che l’improvvisazione sia più il risveglio, in un’altra forma,  di una prassi che era già presente nella musica classica. In altre parole nel diciassettesimo secolo ci fu una grande quantità di improvvisazione nella musica classica, ma non possiamo conoscerla perché la tecnologia non aveva ancora sviluppato le tecniche di registrazione. L’unico modo per rendere permanente quella musica era scriverla. In questo modo l’incremento della musica scritta ha aperto la strada verso l’interpretazione e verso una composizione sempre più celebrale riducendo l’improvvisazione a tal punto da farla scomparire. Quindi nella musica classica abbiamo solo le figure del compositore e dell’interprete. Verso l’inizio del ‘900 il jazz in un certo senso ha risuscitato quel processo che io chiamo il “processo Jazz”. Solitamente la gente pensa che il jazz sia uno stile, ma dal mio punto di vista non è uno stile ma un processo. Nel jazz per fare un minuto di musica hai solo quel minuto a disposizione, ma quando componi per fare un minuto di musica potrebbero volerci tre mesi

Proprio perché lo studio della musica, cito le parole del Ministro, “non può essere dedicato in modo esclusivo ad un solo momento, ad un solo stile e ad una sola tecnica musicale” significa che non dobbiamo solo parlare di esecuzione di un repertorio, ma anche dei processi creativi che permettono di improvvisare e comporre.

La didattica musicale che si è creata intorno alla musica jazz include questi processi creativi e lo sviluppo di queste capacità musicali richiedono una preparazione specifica e diversa da quella richiesta per interpretare ed eseguire un repertorio scritto.

I percorsi di studio ad indirizzo jazz dei conservatori, ormai consolidati da molti anni, formano i musicisti in questa direzione e solo attraverso la creazione di percorsi analoghi all’interno dei licei musicali si può garantire una preparazione tale da affrontare un corso di laurea in musica jazz.

Le modifiche proposte dal Ministro riguardanti la revisione delle indicazioni nazionali ad un eventuale adattamento ordinamentale, sono quindi l’unica soluzione per permettere l’introduzione di specifiche classi di concorso dedicate all’insegnamento della musica jazz nei licei musicali e garantire la preparazione ad ampio raggio da lui auspicata.

La proposta di accorpamento in un’unica classe di concorso suggerita dal “gruppo di lavoro appositamente costituito”, dimostra da una parte l’innegabilità del fatto che il diploma accademico in secondo livello in strumento ad indirizzo jazz sia equiparato a quello ad indirizzo classico, ma al tempo stesso ignora le peculiarità dei due indirizzi.

Questa proposta, se da una parte riconosce la possibilità dei laureati in strumento ad indirizzo jazz di partecipare al concorso, dall’altra lo nega non garantendo un programma che tiene conto della loro specifica preparazione. La “specificità” dei musicisti classici è invece ancora una volta tutelata dal programma del concorso che prevede esclusivamente “esecuzione/interpretazione” di un brano di repertorio di tradizione eurocolta.

Per questo motivo, è necessario che si costituisca un gruppo di lavoro al Ministero che includa esperti in tutti gli ambiti musicali, in modo da poter avanzare proposte che tengano in considerazione le caratteristiche dei vari indirizzi e portare alla creazione di percorsi differenziati.

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