Concorso, sullo stesso piano docenti con servizio e neolaureati. Lettera

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Prof.ssa Irene Anastasi – Punti cruciali e peggiorativi della bozza di riforma del reclutamento. Il DLgs 59/2017 (attuativo dell’art. 1, commi 180 e 181, lettera b), della legge 13 luglio 2015, n. 107) prevedeva un doppio canale:

a) concorso riservato a coloro con servizio pari a 180 gg x 3 aa.ss. che non avrebbero dovuto conseguire i 24 CFU

b) concorso ordinario aperto a tutti i laureati con titoli idonei per insegnare determinate cdc previo conseguimento dei 24 CFU

ADESSO tutti dovranno possedere i 24 CFU

Mettere sullo stesso piano persone che da anni con il loro lavoro fanno funzionare la scuola con persone che non hanno esperienza equivale a bruciare delle risorse che invece andrebbero tutelate attraverso il completamento della loro formazione con corsi abilitanti specifici. Il doppio canale da questo punto di vista sarebbe l’unica soluzione.

La formazione unica durante l’anno di prova non sarebbe mai ai livelli di quella delle SSIS, dei TFA e PAS. Questo comporterebbe che un neolaureato vincitore di concorso non sarebbe mai allo stesso livello di docenti abilitati. Ci sarebbero insegnanti altamente qualificati e altri di serie B. Ormai la didattica, soprattutto quella inclusiva, necessita di un personale altamente qualificato. Questa bozza va nella direzione diametralmente opposta e comporta un salto nel passato di minimo 20 anni. Ad esempio noi tutti precari non abilitati di terza fascia sappiamo che non bastano più i programmi ministeriali da seguire ma abbiamo l’obbligo di redigere le programmazioni a inizio anno che necessitano della conoscenza del mestiere.

In qualsiasi lavoro esistono dei canali ad hoc per quel personale precario che andrebbe formato e infine reso non precario, soprattutto dopo tre anni di lavoro a tempo determinato. Addirittura il decreto dignità abbassa la soglia a due anni. Qualsiasi imprenditore preferirebbe avere dei lavoratori con esperienza e formati, invece l’azienda scuola anziché puntare a essi li mette sullo stesso piano di persone che non entrano in una classe dai tempi del liceo.

È chiaro che i 30 milioni di tagli alla scuola (Scuola, IlSole24ore del 30 ottobre 2018) non danno la possibilità di una formazione pagata dallo Stato, ma è altresì vero che eliminarla nettamente comporterà un abbassamento del livello della didattica.

I docenti precari che da anni permettono il funzionamento della scuola vanno valorizzati attraverso l’abilitazione che non gravi sulle casse dello Stato e dopo messi in  ruolo attraverso un concorso riservato in base al fabbisogno.

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