Comunità classe, una risposta possibile alla crisi dei rapporti Scuola-Famiglia

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Pubbliredazionale Edises – Scuola e famiglia, due pilastri della società in cui viviamo, da sempre, e da altrettanto tempo impegnati in prima fila nell’educazione di quelle piccole persone che rappresentano il futuro di tutti noi. E se è vero che il futuro, a dispetto dei nostri sforzi per condizionarlo, continua a riservarci le sue incognite, e perciò resta difficile da prevedere nelle sue infinite possibilità, è pur vero che affonda le sue radici qui, nell’agire di noi adulti e in ciò che tale agire riuscirà a costruire in questo tempo che ci appartiene.

Una bella responsabilità, non c’è dubbio, che dobbiamo affrontare di certo con grande fiducia, ma, ancor prima, con consapevolezza: del compito che in quanto adulti siamo chiamati a svolgere, dei ruoli che ci spettano in base alle nostre competenze, alle nostre professionalità, alla nostre personalità, dei limiti che tali ruoli ci impongono per non invadere gli altrui, del beneficio che può venire a tutti noi se, nel rispetto reciproco, operiamo insieme per raggiungere un solo obiettivo.

Quando poi questo obiettivo racchiude in un unico nucleo il benessere, la crescita sana e le felicità dei nostri giovani, dovremmo trovare la forza per trasformare la consapevolezza in una sorta di “modalità di base” delle nostre azioni, la modalità attraverso cui compiere il dovere cui ci chiama il nostro essere “grandi”.

E invece, oggi più che mai, sembra che agire di concerto per suonare, ciascuno con il proprio strumento ma insieme, una sola melodiosa sinfonia sia diventato difficilissimo, a tratti impossibile. L’esperienza diretta così come la cronaca ci mostrano il prevalere di pregiudizi, diffidenza, aggressività, ovunque, ma in maniera assai drammatica quando si varcano i portoni delle scuole e, non di rado, gli usci delle classi.

Il dialogo tra gli adulti che più hanno voce nella vita di un bambino sembra essere diventato privo di un linguaggio comune. Schiacciata da luoghi comuni come “chi sa fa, chi non sa insegna”, l’autorevolezza e la motivazione della classe insegnante faticano a tenersi in vita. Ricoperte da slogan come “fuori i genitori dalle scuole”, la fiducia e la voglia di partecipazione dei genitori arrancano per non cedere completamente il passo alla delusione e al disinteresse.

Eppure tornare a comunicare, nel rispetto reciproco e dei propri ruoli, è un obbligo cui tutti noi adulti dobbiamo assolvere, è una possibilità non così remota come saremmo portati a credere. Ce lo dimostrano le non rare testimonianze di una scuola pubblica che funziona, e non grazie a riforme che vengono dall’alto, ma per merito dell’intelligenza, delle capacità e della volontà proprio di quegli adulti che intorno ai bambini ruotano, perché ne tengono al centro il benessere, la felicità.

Una di queste esperienze è quella che ci racconta Antonella Meiani nel suo libro Tutti i bambini devono essere felici. I suoi tanti anni di insegnamento accanto al maestro Paolo Limonta diventano non solo una storia possibile, ma anche la base da cui trarre un metodo ripetibile, esportabile, condivisibile, anzi, da ripetere, da esportare, da condividere.

E poiché è proprio questo che vogliamo fare noi di Occhicielo, condividere delle esperienze belle e possibili, vi invitiamo a leggere, sulla nostra rubrica A scuola di emozioni, le parole con le quali il nostro Professore Giovanni Campana ci racconta la presentazione del libro di Antonella, patrocinata dal Movimento di Cooperazione Educativa e tenutasi a Modena il 21 marzo scorso: Tutti i bambini devono essere felici… riflettendo in quel di Modena sulla comunità classe. Uno spaccato sulla vita di una classe, di una “comunità classe”, in cui ciascuno con il proprio ruolo contribuisce a un presente felice, a un futuro realizzabile.

Buona lettura!

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