Sì ai compiti per le vacanze, fanno crescere i ragazzi!

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inviato dal docente Luca Mastropasqua (Liceo Scientifico “Guglielmo Marconi” – Foggia) – Di recente la redazione di Orizzonte Scuola ha pubblicato un articolo in cui vengono riportate le 10 regole di Maurizio Parodi per i docenti che vogliono assegnare compiti.

Ora, premettendo che non ho ancora letto il libro Basta compiti! (ma mi riprometto di leggerlo al più presto), tengo a dare il mio piccolo contributo ad una questione che ormai è diventata una vera e propria diatriba che sta dividendo docenti, dirigenti scolastici, genitori e ragazzi.

Ma la scuola funziona – ci tengo a ricordarlo! – solo e soltanto se tutti i suoi elementi lavorano all’unisono; e non bisogna dimenticare un altro elemento: assegnare o meno i compiti, fino a che le normative non diranno altrimenti, è e rimane di competenza dei docenti e non dei genitori!
Andando al sito cui rimanda l’articolo[1], si legge la premessa di Parodi:

Tutti i docenti e molti dei genitori che incontro obiettano: “I compiti sono necessari: l’importante è non darne troppi”.

Chiarito che noi vogliamo abolire i compiti e che, d’altra parte, non ho mai incontrato un docente che dichiarasse di assegnare, volutamente “troppi compiti” (eppure gli studenti ne sono oberati), ho pensato di elaborare la seguente proposta di “regolamentazione” (che potrebbe integrare il PTOF, il “Regolamento di istituto” o il “Patto di corresponsabilità”) da sottoporre a docenti, dirigenti, rappresentanti dei genitori, presidenti dei Consigli di istituto…, proprio per “aiutare” le scuole a non darne “troppi”.

Nessuna norma impone l’assegnazione dei compiti a casa (in altri Paesi è addirittura vietato), e le sole occasioni nelle quali il Ministero P.I. si è occupato dei compiti è stato per raccomandare di non assegnarli nel fine settimana e durante le vacanze […].

Da buon dirigente scolastico di una scuola media, posso soltanto le lamentele dei genitori. È vero, nessun professore – il sottoscritto in primis – ammetterà mai di aver assegnato “troppi compiti”! Ma nonostante ciò, ritengo che:

  • abolire il lavoro domestico non sia una soluzione al problema, ma un problema ulteriore che, presto o tardi, andrebbe risolto a sua volta;
  • una chiara regolamentazione sia più che auspicabile, pur lasciando un margine di libertà ai docenti (ogni classe è diversa!).
    Ma analizziamo le regole di Parodi una alla volta[2]:1- I docenti che danno compiti a casa si impegnano a correggerli tutti e a tutti – altrimenti non avrebbe senso farli.Pienamente d’accordo: un docente che assegna compiti senza correggerli non sta facendo il proprio dovere. È da ipocriti lamentarsi con i ragazzi perché “non studiano” e poi non voler correggere i compiti che noi stessi abbiamo assegnato! La prima cosa che i ragazzi vedono è il nostro comportamento, non le nostre parole: se noi lavoriamo, lavoreranno anche i ragazzi.

Oltretutto è questa, signor Parodi, la soluzione al rischio di assegnare “troppi compiti”. Perché se ogni docente sa di doverli correggere, allora ci penserà due volte prima di assegnarne troppi!

2- I docenti che danno compiti si impegnano a preparare adeguatamente gli studenti perché siano in grado di svolgerli per proprio conto, non possono perciò essere assegnati compiti che gli studenti non siano in grado di svolgere – i docenti devono verificarlo preventivamente.

Pienamente d’accordo anche su questo: come si possono assegnare compiti che non possono essere svolti autonomamente dagli alunni? Né tantomeno si può dare per scontato – come ultimamente si fa – che i ragazzi vengano costantemente seguiti dai genitori o peggio da un docente di ripetizioni.

Tuttavia c’è una falla in questa regola, ovvero non tiene conto della personalizzazione dell’apprendimento! Sebbene sia normale che ogni ragazzo ha capacità e potenzialità diverse, questo non vuol dire che il livello dei compiti debba essere abbassato al livello dell’alunno più basso: è una visione oramai superata quella di assegnare a tutti gli alunni gli stessi compiti! Sarebbe buona norma che il docente divida la classe per livelli – senza comunicarlo esplicitamente! – e che, al momento dei compiti assegni ad alcuni un saggio, ad altri un riassunto e ad altri ancora (magari DSA!) una mappa concettuale.

Per quanto possa sembrare laborioso, non è poi così difficile dopo che il docente abbia avuto il tempo di conoscere i ragazzi – magari con un test d’ingresso e un test sugli stili di apprendimento. Questo metterebbe tutti nelle condizioni di svolgere i compiti assegnati senza l’aiuto di nessuno!

3- Ai compiti svolti a casa non deve essere assegnato alcun voto – il docente non può sapere come e da chi siano svolti.

Gentile preside Parodi, su questo non posso essere più in disaccordo!
Per due ragioni:

  1. ogni buon docente “conosce i suoi polli”, perché se ha l’abitudine di assegnare e correggere compiti conoscerà continuità, cattive abitudini, errori abituali e stile di scrittura di ogni alunno!
  2. valutare tutti i compiti assegnati garantisce una valutazione quanto più oggettiva possibile, perché terrà conto dell’impegno e dello sforzo costanti, non delle “quattro paginette” imparate il giorno prima e rigurgitate solo per l’interrogazione!

Il tipo di didattica che andrebbe scoraggiata è semmai la tradizionale e insopportabile scansione lezione-interrogazione! Valutare soltanto al momento dell’interrogazione significa «avvantaggiare chi è già avvantaggiato» – come Parodi esplicitamente afferma in un’intervista[3]. Perché a quel punto i più dotati – o i ragazzi i cui genitori hanno il portafoglio più fornito! – prenderanno voti più alti di ragazzi che, anche se meno dotati, si sono impegnati di più e sono stati più costanti. La soluzione a questa terribile ingiustizia – che vedo quotidianamente perpetrata e che demotiva ragazzi volenterosi – sta proprio nella valutazione costante dei compiti.

4- I compiti non fatti non possono essere “recuperati” sacrificando la ricreazione che per nessun motivo, men che mai “disciplinare”, può essere ridotta o annullata – gli studenti ne hanno bisogno e diritto.

Premetto che dei compiti svolti durante la ricreazione non hanno alcun senso: quale ragazzino li svolgerebbe con attenzione e impegno in tutto quel chiasso! Mi sembra assurdo che dei docenti sani di mente impongano agli alunni di sacrificare quel tempo sacrosanto per svolgere un lavoro controproducente. Tuttavia i compiti non fatti devono essere recuperati – ma a casa, e in aggiunta a quelli del giorno! Il recupero dei compiti va imposto tassativamente, in quanto:

  • se gli studenti sanno che “i compiti non fatti non si recuperano” quale sarà – cari lettori – l’ovvio risultato?!
  • i ragazzi devono imparare ad assumersi le responsabilità delle proprie azioni, per cui ciò che non viene fatto oggi si aggiungerà ai doveri di domani! E questo, signor Parodi, ha un valore eminentemente pedagogico.
    Trovo profondamente ipocrita il discorso – tutto italiano – di salvare sempre gli sfaticati per poi lagnarcene in sede di scrutinio!5- I compiti non svolti durante i periodi di assenza (es. per malattia) non devono essere recuperati – non sarebbe umanamente possibile e si perderebbero le nuove acquisizioni.Una semplice domanda: se uno studente che si è assentato per malattia non recupera i compiti, come fa a recuperare gli argomenti trattati in sua assenza??? Penso di non dover dire altro.6- La giustificazione del genitore per il mancato svolgimento dei compiti deve essere acquisita evitando contestazioni, rimproveri o punizioni – umilianti per lo studente e offensive per i genitori.Nulla da eccepire su questo, se alla giustificazione per il mancato svolgimento seguirà anche il recupero di quegli stessi compiti! Altrimenti torniamo alla falla della regola numero 5.

    7- Nelle classi a 40 ore (tempo pieno), non si assegnano compiti: le attività didattiche devono esaurirsi nelle 8 ore di forzata immobilità e concentrazione – pretendere un ulteriore impegno sarebbe controproducente, penoso o semplicemente impossibile.

    Questa regola è sacrosanta, perché considerando un normale orario di 5 ore giornaliere, le ulteriori 3 dovrebbero servire per sedimentare i contenuti spiegati. Mi permetto perciò di suggerire ai colleghi docenti di fare bene attenzione a quelle 3 ore: non potete pretendere di spiegare 8 ore!

Riuscireste voi stessi a seguire 8 ore di spiegazione??? [5] Quel tempo dovrebbe essere dedicato a esercitazioni, ripetizioni, laboratori per lo sviluppo di competenze trasversali, ecc. Pretendere di continuare a riproporre la scansione tradizionale lezione-interrogazione anche nel tempo pieno (o nei licei quadriennali) ne costituirà il fallimento.

8- Nelle altre classi, i docenti che decidano di assegnare compiti pomeridiani verificheranno, preventivamente, che non richiedano a nessuno studente un impegno giornaliero che superi:
·         30 minuti nelle classi prima e seconda della scuola primaria
·         1 ora nelle classi terza, quarta e quinta della scuola primaria
·         1 ora e 30 nelle classi della scuola secondaria di primo grado.

Caro signor Parodi, per quanto io creda che in effetti certe volte si esageri con i compiti, questi tempi sono ridicoli se parliamo di scuole che non fanno il tempo pieno! Affinché le conoscenze possano sedimentarsi ci vuole tempo. Non meno, io credo, di 2 ore fino alle scuole medie e non meno di 3 ore per le scuole superiori! Anche perché tempi minori garantirebbero, al massimo, di “appiccicare” a memoria poche conoscenze sconnesse.

Ma per sviluppare le tanto decantate “competenze” ci vuole tempo, perché si dovrebbe richiedere lo svolgimento di compiti non tradizionali: la produzione di presentazioni in PowerPoint (o altri software quali Prezi, Keynote, ecc.), di mappe concettuali, cronologie e di cartine geostoriche al computer o di saggi brevi, articoli di giornale (anche di carattere scientifico), recensioni, temi storici, ecc.. Come si può pretendere che lavori del genere vengano svolti in 1 ora e mezzo? Dovremmo limitarci al “compitino” banale, ripetitivo e, in ultima analisi, inutile!

9- Non possono essere assegnati compiti nel fine settimana, come raccomandava il Ministero P.I. – agli studenti deve essere permesso di ricrearsi (e garantito il “diritto a riposo e al gioco”), e alle famiglie di ritrovarsi, senza l’assillo stressante dei compiti.

Premettendo la moderazione, se i ragazzi non devono svolgere i compiti non fatti, i compiti assegnati in momenti di assenza e quelli per i quali sono stati giustificati, mi chiedo – signor Parodi – quanto “diritto a riposo e al gioco” hanno questi ragazzi?! Parliamo di scuola o del Paese dei balocchi?? Se nemmeno nel weekend si possono assegnare compiti sostanziosi – nel senso del livello di impegno richiesto per compiti quali quelli esposti sopra – allora direi che sarebbe meglio cambiare il nome degli istituti in “Asilo per bambini di età compresa tra i 5 anni e i 18 anni”!

10- Non devono essere assegnati “compiti per le vacanze” (ossimoro logico e pedagogico) – per le ragioni già espresse nel punto precedente e per evitare che i docenti, come previsto dal primo punto di questo Regolamento, trascorrano il resto dell’anno scolastico a correggere gli esercizi previsti dai “Libri per le vacanze”

Ed ecco l’ovvio colpo di grazia. Per non essere eccessivamente “mordace”, farò un semplice discorso logico: se un anno scolastico dura all’incirca 9 mesi a cui bisogna togliere almeno un mese per le varie festività, come è possibile concedere agli alunni altri 3 mesi di dolce far niente? Ancora una volta: affinché conoscenze e competenze possano sedimentarsi, il lavoro deve essere costante! Nihil sine magno labore vita dedit mortalibus[6] scriveva Orazio. Ascoltiamolo!

Detto questo, trovo che “compiti per le vacanze” sia tutt’altro che un «ossimoro logico e pedagogico»; lo sarebbe solo se quei compiti sono i soliti tradizionali, ossessivi e – mi si permetta – pallosi “Libri per le vacanze”! Possibile che dopo generazioni di studenti non si sia ancora trovata una forma più efficace di compiti per le vacanze?! Oltretutto sempre meno docenti (persino al Liceo) assegnano libri da leggere! Possibile che un “esercizietto” sia meglio di Calvino, di Verne, di Salgari, di Barrie…?

Perché, al posto di quell’atroce stillicidio, non ritrovarsi con i bimbi sperduti nell’Isola che non c’è, esplorare i misteriosi abissi nel Nautilus in compagnia del capitano Nemo o rifiutarsi di toccare terra saltando tra le fronde degli alberi come Cosimo piovasco di Rondò, il “barone rampante”? Soffocati da carte e anni di insegnamento, persino noi docenti molte, troppe volte, dimentichiamo quanto la cultura sia meravigliosa! Eppure proprio noi siamo chiamati a far provare ai ragazzi quella meraviglia che ci ha rapiti e ci ha portato a diventare insegnanti.

Concludo con una preghiera ai genitori che – mi addolora dirlo – troppo spesso amano lamentarsi senza un perché se non quello di dar sempre ragione ai figli! Cari genitori, se volete davvero che i vostri figli diventino degli adulti che sapranno farsi strada nel mondo, allora imparate a lavorare spalla a spalla con noi, a chiederci aiuto quando ne avete bisogno e a darcene quando ne abbiamo bisogno! Non siamo nemici, siamo le due facce della stessa moneta: senza di voi i ragazzi sarebbero senza amore, senza di noi sarebbero senza maturità. Ma insieme rendiamo quei ragazzi degli uomini altruisti, innamorati del sapere e capaci di cambiare il mondo!

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