COBAS rilanciano, manifestazione nazionale il 7 giugno contro “La Buona Scuola”

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Per Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas, la lotta sindacale non basta, così propone una manifestazione di domenica, il 7 giugno per dare a tutti i cittadini l’occasione di manifestare la loro idea di scuola pubblica.

Per Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas, la lotta sindacale non basta, così propone una manifestazione di domenica, il 7 giugno per dare a tutti i cittadini l’occasione di manifestare la loro idea di scuola pubblica.

Il segretario dello Snals ci ha parlato di blocco degli scrutini con una certa convinzione. Sarebbe un atto di dissenso clamoroso, tu credi che si arriverà a tanto? Per gli Esami di Stato sarebbe il caos…

“Vorrei che alle chiacchiere seguissero i fatti. A suo tempo i sindacati rappresentativi accettarono una limitazione delle forme di protesta in base alla quale non si può scioperare per più di due giorni e non si possono toccare gli scrutini per le classi terminali. Per portare avanti un atto di disobbedienza formale, le sigle in questione dovrebbero sconfessare quegli accordi. E’ chiaro, poi, che una cosa del genere dovrebbe essere sostenuta da una larga partecipazione, altrimenti sarebbero previste sanzioni per gli scioperanti”.

Mi sembri scettico, pensi che poi alla fine i sindacati rappresentativi si tireranno indietro?

“Mi è parso di capire che Cisl e Uil abbiano delle perplessità, ma lo dico chiaramente, non avrebbe senso un altro sciopero come quello del 5 maggio. Renzi sta cercando di contrapporre i cittadini ai lavoratori della scuola, la proposta che facciamo noi a questo punto è quella di una manifestazione nazionale in difesa della scuola pubblica che gli dimostri che tutto questo appoggio il suo ddl non ce l’ha affatto. Non credo che potrebbe ignorarla, come non poterono ignorarla nel 2000 quando passò la legge di parità, di cui quello che succede oggi, tra l’altro, non è che la naturale evoluzione. La data che abbiamo proposto è il 7 giugno”.

Questo sarebbe un atto di lotta politica più che sindacale. Pensi che questa volta i genitori sarebbero con gli insegnanti, quindi? Negli ultimi anni il rapporto scuola famiglia è entrato in crisi.

“Veniamo da una importante partecipazione dei genitori al boicottaggio delle prove Invalsi, cosa che finora non era mai successa, mi sembra evidente che l’opinione pubblica nutra forti perplessità nei confronti di questo disegno di legge”.

Il sottosegretario Faraone ha detto che boicottare è indecente.

“Noi abbiamo convocato sempre lo stesso sciopero contro i quiz come tutti gli anni, ma questa volta un terzo delle prove è saltato, cosa che prima non era mai successo. Vuol dire che non siamo soli, la partecipazione è stata e sarà grande. Il Governo si ostina a procedere in modo arrogante e presuntuoso”.

Quali sono le responsabilità del PD in questo naufragio dell’idea di scuola pubblica.

“Le responsabilità de Pd nell’impoverimento della scuola sono enormi, che nelle mani del dirigente sarebbe finito tutto il potere di cui si parla nel ddl era già scritto nello sciagurato piano Berlinguer – Confindustria, già allora si sono introdotti i primi elementi di disgregazione e si sono poste le basi del modello Marchionne, con i presidi che hanno potere assoluto su assunzioni, licenziamenti, premi. Forse i cittadini non sanno che le scuole italiane sono fatte anche da 4000 studenti, dove magari insegnano 300-400 insegnanti divisi su più plessi. Il dirigente riesce a incontrarli tutti un paio di volte all’anno nei collegi, come si può pretendere che possa valutare il loro modo di insegnare? Poi bisogna vedere anche con che tipo di preside abbiamo a che fare, si consideri che molti hanno preferito la dirigenza perché stufi dell’insegnamento, del rapporto con i ragazzi”.

Tu hai parlato di un nuovo, rinato dialogo tra genitori e insegnanti, quindi il loro ingresso nel comitato di valutazione non dovrebbe sembrarti troppo negativo. Gli studenti che dicono la loro sull’operato degli insegnanti, poi, è un’idea è in continuità col ’68.

“Sì, sono due aspetti che possono avere un interesse, ma non devono in alcun modo essere legati alla retribuzione dei docenti”.

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