Classi pollaio: dati del Ministero non convincono, sono molte di più. Dietro i numeri ci sono persone

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Classi pollaio, non se ne parla più! Pessimo segnale. Dietro i numeri e le percentuali che una recente indagine rimanda a valori più alti, ci sono le persone e le loro storie. Il tramonto di una scuola educativa (U. Galimberti).

Classi pollaio, partiamo dai numeri e dalle percentuali 

Classi pollaio, l’on. Azzolina non ne parla più! Stesso discorso vale per il Ministro Lorenzo Fioramonti. Il silenzio è preoccupante!

Quando se ne parla si preferisce utilizzare  una comunicazione formale più edulcorata. Si parla di sovraffollamento delle classi, definizione a minor impatto emotivo,  rispetto a quella di classi pollaio.  Questo però è un dettaglio che la mia cultura filosofica mi porta a  cogliere. L’attenzione alle parole e al loro significato è sicuramente un vantaggio, ma anche ha un risvolto grigio: dare peso alle parole e alle sue sfumature semantiche e risonanze emotive!
Detto questo, partiamo dai numeri e dalle percentuali così cari al contesto postmoderno dove il calcolo rappresenta il nuovo paradigma.
Il 30 gennaio l’On. Gallo (M5s) presentava la mappa delle classi pollaio.

Scuola infanzia:

  • 4899 classi con 26-30 alunni per classe;
  • 88 classi con 31-34 alunni per classe;
  • 212 classi con più i 34 alunni per classe.

Scuola primaria:

  • 4945 classi con 26-30 alunni per classe;
  • 29 classi  con 31- 34 alunni per classe;
  • 19 classi con più di 34 alunni per classe.

Scuola secondaria primo

  • 7251 classi con 26-30 alunni per classe;
  • 65 classi con 31-34 alunni per classe;
  • 15 classi con più di 34 alunni per classe.

Scuola secondaria di II grado:

  • 1310 classi con 31-34 alunni per classe;
  • 267 classi con più 34 alunni per classe.

Ma le classi pollaio sono molte di più

La percentuale dipende dal valore di riferimento. Sono 0,84% rispetto al totale delle classi e sezioni se si considera il valore di 30 alunni/studenti per classe. Se invece si considera il valore massimo per grado scolastico (26-30 secondo il D.M.81/09) consentito senza deroghe, la percentuale supera il 5%. E sul valore minimo siamo già fuori di una unità rispetto a quanto stabilito dal decreto sicurezza antincendio del 26 gennaio 1996.

Se consideriamo il dato pedagogico che rimanda ai principi di inclusione e quindi di una scuola della Costituzione (art. 3 comma 2: “E’ compito della Repubblica rimuovere…” allora la percentuale aumenta considerevolmente.

Ha dichiarato M. Lancini, psicologo e terapeuta e professore all’ Università Milano-Bicocca: “Oggi quasi l’80% dei ragazzi ha bisogni educativi speciali”, dato  correlato alla complessità del reale dovuto anche alla progressiva invasione del virtuale nel reale (Infolife L. Floridi).

Restando però in un contesto concreto, la ricerca Gfk Italia per Perason (campione rappresentativo di 300 docenti di ogni grado scolastico) e che sarà presentata martedì 29 ottobre al convegno “Ognuno è speciale. Includere, valorizzare i talenti…” presenta queste medie per tipologia speciale

stranieri/immigrati 6,32%
ripetenti 3,59%
studenti con dislessia 2,56% 
studenti con discalculia 2,66%
studenti con disprassia 2,6

In  questa lista è assente la percentuale dei diversamente abili ( 2,15%), invece prevista nel D.M 81/09 che ha istituzionalizzato le classi pollaio.

I dati sono il risultato di  un campione limitato, ma rappresentativo ( 300 docenti di scuola primaria, secondaria di primo e secondo grado).

Le classi pollaio, dietro le percentuali ci sono persone

Fin qui i freddi numeri, che dominano oggi il mondo della tecnica (M. Heidegger).

Da insegnante, che sperimenta ogni giorno l’obbrobrio della classe pollaio, mi interessa altro.

Dietro il freddo calcolo ci sono persone! Solo in presenza di eventi estremi si riappropriano di un nome che rimandano a una storia, a una umanità. L’ultimo caso è rappresentato da Leonardo, il bambino morto tragicamente per la caduta dalla tromba delle scale.

Sicuramente le classi pollaio aumentano i rischi per la sicurezza fisica degli alunni e degli studenti. Mi riferisco ovviamente ai casi di evacuazione per incendio o terremoto. Se dovesse accadere un evento tragico -mai auspicabile- , allora si concretizza il processo di svelamento che trasforma i numeri in nomi: Luisa, Mario, Carla, Federico… (ovviamente nomi di fantasia). E per questi la Repubblica Italiana si dimostra carente in prospettiva dell’inclusione, disattendendo quanto previsto dall’art. 3 comma 2 della nostra Carta.

Personalmente non mi riconosco più in questo modello di scuola, dove quotidianamente sperimento l’intrusione a gamba tesa del finanzcapitalismo (L. Gallino), caratterizzato da ottimizzazione delle risorse, risparmi, tagli… con i risultati che ben conosciamo.

Mi sono formato con la L.517/77 (diritto allo studio, classi di venti alunni in presenza del diversamente abile…) che confermava il profilo di una scuola educativa, dove hanno cittadinanza le competenze, le emozioni, i sentimenti e le relazioni…

Ha scritto recentemente il filosofo “greco” U. Galimberti, concetto ripreso e ampliato anche nel lavoro “Perché? 100 filosofi per ragazzi curiosi” (Feltrinelli 2019):
Finché avremo 30/35 persone vorrà dire che abbiamo deciso che nelle nostre scuole non si educa“.
Concludo con Z. Bauman “La qualità umana di una società dovrebbe essere misurata a partire dalla qualità della vita dei più deboli tra i suoi membri”

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