Chi rappresenta le scuole

Di Lalla
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inviato da Franco Buccino* – Per le scuole è tempo di bilanci. Innanzitutto i bilanci preventivi e consuntivi, sempre più rapidi, semplificati e magri, perché manca la materia prima, i finanziamenti dello Stato. Ora, sostiene Gelmini, stop anche ai contributi richiesti alle famiglie. Eppure, sempre più, solo con i soldi delle famiglie le scuole stanno funzionando. D´altra parte, per il prossimo anno scolastico sono confermati i circa trentamila tagli di personale, tra docenti e ata; in Campania saranno forse cinquemila.

inviato da Franco Buccino* – Per le scuole è tempo di bilanci. Innanzitutto i bilanci preventivi e consuntivi, sempre più rapidi, semplificati e magri, perché manca la materia prima, i finanziamenti dello Stato. Ora, sostiene Gelmini, stop anche ai contributi richiesti alle famiglie. Eppure, sempre più, solo con i soldi delle famiglie le scuole stanno funzionando. D´altra parte, per il prossimo anno scolastico sono confermati i circa trentamila tagli di personale, tra docenti e ata; in Campania saranno forse cinquemila.

Argomenti sui quali torneremo: sono, da anni, il cavallo di battaglia della lunga estate della scuola e dei suoi precari. Ma le scuole devono fare il bilancio anche della campagna iscrizioni, che si è conclusa pochi giorni fa. Assumendosi qualche responsabilità. La responsabilità di non aver reagito alle false informazioni fatte circolare dall´Amministrazione sulle riforme, la responsabilità di non aver svelato il bluff della riduzione delle ore d´insegnamento, la responsabilità di non aver contrastato la distribuzione degli indirizzi sul territorio.

Siamo stati precettati, scuole pubbliche e private, a un seminario a Ponticelli sulla riforma della secondaria. Dopo gli interventi celebrativi, sono cominciate le domande dei colleghi sui passaggi dai vecchi ai nuovi indirizzi, sulle classi di concorso ballerine, sulle dotazioni organiche indefinite tra vuoti ed esuberi. Alle quali domande ci sono state risposte imbarazzate e vaghe. Ma non c´è stato un solo intervento critico. Scene analoghe si sono viste nelle successive conferenze di servizio.

Avremmo dovuto fare denunce su denunce contro il ministro e la sua amministrazione, contro le politiche scolastiche nel Mezzogiorno. Denunce anche contro la giunta regionale, contro l´assessore al ramo, autore di un piano di dimensionamento assolutamente clientelare. Che ha pagato alla fine, insieme alle frenetiche iniziative degli ultimi mesi, visto l´elenco degli eletti al nuovo consiglio regionale. Indirizzi assegnati senza alcun criterio, senza logica. Del resto lo stavano facendo già da qualche anno.

Due esempi. I licei scientifici a Napoli e provincia erano, pochissimo tempo fa, una trentina; oggi gli istituti nei quali c´è il liceo scientifico sono ottanta su centottanta. Per una conferma, andate a vedere sul sito del ministero il link "Cerca la scuola". Una scuola della mia zona, fino a ieri stimato istituto tecnico commerciale, si è trasformata in istituto superiore con quattro indirizzi: amministrazione finanza e marketing, turismo, chimica materiali biotecnologie, liceo delle scienze umane. Con le stesse aule e le stesse attrezzature. Non unico istituto in un comprensorio interno della regione, ma una delle venti scuole superiori nella zona orientale di Napoli. Nel raggio di tre chilometri.

Non abbiamo reagito né contro l´amministrazione scolastica, né contro la giunta regionale, né contro la spregiudicatezza di alcuni di noi. Mi sono domandato spesso il perché di questa incapacità delle scuole a reagire. Lo fanno i lavoratori della scuola, ma non le scuole. Il perché della rassegnazione, il perché della tendenza delle scuole a dipendere dalla superiore autorità. Delle scuole che pure sono dotate di un´autonomia sancita dalla carta costituzionale. È stato modificato il quinto titolo della Costituzione anche per questo. Mi sono domandato il perché del legame di tanti dirigenti scolastici con il direttore scolastico regionale, più forte di quello con la propria scuola. E ho trovato alla fine una risposta importante: la debolezza dipende dalla mancanza di rappresentanza, dipende dal fatto che le scuole non fanno rete e non hanno chi le rappresenta tutte assieme. E quindi dal fatto che non ci sono i luoghi nei quali svolgere ruoli decisivi con la propria rappresentanza. Non mancano le associazioni di scuole, per la verità un po´ velleitarie, poco rappresentative, troppo orientate, e neppure qualche consorzio di scuole, ad esempio di istituti professionali, con dichiarati interessi economici. Ma manca un organismo istituzionale di rappresentanza, che abbia titolo a rappresentare le scuole nelle conferenze con lo Stato, con le Regioni, le Province, i Comuni.

L´organismo di rappresentanza ridarebbe dignità alle scuole, alla loro autonomia, ai loro punti di vista, alle loro proposte. Rivitalizzerebbe anche la partecipazione alla vita scolastica di tutte le componenti, potendosi esercitare su materie reali e importanti. Perfino il vecchio preside uscirebbe da una sorta di ambiguità, da una zona di confine tra scuola e amministrazione, ancorando saldamente la sua dirigenza alla scuola che guida.

L´autonomia delle scuole, tra l´altro ancora incompleta in diversi punti, rimarrà sempre aleatoria senza una rete che le veda alleate, in sinergia anziché in competizione a "soffiarsi" alunni, capaci di incidere sulle politiche scolastiche, e del governo centrale e di quelli regionali. E qualche volta di opporsi con determinazione a scelte solo economiche riguardo all´istruzione dei giovani o, ancor di più, alla deriva ideologica di chi vorrebbe escludere e ridurre alunni immigrati o reclutare solo insegnanti locali.

Proviamo a realizzare questo organismo di rappresentanza delle scuole. Così le scuole, anziché essere un´appendice dell´amministrazione, potranno diventare le scuole della Repubblica.

*(L´autore è dirigente di liceo)

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