Chi incomincia la lite con il collega è responsabile disciplinarmente

Di Lalla
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Unams scuola Bari  Bat – Archiviato procedimento disciplinare docente. Si era vista riservare un trattamento scorretto da parte della sua collega di lavoro. Una insegnante della scuola materna nella BAT aveva subito l’affronto durante il servizio. La cosa andava avanti già da svariato tempo tanto che la stessa era dovuta ricorrere in più occasioni alle cure dei sanitari, a causa del clima ostile e poco sereno a cui la collega la aveva sottoposta.

Unams scuola Bari  Bat – Archiviato procedimento disciplinare docente. Si era vista riservare un trattamento scorretto da parte della sua collega di lavoro. Una insegnante della scuola materna nella BAT aveva subito l’affronto durante il servizio. La cosa andava avanti già da svariato tempo tanto che la stessa era dovuta ricorrere in più occasioni alle cure dei sanitari, a causa del clima ostile e poco sereno a cui la collega la aveva sottoposta.

La insegnante nostra assistita si era vista recapitare una contestazione disciplinare con cui era accusata unitamente alla collega di aver litigato innanzi ai bambini con la sua collega di modulo.

Il giorno dell’audizione la docente veniva assitita dal sindacalista prof. BARTOLO DANZI che ne deduceva la non punibilità disciplinare a causa della evidente scriminante : "la provocazione con conseguente lite era stata iniziata dalla collega di lavoro."

Il Sindacalista Danzi facendo riferimento a mancanza di ascrivibilità di una specifica responsabilità disciplinare per presenza discriminante: risulta provato che l’altra docente abbia incominciato la provocazione accendendo una animata lite nei confronti della nostra assistita.

al comportamento tenuto dalla stessa collega non confrome ai principi di correttezza dei rapporti deontologici e professionali ed oltremodo risultano lesivi dell’immagine della P.A. La causa di non punibilità della reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale è contemplata e disciplinata dall’art. 4 del D.Lgt. n. 288 del 4 settembre 1944 che prevede la non punibilità di chi che abbia commesso uno dei delitti di cui agli articoli 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 del codice penale quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni. La reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale, già prevista dal codice Zanardelli, era stata espunta dal codice Rocco in omaggio alla matrice autoritaria del regime.

Si discute in dottrina se la reazione legittima agli atti arbitrari configuri una vera e propria causa di giustificazione o elida il coefficiente psicologica della colpevolezza in capo all’autore del fatto. L’orientamento favorevole alla sua riconduzione nel novero delle cause di giustificazioni, ne sottolinea l’affinità con la scriminante della legittima difesa. In tale prospettiva, si soggiunge che, ancorchè si tratti di requisito non iimposto dalla norma, è pur sempre necessario che sussista un rapporto di proporzionalità tra l’atto arbitrario del pubblico ufficiale e la reazione legittima. Sotto il profilo delle caratteristiche della condotta del pubblico ufficiale (o dell’incaricato di pubblico servizio, o dell’esercente un servizio di pubblica necessità), si è rilevato come, ai fini dell’operatività della causa di nopn punibilità in esame, non rilevi la natura colposa o dolosa della condotta medesimo essendo sufficiente la sua connotazione in termini di arbitrarietà.

La giurisprudenza ha, peraltro, avuto modo sovente di soffermarsi sulla nozione di arbitrarietà della condotta del pubblico ufficiale legittimante la reazione legittima sottolineando come le particolari modalità della condotta possano integrare la causa di non punibilità della reazione legittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale anche laddove sia ravvisabile una legittimità sostanziale della medesima; dovrà, in ogni caso, essere vinta la presunzione della legittimità dell’azione del pubblico ufficiale in considerazione del rischio di compromissione del principio pubblicistico dell’esecutorietà degli atti amministrativi. Con riferimento alla nozione di arbitrarietà della condotta, si fronteggia una prima impostazione che dà, di tale nozione, un’interpretazione in chiave soggettiva richiedeno il dolo in capo al pubblico ufficiale ed una seconda impostazione che, invece, considera l’arbitrarietà come un requisito obiettivo della sua condotta.

Siamo in presenza, quindi, di una vera e propria causa di giustificazione, la quale, per la sua struttura, deve essere ricompresa nel novero della cause di non punibilità e, per tale ragione, va assimilata alla scriminante della legittima difesa di cui all’art. 52 c.p., pur dovendosi riconoscere che essa afferisce ad una limitata, quanto specifica serie di reati, che il legislatore circoscrive ed individua in modo preciso.

Sulla base di tali principi il Dirigente scolastico ha dovuto procedere all’archiviazione del procedimento disciplinare nei confronti della nostra assistita

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