Cellulari, Anief: insegnanti li usano anche per utilizzare registro elettronico

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Anief – Fa discutere la proposta di legge approdata in queste ore in Commissione Cultura alla Camera che vorrebbevietare l’utilizzo dei telefoni cellulari in classe, all’interno del testo riguardante il ritorno dell’educazione civica nella scuola primaria e secondaria: la richiesta di proibizione dei “telefonini”, avanzata dal leghista Massimiliano Capitanio e da altri deputati tra cui Maria Stella Gelmini (FI), ex ministro dell’Istruzione, prevede l’inibizione “del cellulare e di altri dispositivi elettronico-digitali nei luoghi e negli orari dell’attività didattica”, a meno che non vi siano “casi particolari specifici di utilizzo”.

La discussione su questo punto – scrive oggi Il Messaggero – è avviata, con la maggioranza parlamentare che intende recepire questa modifica. L’ipotesi è quella di lasciare i cellulari in presidenza e per le chiamate di emergenza far riferimento alle segreterie. Idea, già illustrata dai proponenti, che farà discutere genitori e personale docente.

La discussione appare quanto mai pertinente. A dire la sua, in giornata, è stato anche il Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, secondo il quale «l’utilizzo dei device per quanto riguarda la didattica è uno strumento fondamentale e quindi sono a favore del loro uso ma soprattutto ho fiducia nei nostri studenti. Credo molto – ha continuato il Ministro – nel loro senso di responsabilità sull’uso consapevole di questi strumenti ai fini di un migliore apprendimento. Condanno invece in maniera decisa l’uso per altri fini».

Anief si trova d’accordo con il Ministro Marco Bussetti, perché è chiaro che l’utilizzo di smartphone e telefoni cellulari non può essere inibito, dal momento che risultano degli strumenti fortemente utilizzati anche per funzioni di apprendimento: “Pensare che il telefonino moderno sia utile solo per comunicare con l’esterno è lontano dalla realtà – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e Udir – noi, come sindacato, siamo favorevoli al suo utilizzo, ovviamente solo per motivi didattici, come la ricerca di dati, il supporto ad esperimenti, l’uso empirico e altro ancora”.

“E lo stesso vale per gli insegnanti. Ai quali – continua Pacifico – verrebbe sottratto uno strumento ormai utilissimo per preparare e tenere lezioni. Inoltre, temiamo che chi ha presentato questa proposta non conosca la scuola e chi vi opera quotidianamente, visto che le linee telefoniche dei telefoni cellulari vengono spessissimo utilizzate dai docenti come collegamento al registro elettronico, in mancanza purtroppo di collegamenti attivi, continui e regolari all’interno degli istituti scolastici”.

“Riteniamo invece utile – conclude il sindacalista – inserire l’educazione civica in tutte le classi, a patto però che si tratti di ore aggiuntive e non a discapito di altre o inserite in programmi di altre discipline in qualche modo attinenti. All’interno di questo studio è infine indispensabile che una parte del programma sia dedicato alla storia dell’Europa, come abbiamo esposto anche di recente ai parlamentari, in occasione delle audizioni tenute presso Camera e Senato”.

Marcello Pacifico, vice presidente Cesi, ha espresso questi concetti a Lisbona, lo scorso dicembre, durante il convegno Accademia Europea Cesi su Horizon 2025,  rivendicando nell’occasione come l’educazione civica comprenda anche elementi di diritto: “partendo dalle Carte fondamentali e dai Trattati Europei, ha già trovato un’ossatura importante nelle diverse direttive che regolano la nostra vita – ha detto il sindacalista autonomo -: occorre che le nuove generazioni conoscano la storia dell’Europa e le regole che la governano fin dal Duecento, perché mai come oggi questi contenuti si intrecciano con lo studio della storia, del pensiero, dell’economia, della società e di nostri valori comuni da rintracciare”

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