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Caprara: la Storia sia insegnata dai laureati in Storia, non da docenti di materie affini

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Un articolo di Mariangela Caprara pubblicato sul Mulino online sull’insegnamento della storia nella scuola italiana presenta diversi spunti di riflessione.

Per prima cosa l’autrice parla di ritornare al vecchio schema del curricolo, cioè alla “ripetizione di tutto il percorso cronologico dalla preistoria all’età contemporanea in 5 (primaria) + 5 (medie + biennio = assolvimento dell’obbligo scolastico) + 3 anni, tenendo conto del limite attuale dell’obbligo scolastico, ossia i 16 anni. Questa scansione consentirebbe ai bambini di apprendere entro gli 11 anni di età una chiara periodizzazione delle epoche, ed entro i 16 anni il percorso cronologico verrebbe completato due volte. Nessuno, in uscita dalla scuola dell’obbligo, resterebbe così privo di conoscenze fondamentali sul Novecento”. Nel triennio del II ciclo si potrebbe approfondire la storia sulla base degli indirizzi di studio, ad esempio scrive l’autore come “approfondimento dell’età antica e medievale al liceo classico, percorsi di storia della scienza o delle arti, o aree di studio individuate a livello locale”.

Per seconda cosa si suggerisce di aumentare le ore di storia staccandole da quelle di geografia “per consentire lo svolgimento della didattica anche in forma laboratoriale e collegata con le realtà territoriali (musei, biblioteche, archeoclub, associazioni”.

Il terzo suggerimento dell’autrice è quello di affidare l’insegnamento della storia esclusivamente a laureati in storia, non da laureati in materie letterarie non specializzati.
“La Legge 107 (“Buona Scuola”) ha consentito ai Dirigenti Scolastici di utilizzare gli abilitati in certe discipline per l’insegnamento di discipline affini, in cui possono anche non aver conseguito l’abilitazione. Di fatto, in molti casi la storia è insegnata da letterati, che restano per formazione (e perfino per indole) poco inclini a rinunciare all’ermeneutica a favore della critica storica, e possono non avere conoscenze approfondite né dei contenuti, né dei metodi della disciplina”.

“La questione della qualità/efficacia dell’insegnamento ha ceduto il passo ancora una volta all’obiettivo delle assunzioni a tempo indeterminato, rimandando a data da destinarsi ogni discussione su temi come l’ordinamento dei cicli, la durata dell’obbligo, l’organizzazione dei piani di studio e dei curricoli” è la conclusione della sua riflessione sulla legge 107.

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