Bullismo, Galimberti: Colpa della scuola e delle famiglie frigide

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Il fenomeno del bullismo è dovuto a una maggiore forma di cinismo sviluppata dai giovani.

La colpa è della fretta con cui vogliono realizzare i loro sogni. La scuola non educa più e la famiglia è frigida.

E’ l’incipit di una intervista realizzata dal Corrieredicomo.it al filosofo e psichiatra Umberto Galimberti. Il professore, docente di Filosofia della Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, sostiene che i giovani sono alla ricerca dell’autoaffermazione e questo li porta ad essere più indifferenti per evitare che le emozioni diventino un ostacolo al loro obiettivo. Per questo motivo, Galimerti suggerisce di ascoltare i giovani e dare loro le risposte adeguate.

L’assenza dei genitori e della scuola negli adolescenti sarebbero una delle concause delle baby gang. Il filosofo e psichiatra si dice meravigliato di chi si meraviglia della violenza giovanile, bullismo e cyberbullismo presenti anche in Italia. “Un fenomeno molto diffuso in Inghilterra – afferma Galimberti – si è spostato altrove. Davvero qualcuno pensava che non potesse mai arrivare da noi?“.

E se riconosce come dato oggettivo quelle delle famiglie disagiate, Galimberti denuncia la “frigidità” delle famiglie borghesi: nuclei dove il dialogo è assente e addirittura i genitori sono assenti.

A questa fotografia aggiunge quella della scuola incapace di educare. “La scuola italiana – si legge ancora nell’intervista – è in una situazione disastrosa. Non educa, al massimo istruisce. Educare i ragazzi significa portarli dallo stadio pulsionale a quello emotivo, fare in modo che possano distinguere il bene e il male, capire la differenza tra corteggiare e stuprare“.

Galimberti rilancia l’importanza dell’educazione alle emozioni che un tempo avveniva sin dall’infanzia con le favole che proponevano una distinzione netta fra bene e male. Punta il dito di accusa contro la tecnologia. “Noi riempiamo le scuole di strumenti digitali – afferma – mentre dovremmo riportare in classe la letteratura, ricordando che la scuola serve a formare. Le competenze si acquisiscono dopo. La rivoluzione digitale influisce in modo radicale. Prendiamo i cosiddetti social che di sociale non hanno nulla. Il sociale comincia quando si è insieme, dove non c’è la persona fisica non esiste. Oggi non ci sono più oratori, partiti, luoghi di aggregazione“.

Poi chiosa con una metafora sui genitori “amici” dei figli, che tanto metafora non è proprio pensando ai social, asserendo che i ragazzi “Si ribellano verso le istituzioni, perché non hanno ‘ucciso’ il mondo adulto. Perché sono ‘amici’ dei genitori dei quali dovrebbero invece essere figli. Se non superi Edipo dove dovresti, in famiglia, lo fai nella strada o nella curva nord“.

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