Bullismo ai danni di un compagno, condannati per stalking. Docenti “conniventi” perché non si erano accorti

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I bulli sono punibili per il reato di stalking: ad affermarlo è stata la Cassazione che, nel 2017, per la prima volta, ha applicato l’articolo 612 ­bis del codice penale (reato di “atti persecutori”) in ambito scolastico, confermando le condanne inflitte a quattro ragazzi che, all’epoca dei fatti erano minorenni e studenti di un istituto tecnico.

Per i giudici, la deposizione della sola persona offesa (la vittima) è valsa come prova in quanto giudicata attendibile, anche alla luce del contesto di indifferenza degli altri compagni di classe e degli insegnanti che, a loro dire, non si erano accorti di nulla.

La vicenda

 Quattro ragazzi, minori di età, avevano preso di mira, per ben due anni, un compagno di scuola, picchiandolo e insultandolo, a turno, fino a indurlo, dopo essere finito in ospedale, a lasciare la scuola per trasferirsi in un’altra regione. Per la Cassazione (Sezione V Penale, Sentenza 8 giugno 2017, n. 28623) gli atti di bullismo ripetutamente posti in essere ai danni di un compagno di classe configurano il delitto di stalking, così confermando la condanna, già resa dalla giustizia minorile, a carico dei quattro.

Quando ricorre lo stalking

 Per la contestazione del delitto di “stalking” non si richiede che il capo di imputazione rechi la precisa indicazione del luogo e della data di ogni singolo episodio di bullismo nel quale si sia concretato il compimento di atti persecutori, essendo sufficiente a consentire un’adeguata difesa:

  • la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti,
  • la loro collocazione temporale di massima,
  • le conseguenze per la persona offesa.

La deposizione della vittima confermata dal video dell’aggressione

 Nella deposizione, il bullizzato aveva dichiarato di essere stato offeso per il modo in cui portava i capelli e si comportava, riferendo che, ormai succube della violenza, dopo un’iniziale tentativo di ribellione, aveva dovuto accettare condotte di sopraffazione “per evitare altre botte”. Le dichiarazioni della persona offesa sono state ritenute solidamente corroborate dal filmato dell’aggressione.

Il grave e perdurante stato di ansia e di paura e i sintomi dello stalking

La Cassazione ha evidenziato che la prova della causazione, nella persona offesa, di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili:

  • dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato,
  • dai comportamenti del bullizzato conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente,
  • dalla condotta del bullo, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata.

Il clima di “connivenza” di alunni e insegnanti

 Dal processo è emersa l’assenza di consapevolezza dei fatti da parte degli insegnanti e degli altri compagni di scuola, dalla quale i giudici hanno dedotto la presenza di un clima di connivenza di coloro che, dovendo vigilare sul funzionamento dell’istituzione, avevano dichiarato di non essersi accorti di nulla.

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