Bocciare o non bocciare. Di’ la tua

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red – In questi giorni si è riaperto un dibattito sulla bocciatura. Pubblichiamo un intervento pubblicato da Francesca Puglisi, responsabile scuola del Partito Democratico, e segnaliamo un nostro articolo: Bocciare o non bocciare? Diamo uno sguardo in Europa. Esprimi la tua opinione.

red – In questi giorni si è riaperto un dibattito sulla bocciatura. Pubblichiamo un intervento pubblicato da Francesca Puglisi, responsabile scuola del Partito Democratico, e segnaliamo un nostro articolo: Bocciare o non bocciare? Diamo uno sguardo in Europa. Esprimi la tua opinione.

Bocciare costa
di Francesca Puglisi

Il ruolo dell’insegnante non è quello del sergente di caserma che premia o punisce. L’Ocse invita l’Italia a investire in educazione di qualità per fermare la dispersione scolastica. Chi vede nel docente una sorta di sergente di brigata che boccia e premia, ha una visione della scuola forse poco adeguata alla società del terzo millennio.

Se si guarda alla scuola come leva per la crescita individuale e del Paese, e non con gli occhiali deformati dell’ideologia, non si possono che condividere le indicazioni date dall’ Ocse al nostro Paese per dimezzare il tasso drammatico di dispersione scolastica entro il 2020: non è utile, ma forse
dannoso, bocciare gli studenti, occorre piuttosto investire in educazione di qualità sin dalla prima infanzia, aumentare il tempo scuola (sig!).

Bocciare non serve a migliorare: sappiamo che solo il 2 o 3% degli studenti avrà un beneficio reale dalla ripetizione di un anno scolastico, ma la maggior parte di essi finirà in quel 21% di drop-out che penalizza l’Italia, una vera zavorra che peserà sulle spalle di tutti noi, quando dovremo tentare di includere coloro che avremo perso per la strada, in modo senz’altro meno efficace e senz’altro più costoso dell’Istruzione.

Se la bocciatura non migliora i ragazzi, tanto meno finisce col premiare il merito. Chi sostiene che bocciare è un modo di selezionare, è convinto che “la scuola non è per tutti”.

Non si tiene conto, però, che questa supposta selezione è pesantemente falsata da una serie interminabile di fattori, a cominciare dalle origini economico sociali della famiglia di origine e dal contesto territoriale in cui si è nati che in Italia ancora oggi incide sia sul rendimento e sul successo
formativo e scolastico, sia sulle scelte dopo la scuola secondaria di primo grado.

Difficile, insomma, pensare che si tratti davvero di una selezione per ‘merito’. La scuola "selettiva" non fa altro che perpetuare all’infinito l’immobilità sociale di cui è affetto il nostro Paese. Per riattivare l’ascensore sociale di cui abbiamo bisogno, chiediamo agli insegnanti di combattere per la scuola del "non uno di meno".

La Fondazione Giovanni Agnelli ci dà indirettamente una risposta, quando nel suo Rapporto sulla Scuola in Italia 2010 premette che le pari opportunità di accesso all’istruzione secondaria e terziaria sono ancora ben lungi dall’essere garantite, e osserva che “il retroterra socio-economico e culturale è ancora una discriminante, sia in termini di accesso che di successo formativo”.

E prosegue: “I figli dei genitori laureati e rovenienti da gruppi sociali più elevati, non solo sono meno affetti dal fenomeno degli abbandoni scolastici, ma si concentrano in precise filiere educative (i licei) (…) Chi ha un retroterra svantaggiato, invece, si orienta o viene indirizzato, con una
forma di selezione negativa, verso percorsi formativi ad alto tasso di dispersione (…) I destini occupazionali dei ragazzi si divaricano e la mobilità sociale diventa un miraggio”.

Dovremmo chiederci infatti, senza alibi e coperture ideologiche, se bocciare non contribuisca a vanificare il compito che la Costituzione assegna alla scuola: quello di rendere concreta la democrazia, offrendo a tutti il diritto al "pieno sviluppo della persona umana", rimuovendo gli
"ostacoli di ordine economico e sociale", che limitano "la libertà e l’uguaglianza dei cittadini".

L’immobilità sociale ha un costo, e non solo in termini di ‘giustizia sociale’. Secondo gli stessi dati della Fondazione Giovanni Agnelli, se l’intera popolazione italiana conseguisse un diploma di scuola superiore, eliminando il fenomeno degli abbandoni scolastici, e se il paese riuscisse a fare buon uso di questa ulteriore dotazione di capitale umano, si produrrebbe un incremento del tasso di occupazione pari al 6,3% (circa 1.300.000 occupati in più) e un reddito aggiuntivo di 70,7 miliardi di euro per anno, pari a circa il 4% del PIL.

Ripetizione degli anni e dispersione sono strettamente connessi e rappresentano uno spreco di capitale umano rilevante, dunque.

Non bocciare non vuol dire, però, permissivismo e lassismo, né significa abbassare la qualità, anzi è esattamente il contrario.

Non bocciare significa valutare le competenze e, soprattutto, prevenire i disagi, significa seguire il cammino di ogni studente attraverso sistemi relazionali adeguati, supportare le difficoltà, creare percorsi di valorizzazione e incentivo; tutto questo suppone una scuola migliore, con un organico funzionale, con risorse sufficienti, con un sistema complesso che metta insieme diverse necessità: un maggiore raccordo curricolare tra i due segmenti scolastici la formazione dei docenti, l’uso delle nuove tecnologie (quanti disagi nacondono semplicemente la richiesta di un rinnovamento della didattica?), un’architettura e un’urbanistica scolastica tutta da rifare e anche un nuovo patto famiglie-scuola.

Sono anni che parliamo di un curricolo di istruzione obbligatorio verticale, continuo e progressivo della durata di dieci anni, condivido dunque quanto suggerito di recente da Maurizio Tirittico ad uno dei nostri Forum dedicato alla scuola media: con l’esame di terza media non si concludono gli studi perché i nostri alunni sono tenuti a proseguirli per l’assolvimento dell’obbligo per altri due anni. Quell’esame di terza media, che non conclude nulla da quando abbiamo innalzato a 16 anni l’obbligo scolastico, puo’ essere eliminato.

A che serve una licenza media oggi, quando il minimo che si richiede a un cittadino è la certificazione di un obbligo decennale? Gli insegnanti della scuola primaria e media potrebbero più semplicemente adoperarsi perchè i traguardi per lo sviluppo dlle competenze – quelli di cui alla Indicazioni di Fioroni – venissero raggiunti o avvicinati, in funzione di quelle competenze che i loro colleghi del successivo biennio avranno cura di far acquisire e di certificare. Questa riforma semplice, si può fare subito.

Bocciare o non bocciare? Diamo uno sguardo in Europa

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