Basta giudizi dal profondo Nord. Sud ha bisogno di docenti liberi. Lettera

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Inviato da Simona Giammillaro – A volte ho sentito dire che con il passare del tempo ci si fa l’abitudine.

Situazioni più o meno spiacevoli si possono affrontare con animo diverso, più forte, perché quel tempo che passa ti irrobustisce e crea un filtro, una corazza.

Gli anni passano e speri di poter lasciare andare le cose vecchie ma, in realtà, non è così semplice. Mi volto indietro, vorrei poter cambiare delle decisioni che non hanno riguardato solo la mia vita ma anche quella di chi mi sta accanto. Siamo forti, però, andiamo giù, tocchiamo il fondo e risaliamo. Sconforto? Sì, siamo umani ma non soli.

Ascolto i racconti di tanti che si trovano nella mia situazione: tutti insegnanti del Sud. Le donne sono numerosissime, solo fisicamente il sesso debole. Per il resto sono i pilastri delle loro famiglie, dei loro uomini e compagni di vita, dei loro figli, dei loro genitori anziani, dei loro alunni a scuola.

Il tasto di un computer che ha avviato il calcolo di un cervello elettronico e di una procedura informatica che non può di certo sostituire l’attività cognitiva e di giudizio di un funzionario preposto, il cui operato è all’uopo verificabile, ci ha stravolto la vita. Ciò crea ancora più sconforto. Ti senti impotente. Non c’è spiegazione, traccia e possibilità di risalire alla veridicità di quanto accaduto. Gli insegnanti sbalzati via dalle loro famiglie, urlano da quattro anni che tale sistema messo in atto dalla L.107, il famoso “algoritmo”, ha sbagliato.

Molti ricorrono ai tribunali per vedere riconosciuti i propri diritti e alcuni tornano a casa con esito positivo. A qualcuno invece e sembra assurdo, si chiedono prove che da cittadino comune non potrà produrre. Ma ciò che vale per gli uni, non vale per gli altri? I diritti non sono uguali per tutti? Alla luce di ciò evidentemente no.

Allora si deve continuare a lottare, cercando soluzioni e ragionando insieme. Ci si incontra ancora fra colleghi, per fare il punto della situazione. Quattro anni, nessun piano di rientro, nessuno dei sindacati confederati al nostro fianco. Tutt’altro. Arriva l’ennesima batosta: si firma il nuovo contratto che diminuisce le percentuali della mobilità. Perché? Perché non si applica anche al comparto scuola il D.L. 165/2001, che riconosce ai dipendenti della pubblica amministrazione che riconosce priorità ai trasferimenti rispetto alle assunzioni? Mi suona come l’ennesima discriminazione nei confronti dei docenti.

Il fenomeno che stiamo vivendo è ancora tutto meridionale. I nostri stipendi vanno negli affitti, nelle bollette e nei viaggi, per tornare a casa dai nostri figli e non ci sono più risparmi, depauperando il Sud di risorse economiche e nello stesso tempo culturali.

Scrive Pino Aprile: -“ Al Sud tocca formare teste proletarizzate a centinaia di migliaia: ci si svena per produrle, poi le si cedono a basso prezzo, che di più il mercato non dà, offrendo il giusto a pochi, poco a molti, niente a tutti gli altri”.

Ahimè, che amarezza. Ma i nostri ragazzi hanno bisogno di noi, per la nostra esperienza accumulata negli anni e per la conoscenza delle nostre realtà. Alta la percentuale della dispersione scolastica dovuta anche alla mancanza di un tempo scuola adeguato, quel tempo pieno che funziona a pieno regime al Nord e che non si è mai attivato al Sud, creando un profondo divario e due realtà, come testimoniato dai dati dell’istituto INVALSI. Non saranno certo le 2000 unità in più, di cui parla tanto il nuovo Governo, a fare il miracolo.

Economia e cultura del Nord non possono gravare sulle nostre spalle. Si rimbocchino le maniche trovino le risorse sul loro territorio, facendo studiare i loro figli e dando così continuità didattica ai loro discenti.

Smetta il Nord di giudicare, criticare e accusare i docenti che rivendicano il diritto alla famiglia e il diritto al lavoro nelle proprie scuole dove ci sono i posti, al contrario di quello che ancora si racconta. Continuino, invece, a lottare i tanti colleghi vittime di questa stortura, educatamente e saggiamente come dimostrato negli anni passati e come hanno appena dimostrato all’inizio di quest’anno. 3 gennaio 2019, Napoli all’USR e Palermo dinanzi al Palazzo della Presidenza. Chi c’era lo sa, chi non c’era ha letto o ascoltato.

Al di là dell’esito della manifestazione ciò che è vivo è il ricordo di tante storie, tante lacrime e tante speranze e il viso di chi si è fatto portavoce della medesima situazione. C’è una collega, aspetta di essere ricevuta dal Presidente della Regione, che già altre volte ha ascoltato i docenti. ha il viso teso che non nasconde la preoccupazione per i colleghi fuori, al freddo. La osservo, mi emoziona, mi si riempiono gli occhi di lacrime quando scosta la tenda della saletta riunioni e guarda giù. E’ protezione, altruismo, sensibilità, è portavoce di altre migliaia di persone. Questo è il Sud, rispetto e dignità.

Adesso , come ha ben detto ieri un’altra collega, i politici meridionali hanno il dovere etico di prendersi cura di questa terra e dei loro figli.
Siamo Terroni e Liberi.

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