Azzolina (M5S): rivedremo carta docente, cambieremo 107, rispetto docenti è questione economica. Seconda parte intervista

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Nel giorno in cui il ministro Bussetti presenta in Senato le linee programmatiche per l’Istruzione, l’Onorevole Lucia Azzolina del Movimento 5 Stelle fa un bilancio sui tanti temi caldi della scuola. Ecco la prima parte dell’intervista

Dicevate di voler abolire la 107, ora c’è un cambio di direzione?

La Buona scuola verrà modificata nelle parti che non funzionano, come d’altra parte ha già anticipato il Ministro in alcune occasioni.

Partiamo dagli aspetti positivi: che cosa salverebbe?

Tutto il piano della digitalizzazione.

E basta?

Salverei anche Il bonus di merito. Il Ministro ha detto che non vuole abolire il bonus, ma estenderlo anche a loro. Ed è giusto. Chi lo dice che un precario non sia meritevole del bonus?

Già, chi lo dice se un docente, precario o non precario, è meritevole?

Questo è il problema: stabilire i criteri di valutazione. Alcuni insegnanti possono essere più motivati di altri, altri magari si impegnano ben oltre l’orario di lavoro. Forse non è neanche solo questo il parametro da considerare, ma il concetto è che bisogna fare una riflessione seria per arrivare a criteri certi e oggettivi nella valutazione del merito che non deve essere lasciato alla discrezione del dirigente scolastico. Nei prossimi mesi ci penseremo. È difficilissimo, ma altri paesi ci sono riusciti.

E sarà mantenuta anche la carta del docente?

Ci stiamo pensando. Purtroppo ci sono stati abusi nel suo utilizzo. Magari fosse stata utilizzata solo per acquistare ciò che era previsto. Anzi, il suo utilizzo soprattutto se destinato alla formazione è molto importante.

Che cosa non va allora della 107?

Per esempio l’alternanza scuola lavoro.

La toglierete?

No! Anche se…

Anche se?

Anche se per i licei ci si sta ragionando. Al momento la linea è quella di una revisione: per esempio, indicare un minimo di ore e lasciare alla scuola in virtù dell’autonomia scolastica la scelta per tutto il resto. Le attuali 200 ore fisse proprio per i licei e 400 per gli istituti tecnici e professionali si è rivelata una criticità.

Solo un problema di quantità di ore?

Anche a livello territoriale le esperienze sono state molto differenti. Si va dai risultati disastrosi registrati nelle aree più depresse ai risultati eccellenti in altre parti d’Italia, per esempio nei distretti produttivi. Molto dipende anche dagli indirizzi di studi. L’alternanza scuola lavoro deve avere un senso per lo studente, deve essere legata al suo percorso didattico. Quando invece un alunno viene spedito a fare tutt’altro, ci troviamo davanti a un fallimento. Ma oltre all’alternanza scuola lavoro, c’è un’altra priorità su cui intervenire per correggere la 107.

Quale?

Il comma 131. È fondamentale abrogarlo al più presto. E’ chiaro che si tratta di un’interpretazione malsana della sentenza della Corte di Giustizia europea.

L’impossibilità per un docente con 36 mesi di supplenza di avere altri incarichi su posti vacanti e disponibili.

E che fai, butti fuori dalla scuola un insegnante, perché dopo 36 mesi di supplenza non lo puoi assumere?

La Corte di Giustizia europea intendeva bacchettare l’abuso di precariato, forse non si riferiva a quello della scuola.

Il comma 131 della 107 ha tolto il sonno a molti docenti. Va abrogato. All’inizio avevo presentato un’interrogazione parlamentare in tal senso, ma adesso ci penserà il Ministro a intervenire.

Poi, cos’altro non va nella 107?

La chiamata diretta.

Proprio non le piace…

Purtroppo siamo in Italia. In un paese meritocratico, mi piacerebbe, può funzionare. Qui, no: non ha funzionato. In alcuni casi ha messo in difficoltà anche i dirigenti scolastici. Una chiamata diretta sui docenti di ruolo crea delle distorsioni. I professori che sono rifiutati, poi devono essere ricollocati in qualche modo dall’ufficio scolastico. E non sono d’accordo con la senatrice Malpezzi quando afferma che, con la chiamata diretta, gli studenti avrebbero avuto docenti migliori. E che ne facciamo dei professori scavalcati?

Teme la creazione di scuole di serie A e altre di serie B?

Assolutamente sì, certo. C’è anche questo pericolo. Il docente non scelto deve comunque andare in un’istituzione scolastica.

Il docente non scelto potrebbe avere caratteristiche più adatte per un’altra scuola.

Il docente sceglie le scuole dove andare. È chiaro che valuta le realtà che sono più vicine al suo curriculum, al suo percorso formativo. Avere docenti in gamba non è legato alla chiamata diretta. Il docente andrebbe motivato in due modi: economicamente e con il riconoscimento sociale. Soprattutto quest’ultimo aspetto si è perso nel corso degli anni. E spiega anche le violenze e le aggressioni che gli insegnanti subiscono sia da parte degli alunni, sia da parte dei genitori.

Il docente è un pubblico ufficiale: un valore di gran lunga superiore al riconoscimento sociale.

Spesso sono proprio gli insegnanti a sottovalutare il loro titolo di pubblico ufficiale. È come se ci fosse una sorta di rassegnazione. Per esempio, quando si verificano le aggressioni, non tutti sporgono denuncia.

Che cosa ha portato alla mancanza di rispetto?

Anche il fatto che gli insegnanti sono pagati poco.

Che c’entra lo stipendio. E’ una questione economica?

L’insegnante spesso è considerato come colui che ha studiato e lavorato tanto nella vita e alla fine, rispetto al percorso sostenuto, il suo stipendio è irrisorio. Personalmente ho fatto otto anni di formazione per arrivare a insegnare. Se un docente guadagnasse 2mila o 2mila 500 euro al mese, non credo che lo si tratterebbe così. E’ brutto dirlo, perché non è lo stipendio che decreta la qualità e il valore professionale di una persona, però, questo accade. E lo notano anche gli studenti. Quando ero in classe, molti ragazzi, soprattutto al Nord, mi dicevano ‘No, io l’insegnante non lo farò mai: guadagnano quattro lire’. Magari venisse riconosciuto il valore intellettuale, della cultura, dell’educazione edulcorato da quello economico. Non dimentichiamoci che in passato alcuni Ministri hanno detto che con la cultura non si mangia.

Prima parte dell’intervista

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