Aumento di casi di ADHD ma poco efficaci le terapie

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Red – Secondo uno studio da poco pubblicato su JAMA Pediatrics l’ADHD ha dimostrato che negli che negli ultimi 9 anni il tasso di nuove diagnosi è cresciuto del 24 per cento fra i ragazzi minori di 18 anni.

Red – Secondo uno studio da poco pubblicato su JAMA Pediatrics l’ADHD ha dimostrato che negli che negli ultimi 9 anni il tasso di nuove diagnosi è cresciuto del 24 per cento fra i ragazzi minori di 18 anni.

La ricerca ha preso in esame ben 850mila bambini fra i 5 e gli 11 anni che fra il 2001 e il 2010 si sono rivolti per un qualsiasi motivo al Centro Kaiser Permanente della California del Sud; i ricercatori, analizzandone tutti i dati clinici, hanno verificato che il 5 per cento di tutti i bambini ha ricevuto una diagnosi di ADHD ma soprattutto che l’incidenza di nuove diagnosi è andata crescendo negli anni, facendo registrare un più 24 per cento nel 2010 rispetto al 2001 (con una quota di casi tre volte maggiore fra i maschi rispetto alle femmine). Un aspetto interessante è dato dalla diversa distribuzione dei casi nelle varie etnie: i bimbi bianchi risultano i più colpiti (5.6 per cento nel 2010, con un incremento del 30 per cento rispetto a nove anni prima), seguiti dai neri (4.1 per cento, in crescita del 70 per cento), gli ispanici (2.5 per cento) e gli asiatici (1.2 per cento).

Più sale il livello socioeconomico e culturale della famiglia, in altri termini, più le mamme e i papà sono attenti ai comportamenti dei figli e tendono a chiedere aiuto agli specialisti in caso di dubbi, e i casi aumentano più di quanto non sia possibile fare in contesti svantaggiati.

Non pare che le terapie siano proprio efficacissime, secondo una ricerca pubblicata sul Journal of the American Academy of Child & Adolescent Psychiatry: il 90 per cento dei bambini con diagnosi di ADHD in età prescolare continua ad avere sintomi anche sei anni dopo e spesso nonostante le eventuali cure farmacologiche, stando a dati raccolti su circa 200 piccoli."Il disturbo viene diagnosticato sempre prima – spiega lo psichiatra infantile del Johns Hopkins Children Center di Baltimora Mark Riddle, che ha coordinato la ricerca –. Nei bimbi molto piccoli peraltro è spesso un problema che tende a persistere e richiede approcci particolari, diversi probabilmente da quelli disponibili oggi: con le terapie attuali abbiamo infatti verificato che restano sostanzialmente uguali negli anni tutti i sintomi, dalla scarsa attenzione all’impulsività, fino all’iperattività".
 

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