Attività PTOF e consenso informato: genitori decidono solo per i propri figli

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Inviato da Giuseppe Bruno ex Dirigente Scolastico – Questo intervento è volto a tentare di riportare sui binari di un corretto confronto democratico il dibattito tra forze politiche, in questo caso sindacali, sul consenso informato.

Il congiunto comunicato di protesta di Cgil, Cisl, Uil scuola contro la Nota del Miur del 20 novembre u.s. che riconosce un diritto sacrosanto dei genitori di dare il proprio consenso informato alla frequenza di attività scolastiche fuori dal curricolo obbligatorio da parte dei propri figli, appare strano per alcune affermazioni decisamente poco comprensibili e un po’ sopra le righe. Vediamo un po’ più da vicino queste affermazioni.

Si esprime con decisione un timore, del tutto infondato a mio avviso, di indebita interferenza dei genitori sulla autonoma progettazione didattico educativa della scuola soprattutto in merito all’ampliamento dell’offerta formativa. Si dice, a mo’ di esempio, che i genitori potrebbero ostacolare corsi di dialetto che voglia fare la scuola nell’ambito delle sue autonome scelte di integrazione del curricolo. Ma diciamoci la verità quale genitore, se non qualche raro o unico caso patologico si sognerebbe, infatti, di non far frequentare al proprio figlio un corso di dialetto o qualche altro corso che utilmente amplia l’offerta formativa della scuola? Il problema è, e i suddetti sindacati dovrebbero saperlo bene, che sono altre le attività “integrative” che molti genitori responsabili, consapevoli e informati non farebbero frequentare ai loro figli:sono i cosiddetti corsi di educazione affettiva, sessuale o sentimentale che dir si voglia, o al rispetto: corsi che spesso e volentieri un po’ in tutta Italia in questi ultimi anni, hanno veicolato, destando la tarda, sconcertata, spesso impotente reazione dei genitori, le applicazioni più ideologiche degli studi di genere, prassi più volte condannata da circolari Ministeriali dei passati governi.

Cosa hanno da temere i sindacati? Che non si possa più insegnare ai minorenni come abortire senza dirlo ai genitori, o che non si possano più portare senza che i propri genitori ne sappiano niente, i bambini a cinema o a teatro ad assistere a spettacoli, come per esempio il famigerato “FaAFafine”, che di fatto propagandano, con la scusa di far accettare i diversi, una visione omosessualista, transessualista della sessualità umana? Per giunta senza contraddittorio e come imposizione ideologica di parte?

Da ora in poi ciò per i genitori responsabili, consapevoli e informati non potrà più accadere: eventuali corsi o attività scolastiche integrative che affrontano “temi sensibili” come quelli citati dovranno essere fatti conoscere con congruo anticipo ai genitori nei loro obiettivi, contenuti, attività, metodi e verifiche (come tutte le attività didattiche che si rispettino) e da loro essere condivisi affinché i propri figli li frequentino.

Cosa c’è di lesivo e di chi in tutto ciò? Non funziona così la democrazia? O qualcuno, nascosto tra le pieghe della protesta vorrebbe fare delle scuole i famosi “campi di rieducazione” di cui parla Papa Francesco?

Sappiamo bene che non è certo questo il timore o l’obiettivo dei sindacati, e ci permettiamo di ricordare a questo proposito agli estensori del comunicato congiunto la normativa a cui si richiamano.

Intanto le attività di ampliamento dell’offerta formativa sono di per sé stesse facoltative, quindi il famoso esempio dei corsi di cultura dialettale, inseriti nel PTOF farebbe sì che la loro frequenza resterebbe sempre e comunque a discrezione dei genitori o degli studenti maggiorenni, pur se qualche genitore decidesse di non consentire al proprio figlio di frequentarli, continuando tranquillamente a essere fruibili per quei genitori o studenti che li volessero scegliere. Non esiste un diritto di veto dei genitori sull’attività didattico educativa delle scuola.

Il “consenso informato” riconosce solo il diritto del genitore a non far frequentare e al proprio figlio un’attività da lui non apprezzata, né condivisa. Quindi che danno ne avrebbe la scuola nella sua autonoma programmazione didattico-educativa? Per quanto riguarda poi l’osservazione della già ampia e democratica partecipazione dei genitori alla stesura e approvazione del PTOF, ammesso che sulla carta essa ci sia (e per una “ristretta cerchia” anche realmente c’è ), non si vede perché una più ampia e consapevole condivisione di esso da parte dei genitori e delle loro associazioni di riferimento, nei termini in cui è auspicata dalla Nota possa essere lesiva dell’autonomia delle istituzioni scolastiche. L’autonomia nasce dal decentramento e dalla sussidiarietà e per quanto se ne sappia, maggiore è il coinvolgimento delle varie componenti la cosiddetta Comunità Scolastica ed Educativa (più volte citata anche nella Buona Scuola) migliore è la sua realizzazione.

Accertato quindi che i genitori non possano esercitare alcun diritto di veto nei confronti delle legittime scelte della scuola, credo sia più che auspicabile per ristabilire un clima di collaborazione tra Scuola e Famiglia, oggi sempre più in crisi,attenersi a quanto la Nota raccomanda, coinvolgendo a monte della realizzazione del PTOF nelle sue attività curricolari e facoltative la componente genitori e rendendo questi ultimi sempre consapevoli e consenzienti anche riguardo a qualsiasi attività o modalità di realizzazionedi essa venisse ulteriormente introdotta nel percorso formativo rispetto a quanto enunciato nel PTOF. Ci auguriamo che questo contributo possa servire a far si che il suddetto comunicato venga dai sindacati, campioni di democrazia nella storia italiana, riconsiderato, soprattutto, moderandone i toni decisamente allarmistici e un po’ sopra le righe.

Attività PTOF non obbligatorie, Miur: serve consenso genitori

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