ATA-ITP ex Enti Locali al Governo: no alla temporizzazione. Le proposte

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Il Comitato Nazionale ATA-ITP ex Enti Locali ha inviato delle proposte al nuovo Esecutivo per superare il meccanismo della temporizzazione che, nel passaggio dagli Enti Locali allo Stato, non permette il riconoscimento per intero dell’anzianità di servizio pregressa. 

Il testo del documento

Ricapitoliamo le vicende legislative e processuali della nostra categoria, per proporre una soluzione equa.

  1. L’art. 8 della legge 124/1999 ha stabilito che il personale ATA (Assistenti Tecnici, Amministrativi e Collaboratori Scolastici) e ITP (Insegnanti Tecnico Pratici), dipendente dagli Enti Locali (Comuni e Province), che lo fornivano allo Stato, venisse trasferito alle dipendenze del MIUR, continuando a lavorare negli Istituti Scolastici in cui già prestava servizio a fianco dei colleghi già dipendenti del MIUR.

La norma aveva lo scopo di porre tutto il personale ATA e ITP alle dirette dipendenze dei Dirigenti Scolastici, nel nuovo sistema dell’Autonomia Scolastica.

Il comma 2 del suddetto art. 8, disponeva, saggiamente, che al personale trasferito venisse riconosciuta, ai fini economici e giuridici, l’anzianità maturata fino alla data del trasferimento, a conferma della continuità del rapporto di lavoro.

  1. Malgrado la chiarezza cristallina della norma, la procedura del trasferimento del personale ATA-ITP dagli Enti Locali allo Stato, che doveva essere attuata mediante appositi decreti ministeriali, ha violato la legge.

Infatti, con l’accordo stipulato il 20/7/2000 tra ARAN e CGIL-CISL-UIL-SNALS in attuazione del D.M.  184/1999 e con il successivo D.M. 5 aprile 2001, che ha recepito l’accordo medesimo, al personale ATA e ITP ex EE.LL., che era stato trasferito alle dipendenze del MIUR dall’1/1/2000, non è stata riconosciuta l’anzianità maturata fino al 31/12/1999 alle dipendenze degli Enti locali, ma è stata imposta un’anzianità fittizia, costruita mediante il complesso meccanismo della “temporizzazione” di una parte della retribuzione complessiva goduta nel 1999 presso l’Ente Locale di provenienza.

“Temporizzazione” significa trasformazione di una determinata retribuzione, percepita alle dipendenze degli Enti Locali, in anzianità di servizio da valere presso il MIUR dall’1/1/2000.

L’attribuzione di una determinata anzianità di servizio era ed è particolarmente importante nel Comparto Scuola, ove i dipendenti godono della progressione stipendiale in base all’anzianità maturata, passando dalla posizione stipendiale inferiore a quella superiore (le posizioni erano 0-2 anni di anzianità; 3-8; 9-14; 15-20; 21-27; 28-35; oltre 35 anni).

  1. Il risultato pratico di questa violazione della legge è stato il peggioramento sostanziale della condizione retributiva dei dipendenti trasferiti: invero, la “temporizzazione”parziale della loro retribuzione complessiva annua (non dell’intera retribuzione, essendo escluso il computo di elementi contrattuali molto rilevanti, quali l’indennità per la produttività individuale e collettiva) li poneva – automaticamente – in una condizione retributiva inferiore a quella goduta fino al 31/12/1999. Inoltre, il meccanismo della “temporizzazione”, così come attuato dall’Accordo ARAN-OO.SS, aveva l’effetto di riconoscere alla massima parte degli ATA e ITP trasferiti un’anzianità inferiore, spesso molto inferiore, a quella effettivamente maturata.
  1. Dal 2001 al 2005 furono proposte migliaia di cause per affermare il diritto del personale ATA e ITP al riconoscimento dell’anzianità effettivamente maturata fino al 31/12/1999, superiore a quella “fittizia e temporizzata” in base all’Accordo ARAN-OO.SS. Quasi tutti i giudici di merito e soprattutto la Corte di Cassazione – con tutte le sue sentenze emanate nel 2005[1]- accolsero i ricorsi dei lavoratori e condannarono il MIUR a riconoscere loro la maggiore anzianità di servizio e le relative posizioni stipendiali e differenze
  1. Con la Legge Finanziaria per il 2006 (L. 266/2005, art. 1, c. 218) il governo Berlusconi impose una norma “interpretativa”, in realtà assolutamente innovativa, dell’art. 8, c. 2, della L. 124/1999, allo scopo di dare forza di legge al metodo della “temporizzazione”introdotto contra legem dall’Accordo ARAN-OO.SS e dal D.M. 5 aprile 2001 che lo aveva recepito[2].
  1. A seguito del “comma 218” della finanziaria 2006, lo Stato, che era parte in causa in migliaia di processi e li stava inesorabilmente perdendo, ha rovesciato le carte in tavola, riuscendo a vincere tutti i procedimenti decisi fino al 2011[3].
  1. Il comportamento dello Stato Italiano è stato sanzionato dalle Corti europee. Infatti, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con le sentenze “Agrati” del 2011 e 2012 e altre in seguito, ha stabilito che il “comma 218” dell’art. 1 della L. 266/2005 era in contrasto sia con i principi della parità delle armi e dell’equo processo (art. 6 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) che vieta al potere governativo/legislativo di interferire nelle cause in cui lo Stato è parte processuale, sia con l’art. 1 del protocollo 1 alla suddetta Convenzione, che tutela la proprietà (diritto acquisito e fondata aspettativa di ottenerlo).Dal canto suo, la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza “Scattolon” pronunciata il 6/9/2011, a seguito di rimessione della questione da parte del Giudice del Lavoro di Venezia, dichiarava che il trasferimento del personale ATA-ITP dagli Enti Locali era assimilabile al ”trasferimento d’azienda,con le conseguenti tutele per i diritti retributivi dei lavoratori trasferiti, a sensi della Direttiva 77/187/CE e dall’art. 2112 cod. civ.
  1. Le due sentenze delle Corti Europee contraddicevano in toto le tesi sostenute dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione italiane, che avevano affermato con le sentenze emanate nel 2007, 2009 e 2010 che: a) il “comma 218” non violava la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo; b) che il trasferimento del personale ATA-ITP dagli EE.LL. allo Stato non ricadeva nella sfera d’applicazione della Direttiva 77/187/CE sul “trasferimento d’azienda”, con la conseguente mancanza di tutela per i lavoratori, la cui retribuzione poteva quindi peggiorare a causa del trasferimento.
  1. A questo punto, lo Stato Italiano avrebbe dovuto adeguarsi alle sentenze europee, ma non lo ha fatto.

Avrebbe potuto e dovuto abrogare il “comma 218” e ripristinare il testo originario dell’art. 8, L. 124/1999, riconoscendo al personale ATA-ITP l’anzianità effettivamente maturata fino al 31/12/1999.

Oppure, avrebbe potuto applicare correttamente la sentenza “Scattolon”, cui si era subito uniformata la Corte di Cassazione dalla fine del 2011 in avanti, riconoscendo ai lavoratori trasferiti il diritto a non subire un “peggioramento retributivo sostanziale”, come quello loro imposto dall’Accordo ARAN-OO.SS del 20/7/2000, che “temporizzava” una parte sola della loro retribuzione e non la retribuzione complessiva.

Tra l’altro, il“comma 218”prevede proprio la“temporizzazione della retribuzione complessiva annua”,come riconosciuto dalla stessa Corte di Cassazione, che dal 2011 si è adeguata alla sentenza Scattolon della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[4]: si trattava, quindi, di una dovuta applicazione della legge in vigore.

  1. Lo Stato, tuttavia, non ha fatto né l’una né l’altra cosa. Ha mantenuto l’inquadramento del personale ATA-ITP nei ruoli del MIUR, a far data dall’1/1/2000, in base ai decreti emanati dai Dirigenti Scolastici che avevano fatto applicazione dell’Accordo ARAN-OO.SS. (peraltro dichiarato a più riprese nullo dalla Corte di Cassazione[5]). Di più – sempre in base a tale Accordo nullo – ha preteso il rimborso delle differenze retributive a suo tempo corrisposte al personale che aveva vinto, in primo o secondo grado, le cause promosse tra il 2001 e il 2005.
  1. Per tutti questi motivi, in tutti questi anni, il personale ATA-ITP ex EE.LL. si è sentito umiliato e preso in giro: sia perché abbiamo subito un metto peggioramento retributivo (circa il 7-10% della nostra retribuzione annua 1999 è stato perso) sia perché – a parità di anzianità e di professionalità con i colleghi provenienti dallo Stato – ci siamo visti riconoscere un’anzianità fittizia e inferiore, con conseguenze economiche e normative peggiorative e la concreta sensazione di essere considerati – all’interno del MIUR – come personale di Serie B.
  1. A questo punto, per “rimettere le cose a posto”, noi – in rappresentanza del personale ATA-ITP ex Enti locali chiediamo al Parlamento di porre fine a questa quasi ventennale ingiustizia.
  1. Proponiamo a questo scopo che, in applicazione delle “sentenze Agrati” e della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, venga abrogato il “comma 218” che aveva (falsamente) “interpretato” l’art. 8, c. 2, della L. 124/1999, con la conseguente ricostruzione delle carriere in base all’anzianità da noi maturata effettivamente alla data del 31/12/1999.
  1. Alternativamente, proponiamo che la Camera affermi che il “comma 218” deve essere applicato rispettando l’art. 2112 del Cod. Civ. e la direttiva 77/187/CE “sul trasferimento d’azienda”, senza peggioramenti retributivi per il personale trasferito alle dipendenze del MIUR, e quindi effettuando la“temporizzazione” della retribuzione complessiva annua goduta alle dipendenze dell’Ente Locale prima del nostro trasferimento al MIUR e non solo la “temporizzazione” di una parte della retribuzione, come previsto dall’Accordo ARAN-OO.SS. 

IL COMITATO NAZIONALE ATA-ITP EX ENTI LOCALI

[1] Vedi tra le altre sentenze: Cassazione Lavoro n. 3224/2005, 18652/2005 e 18829/2005.

[2]Il testo dell’art. 1, c. 218, L. 266/05 è il seguente: “Il comma 2 dell’articolo 8 della legge 3 maggio 1999, n. 124, si interpretanel senso che il personale degli enti locali trasferito nei ruoli del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) statale e’ inquadrato, nelle qualifiche funzionali e nei profili professionali dei corrispondenti ruoli statali, sulla base del trattamento economico complessivo in godimento all’atto del trasferimento, con l’attribuzione della posizione stipendiale di importo pari o immediatamente inferiore al trattamento annuo in godimento al 31 dicembre 1999”.

[3]Vedi per tutte la sentenza n. 677/2008 della Corte di Cassazione – sezione lavoro.

[4]La Cassazione, infatti, dopo la sentenza Scattolon ha stabilito che: “il legislatore, come precisato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza del 6 settembre 2011 in procedimento C-108/10, deve attenersi allo scopo della direttiva 77/187/CEE, consistente “nell’impedire che i lavoratori coinvolti in un trasferimento siano collocati in una posizione meno favorevole per il solo fatto del trasferimento”. Ne consegue che, anche in tale fattispecie, il giudice di merito deve valutare, ai fini dell’esercizio del potere-dovere di immediata applicazione della norma europea provvista di effetto diretto, se, all’atto del trasferimento, il lavoratore abbia subito un peggioramento retributivo sostanziale rispetto alla condizione goduta immediatamente prima del trasferimento, nei sensi sopra indicati.”Vedi per tutte Cassazione civile, sez. lav., 05/05/2017, n. 11024.Il peggioramento retributivo sostanziale è stato determinato proprio dall’Accordo ARAN-OO.SS che ha escluso dalla retribuzione da temporizzare elementi contrattuali rilevanti, quale l’indennità di produttività.

[5] Vedi Cassazione Sezione Lavoro 18652/2005 e 4045/2012. Sulla natura non interpretativa bensì innovativa del comma 218 vedi Cassazione Sezioni Unite n. 17076/2011 che recita: “la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 218, si qualificava di interpretazione, ma in realtà non aveva il contenuto effettivo di interpretazione autentica perché vi era un assai marcato scarto di contenuto rispetto alla disposizione interpretata (L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 8, comma 2). Quest’ultima si limitava a riconoscere tout court al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) del settore scuola, che era stato trasferito dall’ente locale all’Amministrazione statale, “l’anzianità maturata presso l’ente locale di provenienza “ai fini giuridici ed economici”, mentre la disposizione di interpretazione aveva un contenuto ben più dettagliato e nient’affatto estraibile come significato plausibile dalla disposizione di interpretazione”).

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