Assenze docenti e Ata: aspettativa per ragioni personali, di famiglia e di studio

WhatsApp
Telegram

Assenze docenti e Ata: pubblichiamo il manuale a cura di Paolo Pizzo con la normativa riguardante l’aspettativa per ragioni personali, di famiglia e di studio.

Normativa

Tra le cause di sospensione del rapporto di lavoro l’art. 18 del CCNL del 29.11.2007, relativo al personale del comparto Scuola, prevede anche l’aspettativa per motivi personali o familiari.

La disciplina contrattuale così dispone:

  • comma 1: L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA. L’aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7
    del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell’incarico.
  • comma 2: Ai sensi della predetta norma [comma 1] il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca.

Personale interessato

Ai sensi del comma 1 dell’art. 18 e del comma 3 dell’art. 19 del CCNL del 29.11.2007 l’aspettati può essere richiesta da tutto il personale assunto a tempo indeterminato e determinato. Quest’ultimo purché abbia un contratto al 30/6 o 31/8 (l’aspettativa è concessa limitatamente alla
durata dell’incarico).

Rientrano nei beneficiari anche i docenti di religione incaricati con orario di cattedra o equiparato,
nonché quadriennio di servizio.

Per il personale assunto a tempo indeterminato l’aspettativa può essere concessa anche durante l’anno di prova e di formazione. Naturalmente, il periodo di aspettativa per motivi personali, familiari e di studio concesso al dipendente avrà l’effetto di prolungare il suo periodo di prova.

Durata

Ai sensi dell’art. 69 e 70 del D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 l’aspettativa per ragioni di famiglia, personali e di studio può essere richiesta senza soluzione di continuità o per periodi frazionati.

  • Se fruita senza soluzione di continuità, non può avere una durata superiore a 12 mesi.
  • Se fruita per periodi spezzettati o frazionati non può superare in ogni caso, nell’arco temporale di un quinquennio, la durata massima di 30 mesi (912 gg.=365+365+182).
  • Per motivi particolarmente gravi si può chiedere un ulteriore periodo di 6 mesi.

Ci si riferisce a periodi come da “calendario” indipendentemente dall’a.s. scolastico di riferimento.

Come si calcola il quinquennio

Per il computo del quinquennio occorre operare come segue:

– partendo dalla data di inizio del periodo di aspettativa attuale, risalire indietro di 5 anni (si contano 5 anni di calendario a ritroso);

– sommare tutti i giorni di aspettativa effettuati nel quinquennio;

– aggiungere alla suddetta somma i giorni relativi all’aspettativa attuale.

Il risultato ottenuto permette di individuare il numero di giorni di aspettativa effettuati, ai fini del computo del limite.

6 mesi di carattere eccezionale

All’impiegato, che abbia raggiunto i limiti previsti dalla legge e ne faccia richiesta, può essere concesso un ulteriore periodo di aspettativa senza assegni di durata non superiore a 6 mesi.

Si tratta di 6 mesi di proroga “eccezionali” i quali sono previsti sia nell’ipotesi di superamento dei limiti di aspettativa continuativa o cumulabile (il caso dei 12 mesi che diventano 18), sia nell’ipotesi di superamento del limite di due anni e mezzo in un quinquennio (i 30 mesi che diventano 36).

Periodi oltre i 12 mesi: sono richiesti 6 mesi di servizio attivo (con esempi)

L’art. 70 del DPR 3/57 dispone che due aspettative inferiori all’anno si considerano un unico periodo se il periodo di lavoro tra essi non supera i 6 mesi.

Quindi, l’aspettativa per motivi personali o di famiglia viene attribuita, come detto, per un periodo massimo di 12 mesi, da fruire in maniera continuativa o frazionata:

  • due periodi di aspettativa intervallati da servizio attivo inferiore a 6 mesi, si sommano fino al limite massimo dei 12 mesi possibili (in questo caso, i periodi, anche se separati, si considerano come “continuativi”);
  • se il servizio attivo è superiore ai 6 mesi il computo massimo dei 12 mesi ricomincia daccapo (ovviamente sempre nei limiti complessivi dei 30 mesi e temporale del quinquennio).

Resta ovviamente ferma la possibilità di fruire dei 6 mesi di carattere eccezionale.
Chiariamo con degli esempi.

1)
– da settembre 2019 a febbraio 2020: 6 mesi di aspettativa.
– rientro in servizio a marzo 2020.
– il dipendente richiede un nuovo periodo di aspettativa di 2 mesi maggio – giugno.

I 6 mesi precedenti (sett-febb.) si sommano ai 2 successivi (maggio-giugno) per un totale di 8 mesi, anche se il dipendente è rientrato in servizio subito dopo il primo periodo. Tale rientro in servizio, però, è inferiore ai 6 mesi.

Al dipendente rimangono così solo altri 4 mesi (fino al raggiungimento dei 12 possibili) se, per esempio, volesse richiedere un nuovo periodo di aspettativa tra luglio-dicembre 2020 in quanto non vi è un rientro in servizio attivo di almeno sei mesi.

Rimane comunque la possibilità di fruire di ulteriori 6 mesi (4 rimanenti + 6) di carattere eccezionale anche prima che siano trascorsi i sei mesi di servizio attivo, da arrivare così ad un totale di 18 mesi (12+6).

2)
– da settembre 2019 ad agosto 2020: 12 mesi continuativi di aspettativa.
– rientro a settembre 2020.

Al dipendente possono essere concessi nuovamente 12 mesi di aspettativa (in modo continuativo o frazionato, per come espresso nell’esempio precedente), solo se vi è un servizio attivo di almeno 6 mesi (quindi il dipendente deve essere in servizio fino ad almeno febbraio 2021) altrimenti non è possibile fruire di ulteriori mesi riferiti all’aspettativa per motivi personali, familiari e di studio. In questo esempio, quindi, il dipendente non potrebbe essere collocato in aspettativa fino ad almeno febbraio 2021.

Qualora dopo tale data ci fosse una richiesta del dipendente, la scuola dovrà valutare se ci sono stati i 6 mesi di servizio attivo ovvero che la continuità del servizio attivo non sia stata interrotta da altre assenze. In quest’ultimo caso, il servizio attivo dei 6 mesi ricomincia ex novo al termine dell’assenza che l’ha interrotto.

Rimane comunque la possibilità di fruire di ulteriori 6 mesi (12 già fruiti + 6) di carattere eccezionale anche prima che siano trascorsi i sei mesi di servizio attivo, da arrivare così ad un totale di 18 mesi (12+6).

Cosa si intende per servizio attivo

Se il dipendente riprende servizio al termine del periodo di aspettativa, deve intercorrere un intervallo minimo pari a 6 mesi di servizio attivo, prima di poter chiedere un nuovo periodo di aspettativa, sempre per motivi personali o di famiglia. Rientrano nel “servizio attivo”, oltre alla presenza “fisica” in servizio anche particolari assenze retribuite e che comportano la maturazione dell’anzianità di servizio:

  • le ferie e i cosiddetti “recuperi delle festività soppresse”;
  • i giorni di assenza per terapia parzialmente/temporaneamente invalidanti;
  • gli scioperi;
  • i permessi sindacali retribuiti (quindi anche i permessi retribuiti per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza);
  • il distacco sindacale;
  • l’interdizione dal lavoro, i congedi di maternità e paternità, i congedi parentali, i congedi per malattia del bambino, i riposi giornalieri (quindi anche i permessi giornalieri) previsti dal D.Lgs. 26/03/2001, n. 151;
  • i permessi ex legge 104/1992.

La malattia non può invece essere considerata “servizio attivo”.

Procedimento della richiesta e le valutazioni del dirigente

Il CCNL Scuola e la legge di riferimento non disciplinano il procedimento per la richiesta e per la concessione, anche parziale o dilazionata nel tempo, o il diniego dell’aspettativa per motivi personali, familiari e di studio, assicurando il contraddittorio tra il dipendente e il datore di lavoro e il contemperamento delle rispettive esigenze.

Il dipendente

Tempi di richiesta

La richiesta deve essere presentata sempre con congruo anticipo rispetto alla data di inizio dell’aspettativa, come indicata dal dipendente, anche in relazione ad eventuali termini di preavviso stabiliti in sede di regolamento interno o di contrattazione integrativa di istituto, salvo il caso di
situazioni particolari o di urgenza, in modo da consentire al dirigente di procedere alle necessarie valutazioni e predisporre gli eventuali interventi organizzativi necessari per rimediare alle ricadute della prevista assenza del dipendente interessato (compresa la nomina di un supplente).

I motivi a supporto della richiesta

Il dipendente istante è tenuto a prospettare le esigenze familiari, personali o di studio da soddisfare. Tali esigenze devono essere prospettate (ed eventualmente documentate) da parte del dipendente, come si desume dal fatto che la menzionata disposizione richiede al riguardo innanzitutto la
presentazione di “motivata domanda”.

Cosa si intende per “motivi familiari o personali”

Si intendono tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola (Corte Conti,
sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415).

L’ARAN ha avuto anche modo di precisare che, ai fini della concessione dell’aspettativa, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’Amministrazione di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.

Autocertificazione

Non è comunque previsto nella norma l’obbligo di documentazione, pertanto il dipendente ha sì la responsabilità di evidenziare le esigenze familiari e personali o di studio a fondamento della istanza, ma dette esigenze potranno essere motivate e giustificate anche con autocertificazione.

Il dirigente scolastico

Tempi di concessione e revisione della domanda

Non sono indicati nel CCNL o nella legge di riferimento. Tutto il procedimento, di norma, non dovrebbe superare i 30 gg. dalla richiesta.
Pertanto, il dirigente dovrebbe, entro 10 giorni dalla richiesta della aspettativa, esprimersi sulla stessa e comunicarne l’esito al dipendente. In caso di dinieghi, su richiesta del dipendente, la domanda dovrebbe essere riesaminata nei successivi 20 giorni. Il dirigente assicura l’uniformità  delle decisioni avuto riguardo alla prassi adottata e alla situazione organizzativa della pubblica amministrazione.

Concedere parzialmente, differire e revocare

In presenza di una richiesta di aspettativa, il dirigente può anche concederla per un periodo minore rispetto a quello indicato dal lavoratore, differire nel tempo l’accoglimento, sempre che tale differimento sia comunque utile per il dipendente o disporre anche la revoca dell’aspettativa già concessa.
Eventuali dinieghi, differimenti o revoche: solo qualora sussistano motivate
esigenze di servizio Il dirigente, nella gestione dell’istituto, si attiene a comportamenti conformi ai generali principi di correttezza e buona fede tentando ogni possibile soluzione per contemperare le proprie esigenze
organizzative con quelle dei dipendenti ed evitando ogni possibile forma di discriminazione o di disparità di trattamento, da ritenersi sicuramente illegittime in presenza di medesimi presupposti, tra i dipendenti.

L’eventuale diniego, o la proposta di rinvio a un periodo successivo e determinato, o la concessione parziale dell’aspettativa, o la successiva revoca, devono essere sempre motivati, per iscritto, con la indicazione specifica delle prioritarie esigenze di servizio da tutelare e che ostano alla fruizione, totale o parziale, dell’aspettativa come richiesta dal dipendente. Per quanto riguarda la revoca, ci dovrebbe essere un minimo di preavviso di almeno quindici giorni.

Attenzione!

L’eventuale diniego motivato, per iscritto, potrà addurre esclusivamente motivazioni in ordine alle esigenze di servizio e mai entrare nel merito delle esigenze personali o familiari di richiesta dell’aspettativa le quali non competono al dirigente, ma rientrano esclusivamente nella autonoma
sfera personale del dipendente.

Interruzione dell’aspettativa

La contrattazione collettiva e la legge non prevedono fattispecie interruttive dell’aspettativa. Secondo l’ARAN, la malattia insorta durante un periodo di aspettativa non interrompe l’aspettativa medesima, anche se ha dato luogo a ricovero ospedaliero.

Maternità o gravi patologie

Tuttavia, nella particolare ipotesi del congedo per maternità, l’aspettativa deve ritenersi interrotta, così come si deve ritenere possibile l’interruzione nell’ipotesi di gravi patologie che determinano lunghi periodi di assenza, atteso che tale situazione genera impossibilità di assolvere a doveri
lavorativi e a svolgere prestazioni specifiche non giustificabili con l’aspettativa.

Se vengono meno i presupposti

È sicuramente causa di interruzione e revoca qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione. In questi casi il dirigente invita il dipendente a riprendere servizio. Anche il dipendente, per le stesse motivazioni, può riprendere servizio di propria
iniziativa, dandone preventivo avviso al dirigente.

Rientro anticipato del titolare

Di norma l’aspettativa potrebbe essere interrotta solo per cause “oggettive”. Tuttavia non è escluso che il lavoratore possa rientrare anche anticipatamente al lavoro dandone preventiva comunicazione al dirigente. In questi casi, anche se la norma non lo prevede, ci dovrebbe essere un preavviso di almeno sette giorni. Il dirigente può comunque consentire il rientro anticipato anche in presenza di preavviso inferiore a sette giorni.
Si ricorda che nei casi di “rientro anticipato” il titolare tornerà in servizio a scuola a disposizione e il supplente, rimarrà in servizio fino a scadenza naturale del contratto.

Effetti

L’impiegato in aspettativa non ha diritto ad alcun assegno. Il tempo trascorso in aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi di proroga eccezionale) non è computato ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza, salva la facoltà di riscatto o prosecuzione volontaria ai sensi delle vigenti disposizioni.

Per il personale assunto a tempo indeterminato il periodo non retribuito trascorso in aspettativa non è utile ai fini del servizio valutabile con punteggio specifico (compresa la continuità) nelle procedure
di mobilità e nella graduatoria interna per l’individuazione del personale soprannumerario, se l’assenza si protrae per più di 180 gg. nell’anno scolastico di riferimento.

Per il personale assunto a tempo determinato il periodo trascorso in aspettativa non è utile ai fini del punteggio per l’aggiornamento delle Graduatorie delle supplenze.

Cumulabilità con altri permessi e/o aspettative

L’aspettativa in questione può essere cumulabile con altri permessi o aspettative previsti dalla contrattazione integrativa e dalle altre disposizioni di legge.

Rientro in servizio tra un’aspettativa e l’altra

Il dipendente già collocato in altra aspettativa (es. altra esperienza lavorativa ecc.) non deve necessariamente rientrare in servizio per poter poi usufruire dell’aspettativa per motivi personali o di  famiglia, ma può, ricorrendone i presupposti e inoltrando con anticipo la richiesta, fruire dell’ulteriore aspettativa senza soluzione di continuità.

Analogo discorso vale per il dipendente già collocato in aspettativa per motivi personali, di famiglia o di studio che vuole chiedere altra tipologia di aspettativa.

Svolgimento di altro lavoro

Il dipendente collocato in aspettativa non potrebbe svolgere alcun tipo di attività lavorativa.

L’ARAN ha avuto modo di specificare che nessuna norma contrattuale consente, (o potrebbe consentire) al dipendente di poter instaurare un secondo rapporto di lavoro o lo svolgimento comunque, di altra attività di lavoro autonomo, anche di natura libero professionale, durante la
fruizione di periodi di aspettativa senza diritto alla retribuzione.

Il primo rapporto, infatti, con tutte le situazioni soggettive che vi sono connesse (ivi comprese le incompatibilità) sussiste ancora anche se in una fase di sospensione delle reciproche obbligazioni.

Il dipendente che fruisce dell’aspettativa è sottoposto al regime delle incompatibilità che vincolano tutti i pubblici dipendenti stabilite dall’art. 60 del T.U. N.3/1957, dall’art. 53 del D.Lgs. n.165/2001 e, per tutti i docenti, dall’art. 508 del D.Lgs. 297/1994.

Margini di compatibilità

L’art. 508 citato prevede che non si può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né si può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è
riservata allo Stato e sia intervenuta l’autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione. Oppure si può essere autorizzati all’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.

Più in generale la norma prevede che possono essere autorizzati altri incarichi di lavoro che rispondano a tali condizioni:

  • la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico. Sono, quindi, autorizzabili le attività non di lavoro subordinato esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite periodicamente e retribuite, qualora per l’aspetto quantitativo e per la mancanza di abitualità, non diano luogo ad
    interferenze con l’impiego;
  • il non conflitto con gli interessi dell’amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;
  • la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento.

In conclusione, sia il dipendente richiedente l’autorizzazione all’eventuale attività lavorativa da svolgere durante il periodo di aspettativa, sia il dirigente che dovrà accordare tale richiesta dovranno muoversi nel quadro normativo sopra riportato.

Una volta richiesta l’autorizzazione al dirigente e stabilito che non esiste regime di incompatibilità il dipendente potrà svolgere un “altro lavoro” durante il periodo di aspettativa non retribuita.

Manuale completo a cura di Paolo Pizzo

WhatsApp
Telegram

TFA sostegno IX ciclo. Segui un metodo vincente. Non perderti la lezione in sincrono a cura della Dott.ssa Evelina Chiocca sul Pei