Approvato DDL telecamere in classe, Lodolo D’Oria: pericolo decontestualizzazione e drammatizzazione immagini

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Con l’approvazione delle telecamere negli asili nido e nella scuola dell’infanzia, la politica dimostra di preferire, ancora una volta, la risposta demagogica alla vera soluzione del problema.

La miglior garanzia per la salvaguardia dell’incolumità degli alunni resta sempre la tutela della salute degli insegnanti e non certo l’installazione di nuove tecnologie o l’introduzione di sedicenti test psicoattitudinali di dubbia valenza.

Ulteriore problema è rappresentato da coloro che dovrebbero visionare e interpretare le immagini a circuito chiuso: si tratta di agenti delle Forze dell’Ordine che non hanno alcuna competenza in materia di educazione e insegnamento. Non sorprenda pertanto se episodi di contenimento di alunni disabili da parte di insegnanti di sostegno vengono scambiati per violenza e sopraffazione e se lo spazientito “Conto fino a tre!” di una maestra viene interpretato come atto di violenza e intimidazione. I metodi d’indagine fin qui utilizzati nella scuola sono gli stessi adottati contro mafiosi e malavitosi, avvalendosi di telecamere nascoste. Consistono nella produzione di prove basate su trailer di pochi secondi estratti da sequenze filmate di centinaia di ore (la cosiddetta “pesca a strascico”), nella decontestualizzazione degli episodi, infine nelle trascrizioni drammatizzate delle immagini (es. percosse anziché innocenti buffetti).

Non ci si dimentichi poi che le telecamere possono costituire al massimo un elemento di prevenzione secondaria e mai primaria (consentono cioè l’intervento a violenza oramai perpetrata). Da ultimo i tempi per addivenire a una sentenza definitiva, di assoluzione o di condanna, richiedono anni, spese, sofferenza e gogna mediatica per le maestre inquisite e le loro famiglie a causa dei tempi biblici della giustizia. Sarebbe soluzione molto più pratica quella di restituire al dirigente scolastico e ai suoi collaboratori il compito di vigilare sulle classi, come è stato fino a qualche anno fa. Ricordiamo infatti che le due principali incombenze medico-legali del dirigente scolastico consistono proprio nel tutelare la salute dei docenti e l’incolumità della piccola utenza. In una parola possiamo tranquillamente concludere che i problemi della scuola li deve affrontare la scuola medesima e non possono essere da questa delegati ad altre persone che sono completamente estranee al suo mondo.

La politica semmai si chieda perché negli ultimi 4/5 anni vi è stata un’esplosione di casi di “presunti maltrattamenti a scuola”.

Dopo aver osservato e studiato il fenomeno da vicino in molti procedimenti giudiziari da nord a sud del Paese voglio qui di seguito azzardare delle ipotesi di diversa natura ma tra loro compatibili:

  1. L’età delle maestre inquisite è nel 90% superiore ai 50/55 anni e, come tutte,sono costrette a seguire anche 29 bimbi fino ai 67 anni di età, pur non avendone più la forza. Tra i bambini vi possono poi essere disabili, piccoli “anticipatari” (dell’età di 2,5 anni), extracomunitari di diverse etnie senza alcun mediatore culturale. Oggi stiamo verosimilmente assistendo agli effetti collaterali della riforma Monti-Fornero che ha certamente la colpa di non aver analizzato, né considerato, la variabile “anzianità di servizio” e la conseguente malattia professionale che presenta una diagnosi psichiatrica nell’80% dei casi di inidoneità all’insegnamento per motivi di salute. Nessuno, stranamente, si chiede come mai le maestre inquisite comincerebbero a “terrorizzare” i bimbi dopo i 50 anni. E prima? Allora non è un problema di “indole malvagia”, ma casomai di esaurimento da Stress Lavoro Correlato che nessuno ha ancora contrastato o prevenuto nonostante lo imponga la legge (art. 28 DL 81/08).
  2. I metodi d’indagine per malavitosi e mafiosi sono assolutamente inadatti al mondo della scuola, come inadatti sono gli stessi inquirenti (tutti gli agenti delle Forze dell’Ordine fin qui coinvolti) che nulla conoscono dell’ambiente scolastico. Il ricorso a trailer dopo una “pesca a strascico” con le telecamere (che spesso dura mesi), la decontestualizzazione di episodi selezionati e la drammatizzazione nella trascrizione degli atti, non lasciano spazio a una difesa per le maestre stremate che seguono, da sole, fino a 25 bimbi. Gli stessi giudici (PM, GIP, Tribunale del Riesame etc) arrivano a conclusioni opposte se visionano solamente i trailer piuttosto che intere ore di immagini per non decontestualizzare gli episodi contestati.
  3. La smania dei massmedia di trattare episodi di cronaca nera che hanno grande presa sull’opinione pubblica desiderosa di fare giustizia a tutela dei piccoli e degli indifesi. Questo ingrediente porta a emettere sentenze popolari sommarie solo dopo aver letto un titolo e senza dare alcuna possibilità di difesa agli indagati, soprattutto quando emesse nei frequentatissimi talk-show televisivi con pubblico plaudente a comando.
  4. Il fatto che nessuno (politica, istituzioni, sindacati) intervenga a riguardo del problema suscita numerose perplessità. Perché il MIUR tace e non parla col MGG (Ministero di Grazia e Giustizia) spiegando che la scuola è cosa affatto diversa dalla malavita? Perché lo stesso MIUR non forma i dirigenti scolastici sulle proprie incombenze medico-legali? Perché la politica non finanzia la prevenzione di legge dello Stress Lavoro Correlato? Perché si trovano i soldi per finanziare inutili telecamere che serviranno solo ad aprire ulteriori contenziosi tra docenti e genitori? Perché si vuol distruggere la categoria professionale delle maestre nel preciso momento in cui si avverte la necessità di ulteriore fabbisogno educativo al punto da ipotizzare la reintroduzione della leva obbligatoria?

Invito pertanto tutti a fare il loro dovere e l’opinione pubblica a restituire piena fiducia alle nostre insegnanti, considerando sicure e formative le nostre scuole. Talvolta infatti sono proprio le maestre che arrivano a rappresentare per i piccoli quell’ancora di salvezza che neanche la famiglia riesce più a fornire.

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