Apprendimento scolastico come accrescimento

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Le prospettive da cui guardare la nostra scuola sono molteplici. Un luogo in cui appropriarsi di competenze specifiche, in cui creare e ampliare progressivamente il proprio bagaglio culturale, in cui abituarsi alle complesse dinamiche di gruppo caratteristiche dell’intera società, in cui diventare grandi e prepararsi alla vita adulta.

E ci sarebbero ancora tanti punti di vista possibili per osservarla e scandagliarla in tutte le sue potenzialità e nella globalità dei suoi obiettivi. Una cosa però li accomuna tutti, e cioè la base, il presupposto senza il quale nella scuola nulla è possibile, l’apprendimento.

Senza la capacità di apprendere, nessuno degli obiettivi che da sempre sono affidati alla scuola (e stiamo parlando di quella con la S maiuscola, uguale in ogni luogo del nostro pianeta) sarebbe raggiungibile e, per essere precisi, nemmeno lontanamente perseguibile.

Oggi sentiamo parlare tanto di apprendimento scolastico, e di frequente da prospettive focalizzate sulle problematicità. Eppure, la capacità di apprendere ci accompagna dall’istante in cui veniamo al mondo, non ci abbandona mai, è una grande potenzialità della nostra specie e, come tale, ha una connotazione prevalentemente positiva, perché ci permette di svilupparci e di evolverci momento dopo momento, costruendo la nostra identità.

Per soffermarci proprio su questa positività, su questo alone roseo che dobbiamo imparare a vedere intorno all’apprendimento dei nostri bambini, e poi ragazzi – ma anche di noi adulti – può essere utile leggere il nuovo articolo del professore Giovanni Campana, formatore per l’Associazione Docenti Italiani, pubblicato nella rubrica A scuola di emozioni di Edisesblog.

L’attenzione è tutta incentrata sull’apprendimento. Quello primario, immediato e spontaneo, che ha inizio in famiglia, ma anche quello secondario, più complesso e strutturato, che avviene a scuola, descritta come il luogo in cui “le nuove generazioni crescono per collegarsi gradualmente alla società adulta e prenderne parte”.

Apprendimento “come un viaggio, che comincia con l’avventurarsi in qualcosa di nuovo per poi ritornare a se stessi e ritrovarsi in una forma diversa, mai stravolta, sempre arricchita”. Non come un dovere dunque, né come un obiettivo scolastico e nemmeno come un fine da raggiungere anche a costo di rinunciare a se stessi. Piuttosto, come un accrescimento, un ritrovarsi, alla fine di ogni tappa, con un piccolo bottino che contribuisce alla costruzione della propria identità.

Qual è allora il ruolo dell’adulto in questo non facile percorso che tutti i bambini iniziano dal primo momento in cui vengono al mondo? E, in particolare, qual è il ruolo che deve svolgere l’insegnante quando questi piccoli entrano nel mondo della scuola?

Il professore Campana usa parole come “sostegno”, “mediatore” e lo fa all’interno di una relazione che risulta essenziale per la costruzione della fiducia indispensabile in ogni fase di apprendimento/accrescimento. La fiducia in se stessi e la fiducia negli altri, nella società che riconosce le nostre capacità e la nostra identità, di cui l’insegnante diventa il rappresentante, nella doppia veste di colui che propone l’esperienza di apprendimento e di colui che la riconosce e conferma.

E così, ancora una volta, la riflessione ci porta alla difficoltà del compito del docente, chiamato non solo ad avere delle alte competenze disciplinari, ma anche emotive, da trovare dentro di sé, per coinvolgere l’alunno non solo come studente, ma innanzitutto come persona che cresce.

Se vi abbiamo incuriosito, leggete Il ruolo delle emozioni nell’apprendimento scolastico e, se vi va, lasciate i vostri commenti.

Buona lettura!

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