APEF sul provvedimenti del Decreto Scuola. Una cura palliativa

Di Lalla
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APEF – Il 9 settembre il CdM ha varato un decreto di cui sono noti i contenuti illustrati in sintesi in un comunicato del MIUR ma non ancora il testo definitivo. Il grande risalto mediatico e la corsa all’accaparramento di "paternità" da parte della politica non ci impediscono, tuttavia, di cogliere il gap consistente tra le dichiarazioni e lo "spessore" dei provvedimenti contenuti e che, a nostro avviso, ci voglia altro per sostenere che con questi "l’Istruzione riparte".

APEF – Il 9 settembre il CdM ha varato un decreto di cui sono noti i contenuti illustrati in sintesi in un comunicato del MIUR ma non ancora il testo definitivo. Il grande risalto mediatico e la corsa all’accaparramento di "paternità" da parte della politica non ci impediscono, tuttavia, di cogliere il gap consistente tra le dichiarazioni e lo "spessore" dei provvedimenti contenuti e che, a nostro avviso, ci voglia altro per sostenere che con questi "l’Istruzione riparte".

C’è di positivo che, dopo anni di tagli, si sono stanziati complessivamente nel settore 400 milioni di euro aumentando le accise sugli alcoolici (il che è un buona cosa, almeno per la salute).

Questa cifra però non è minimamente confrontabile con gli oltre 8 miliardi tagliati nel settore nell’ultimo quinquennio, tutti a scapito di una buona didattica (classi stracolme, scuole date a reggenza, drastica riduzione dei fondi per le attività di sostegno all’offerta formativa etc…).

Noi riteniamo che due siano i punti nodali del tutto insufficienti per una pretesa e salvifica ripartenza: il primo è il mancato sostegno e la valorizzazione al lavoro degli insegnanti, vero cardine su cui si regge un buon insegnamento, core di una scuola efficace e certo la cifra di 10 milioni per il 2014 per la formazione di un corpo professionale che supera le 700.000 unità, può forse fare effetto se non fosse che in realtà si tratta di poco più di 14€ pro-capite, per una formazione che punta ad un rafforzamento delle competenze digitali, della formazione in materia di percorsi scuola-lavoro e a potenziare la preparazione degli studenti nelle aree a rischio socio-educativo!

Finalmente, però, si è concesso l’accesso gratuito dei docenti (se di ruolo) nei musei statali e nei siti di interesse archeologico. Cosa normale, da decenni in tutti i paesi della UE, tranne che da noi.

Nè può certo consolare il previsto piano triennale di immissioni in ruolo del personale docente se questo, come è stato ipotizzato, dovrà avvenire senza "maggiori oneri", il che vuol dire che i futuri docenti, per essere assunti, accetteranno di far lievitare il numero di anni del primo gradone stipendiale, cioè uno stipendio da precario per molti anni. Insomma il ruolo per un piatto di
enticchie, nel silenzio più o meno assordante dei sindacati.

Decreto Scuola: tutti i provvedimenti e i nostri approfondimenti 

Altro che valorizzazione della professione docente: se questa è la tendenza, l’equazione "tanto vali – tanto ti pago", relegherà ancor più l’insegnamento tra le professioni meno ambite e più ai margini della scala sociale e certamente meno appetibile per le "eccellenze". Un ufficio di collocamento per mano d’opera a basso costo.

Il secondo punto importante è il pasticcio dell’abrogazione del bonus maturità, approvato la mattina stessa in cui si svolgevano i tests di accesso universitari: se il bonus di Profumo era cervellotico, la toppa ci sembra più piccola del buco: primo perchè è scorretto cambiare le regole in corsa e secondo perchè il ruolo della Scuola è essenziale nella valutazione del percorso di studi.

Se non si vuole ridurre il lavoro di anni dei docenti ad una simulata e ad una semplice burocratizzazione il lavoro sulle certificazioni di competenze su cui il MIUR ha investito risorse e denaro pubblico, se non si vuole sminuire il lavoro sulla valutazione che l’Invalsi sta facendo, l’Apef ritiene che si debbano considerare per l’iscrizione alle facoltà universitarie il voto di maturità e il curriculum degli anni di studi. E se il problema è la disomogeneità geografica dei voti su scala nazionale, ci si risolva, una buona volta, ad istituire la terza prova nazionale all’Esame di Stato.

Quanto ai dirigenti troppo poco si sa su questo ritorno ad un reclutamento nazionale che tenta di mettere una toppa sulle note incresciose vicende dei concorsi, ma non si è risolta minimamente la drammatica situazione di centinaia scuole senza un dirigente a tempo pieno, non risolvibile nemmeno con gli esoneri dati ai vicari.

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