Anno prova neoassunti 2019-20, le competenze relazionali. Una griglia

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Anno prova neoassunti 2019-20. E’stata pubblicata la relativa nota ministeriale. Nulla di nuovo rispetto al modello formativo del 2015. Sono richieste diverse competenze. Il ruolo strategico  di quella relazionale.

Anno di prova neoassunti 2019-20, le competenze, ma la più importante è…

Anno di prova neoassunti 2019-20. Non cambia nulla rispetto al modello formativo elaborato nel 2015.

Sicuramente l’elemento più importante riguarda le competenze. Quindi non il sapere, o il saper fare, ma il saper essere. Ovviamente quest’ultimo necessità della materia prima   delle conoscenze e  delle abilità, che di fronte a situazioni concrete sono messe in gioco in un mix dove un ruolo strategico è assolto da quello che appassiona e dal fine che  si intende perseguire.

Fatta questa premessa le diverse competenze richieste al neo-assunto sono diverse: Si riferiscono all’area dell’insegnamento, dell’organizzazione e della professionalità. E’ impensabile, ora  ridurre tutte queste alla semplice trasmissione del sapere. Se questo corrispondesse al reale, il lavoro del docente sarebbe semplice e lineare. In passato questo era il modello prevalente, sintetizzato nel detto “Io insegno e tu impari”. Lo sfondo  era un modello di informazione che doveva passare direttamente dal docente all’allievo.

Oggi la relazione insegnamento/apprendimento è divenuta complessa, contaminata da aspetti relazionali, emozionali, motivazionali… che devono favorire il ben-essere della allievo, inteso prima di tutto come persona che si costruisce sulla trasmissione della fiducia e l’apprezzamento del sé, a prescindere dal rendimento scolastico.

In questo senso occorre intendere quanto dichiara il filosofo greco U. Galimberti: “L’insegnante deve insegnare. Per farlo serve una capacità empatica e comunicativa, la fascinazione. Se non apri il cuore, non apri nemmeno la testa delle persone. Gli insegnanti dovrebbero essere sottoposti a un test di personalità che valuti queste cose. Se uno non sa affascinare è meglio che cambi lavoro“.

Il ruolo strategico delle competenze relazionali

Il ragazzo divenuto adulto, quando ricorda il/la maestro/a o il professore/ssa quasi sempre lo ricorda per le sue qualità empatiche e relazionali, attraverso le quali sono passate informazioni  divenute sapere e saper fare, favorendo spesso quell’atteggiamento dell’imparare ad imparare o ad essere. In sintesi siamo di fronte a  quel profilo significativo teorizzato da Ausubel, dove la persona si basa sulla profondità conoscitiva data anche dalla rete concettuale.

Tale fascinazione che facilita l’unità percettiva tra il docente e l’allievo, portando quest’ultimo a considerare interessante quello che lo è per l’insegnante (Petter 1992)   si fonda anche sulla coerenza del docente. Scrive al riguardo Goleman (1995)“Quando le parole di un individuo non sono in armonia con quanto egli comunica con il tono di voce, i gesti o altri canali non verbali, la verità va ricercata nel come quell’individuo sta comunicando, non tanto in ciò che dice”

Una possibile griglia di microcompetenze relazionali

Scendendo di livello propongo un’ipotesi di percorso sull’acquisizione (mai definitiva) delle competenze relazionali. Indubbiamente lo strumento è il bilancio iniziale e finale delle competenze, dove il neoassunto certifica tra il primo e il secondo il grado di miglioramento professionale. Ovviamente le competenze relazionali dovranno proporsi in modo trasversale rispetto ai diversi step.

Si propone un  elenco delle microcompetenze (si fa per dire), tenendo  presente che la comunicazione è composta da un livello non verbale, paraverbale e contenutistico, ognuno dei quali incide sulla comunicazione rispettivamente per il 60%, il 30% e il 10%.

1) Ascoltare passivamente lo studente, evitando interruzioni, adottando una postura aperta, uno sguardo  e cenni che trasmettono attenzione…
2) ascoltare attivamente l’allievo utilizzando parafrasi incentrate sul contenuto e  o”restituendo” con interventi propri il substrato emotivo-affettivo della comunicazione;
2) osservare il singolo alunno e coglierne la personalità dai suoi messaggi – non verbali;
3) essere empatico (“sentire” se stessi e l’altro) e relazionarsi di conseguenza mettendo al centro l’interlocutore;
4) utilizzare una comunicazione adeguata ai bisogni dell’alunno/studente;
5) Usare uno stile comunicativo che  valorizzi gli aspetti positivi  della personalità del ragazzo e i traguardi realmente raggiunti;
6) curare la comunicazione non verbale (prossemica, postura, sguardo, mimica facciale, tono della voce…) e paraverbale (tono, timbro, volume della voce);
7) usare messaggi incentrati sull’ Io, piuttosto che sul Tu. Indubbio il vantaggio: si sposta l’attenzione dallo studente (valutazione negativa, rimprovero…) favorendo una riflessione aperta all’assunzione di responsabilità da parte dell’allievo.

Ovviamente l’elenco non è esaustivo. Rappresenta solo un canovaccio che può essere personalizzato, favorendo una relazione facilitante la realizzazione di un clima positivo in classe.

Anno prova neoimmessi 19/20: laboratori, attività online, visiting, ruolo tutor e dirigente. Nota Miur [ANTEPRIMA]

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