Anief conferma sciopero e manifestazione di martedì 11 settembre anche per i docenti esiliati

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Anief – L’inizio dell’anno scolastico si preannuncia quanto mai incerto e denso di problematiche irrisolte: nei giorni di ripresa delle lezioni, il Parlamento potrebbe risolverne diverse, perché sarà chiamato ad esprimersi sul futuro professionale di 150 mila docenti abilitati che, ad un passo dalla stabilizzazione, per colpa delle scelte sbagliate del Governo, si apprestano ad essere ricacciati nelle graduatorie d’istituto, attraverso le quali la continuità didattica e la sottoscrizione delle supplenze annuali diventano un terno all’otto.

Per opporsi a questo scenario, con l’aggravante di lasciare scoperte decine di migliaia di cattedre, perché i docenti ci sono ma vengono collocati nelle graduatorie sbagliate, l’Anief ha organizzato per martedì prossimo, 11 settembre, uno sciopero nazionale con contestuale sit-in a Roma, davanti alla Camera dei deputati, dove in quelle stesse ore inizierà l’esame in Aula, a partire dalle ore 11.00, del decreto Milleproroghe contenente nuovi emendamenti salva-precari. Tra questi, ci saranno anche quelli rivolti alla riapertura delle GaE: un’operazione chiave, che garantirebbe la stabilizzazione di tantissimi docenti già selezionati e formati, oltre all’assegnazione di oltre 110 mila posti vacanti, la metà dei quali di sostegno, che altrimenti rischiano di rimanere scoperti.

La piattaforma sindacale che ha portato allo sciopero contiene anche altre inadempienze, mancanze e diritti lesi dei lavoratori: si va dagli stipendi più bassi dell’area Ocse, alla mancata assunzione a tempo indeterminato dei precari che hanno prestato servizio con contratti a tempo determinato per almeno 36 mesi su posti vacanti e disponibili, come previsto dalla Direttiva del Consiglio UE del 28 giugno 1999/70/CE e dalla sentenza Mascolo della Corte di Giustizia europea del 26 novembre 2014. Si chiede poi di cancellare il ricorso allo strumento dell’invarianza finanziaria che blocca lo stipendio dei neoassunti al livello minimo per i primi otto anni di carriera, di cancellare gli scempi della riforma Buona Scuola, che l’attuale Governo ha solo scalfito, lasciando in vita il bonus merito, l’alternanza scuola-lavoro che sfrutta gli studenti delle superiori, per non parlare dei goffi tentativi di riforma del sostegno e della scuola fino a 6 anni, oltre alle tante altre norme dannose.

Tra queste figura l’impossibilità per i neo-assunti di avvicinarsi a casa, dopo essere stati costretti ad accettare l’immissione in ruolo in scuole lontanissime dalla loro residenza, spesso in altre regioni. Anziché risolvere il problema, introducendo regole più semplici e favorevoli al ricongiungimento familiare nel nuovo contratto triennale sulla mobilità, come previsto dal diritto della famiglia che contempla il ricongiungimento ai figli e agli affetti, da contemperare al diritto al lavoro, il Ministro dell’istruzione, Marco Bussetti, starebbe lavorando su un disegno di legge di tenore opposto: vuole imporre, in pratica, il vincolo quinquennale legato alla residenza lavorativa per gli insegnanti neo-immessi in ruolo.

“Approvare un progetto legislativo di questo genere – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – significherebbe normare il ricatto imposto della Legge 107 del 2015 che ha costretto oltre 10 mila docenti a spostarsi anche a mille chilometri da casa, senza alcuna certezza di tornare dai propri figli, affetti e genitori, se non nel lungo periodo. Invece, la soluzione per evitare tutto questo c’è. Siccome nel 90% dei casi si tratta di docenti precari delle regioni meridionali, se si mettono a disposizione i posti in organico di diritto, anche quelli furbescamente nascosti in quello di fatto, e contestualmente si aumenta il tempo pieno al Sud, possiamo far rientrare gli insegnanti trasferiti al Nord o in regioni diverse da quelle scelte per colpa dell’algoritmo impazzito e di regole discriminatorie scelte dagli altri sindacati, con le scellerate fasi a), b) e c) della Buona Scuola. Martedì ci fermeremo e scenderemo in piazza anche per questo motivo”, conclude Pacifico.

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