Alternanza scuola lavoro, funzionava meglio prima dell’obbligo. Lettera

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Inviato da Prof. Vincenzo Lolli – Prima della legge sulla Buona Scuola, l’Alternanza Scuola Lavoro stava diventando una prassi formativa, non obbligatoria, sempre più presente e sempre più apprezzata nel mondo scolastico e del lavoro.

Si trattava di un processo di implementazione naturale e compatibile con quelle che erano le caratteristiche dei singoli Istituti e con le esigenze e le concrete opportunità offerte dal tessuto economico locale.

L’obbligo imposto dalla Buona Scuola di effettuare l’alternanza con elevati plafond orari ha stravolto i processi che erano in atto creando un’emergenza che ha prodotto politiche distorsive nella definizione, progettazione e attuazione dei percorsi di alternanza. La necessità di rispettare il plafond orario ha, nei fatti, portato le scuole a considerare come alternanza scuola lavoro qualsiasi attività didattica diversa da quella più tradizionale. Sotto questo punto di vista l’obbligo ha prodotto almeno l’effetto positivo di favorire forme didattiche alternative e innovative. Ma nessun progetto, per quanto innovativo e pratico, può essere di per sé considerato come ASL.

Un’escursione in montagna, un viaggio d’istruzione, un lavoro di gruppo, la partecipazione a un dibattito favoriscono senza dubbio lo sviluppo delle cosiddette soft skills, sempre più apprezzate dal mondo del lavoro, ma non per questo rappresentano di per sé un’esperienza di ASL. L’errore più frequente è quello di considerare le attività didattiche innovative come delle esperienze di alternanza scuola lavoro. In alcuni casi si è giunti addirittura a conteggiare nell’ alternanza scuola lavoro le ore di lezione svolte per i normali programmi disciplinari solo perché gli argomenti avevano una qualche attinenza con le competenze, hard o soft, richieste dal mondo del lavoro.

In realtà, le scuole sono state costrette a questi “escamotage” per rispettare l’obbligo del monte ore previsto dalla legge. Prassi comprensibili, viste le difficoltà a trovare sufficienti contesti lavorativi reali disponibili a ospitare gli studenti. Questi escamotage, però, non possono diventare le prassi con le quali realizzare l’esperienza di alternanza. Le scuole non devono rinunciare a perseguire l’implementazione di veri e propri percorsi di alternanza scuola lavoro coerenti con i profili in uscita.

Una vera esperienza di ASL è, anche secondo i regolamenti ministeriali, un’esperienza in un CONTESTO LAVORATIVO REALE (o in subordine con modalità dell’impresa simulata) progettata, svolta, verificata e valutata sulla base di una convenzione con aziendeospitantie/o con le associazioni che le rappresentano e/o conEnti territoriali vari. Questo non vuol dire che tutte le ore debbano essere spese presso il soggetto esterno. Coerentemente con la normativa, si possono anche prevedere altre attività svolte scuola, purché strettamente connesse e funzionali all’esperienza centrale che avviene nel contesto lavorativo e come tali, necessariamente, previste e regolamentate dalla convenzione con l’impresa o ente esterno. Ancora meglio se direttamente proposte, progettate e gestite dal soggetto esterno.

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