Altamore (ex responsabile scuola PD-Sicilia), Riforma “buona scuola” non era il programma elettorale del PD. Ecco perché mi sono dimessa.

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Caterina Altamore è stata per molto tempo responsabile Scuola del PD. Poche settimane fa la decisione di dimettersi dal suo incarico, con una lettera di commiato piena di disincanto e amarezza.

Altamore, lei si è sentita trattata come un’avversaria perché portatrice di un punto di vista dissonante con quello dominante. Dovrebbe essere ordinaria amministrazione in un partito la dialettica tra le varie correnti, cosa c’è stato di diverso nel suo caso?

“La mancanza di dialettica, di confronto, in un Partito – non tanto fra le correnti, che molto spesso sono polarizzazioni nate per la semplice gestione del potere piuttosto che per la condivisione di programmi e progetti – non può che condurre alla sua atrofizzazione e la sua conseguente scomparsa. La Politica con la p maiuscola ha bisogno di altro, ha bisogno di affrontare i grandi temi del paese, nutrendosi del vivace dibattito, importante prerogativa di un grande Partito. Appiattire il confronto al semplice scontro tra persone, in cerca di qualche poltrona, distrae dall’obiettivo principe della politica: trasformare l’esistente per il bene della collettività. Ho assistito troppo spesso a scontri e aggressioni violente dettate esclusivamente da livori personali, che sono spesso sfociati nella totale mancanza di rispetto verso le persone. Le opinioni possono dividere, il rispetto e l’educazione devono essere il terreno comune dell’agire politico”.

Sulla Legge 107 quali erano, quali sono le sue maggiori perplessità?

“Sulla legge 107 mi sono espressa più volte e in più occasioni. Premetto che grazie a questa legge sono stati assunti moltissimi precari, garantendo maggiore stabilità alla Scuola. Ma è pur vero che dal piano straordinario di assunzione sono stati esclusi anche molti altri docenti: i precari delle GAE, della scuola dell’infanzia, il personale ATA.

Ho preso parte ai lavori progettuali di Terrasini, offrendo il mio contributo, nonostante da subito emergessero alcune criticità. E, da allora, ho sempre sottolineato e detto a gran voce quanta instabilità e confusione avrebbe determinato questa legge. Sarebbe bastato ascoltare il sentimento diffuso di disagio, di ingiustizia, oltre ai conflitti e al caos conseguenti l’approvazione della riforma. Un caso su tutti: la carenza di docenti in molte scuole rattoppata alla male in peggio con assegnazioni provvisorie molto poco sistemiche. In sostanza, la legge 107 non ha affrontato tutte le criticità della Scuola, così come invece avrebbe dovuto e potuto fare, e ha ancora una volta abdicato alla delega al Governo il compito di riordinare un mondo complesso e strategico come quello della formazione.

È trascorso tutto il tempo utile per la definizione delle Deleghe, diciotto mesi, e oggi leggiamo i nuovi provvedimenti che ci appaiono frettolosi, approssimativi, e in alcuni casi, come le deleghe per l’integrazione scolastica, ci sembrano dei collage che non migliorano né snelliscono, incapaci di apportare significativi cambiamenti dal punto di vista culturale. Le deleghe propongono iter farraginosi che tendono a peggiorare e ad appesantire il sistema, già sovraccarico di adempimenti, che non aiutano il compito degli insegnanti. Poi , vi sono pericolosi passi indietro rispetto a diritti che dovranno essere oggetto di modifiche.

Nonostante le commissioni stiano esprimendo il loro parere, e sembra stiano accogliendo alcune proposte che vengono dalla base, permangono elementi di forte criticità: dopo 40 anni dall’introduzione del processo inclusivo per gli alunni con disabilità, pur sapendo che tutti i docenti firmano lo stesso contratto,  che senza una adeguata formazione di tutto il personale docente le micro espulsioni diverranno sempre più numerose; che tutto ciò legittimerà la de-responsabilizzazione del curricolare e il fenomeno delle deleghe nei confronti del docente incaricato su posto di sostegno, la formazione dei docenti è ancora proposta con corsi di specializzazione rivolti soltanto ad una parte di essi, ovvero coloro che riusciranno a superare la selezione iniziale. Tutto ciò a mio avviso è contrario a una scuola inclusiva, una scuola che dovrebbe garantire personale docente capace di lavorare con tutti gli alunni della classe. Pensare che soltanto coloro che riusciranno a specializzarsi saranno in grado di lavorare con alunni con disabilità è contrario a qualsiasi logica che promuove l’inclusione come valore irrinunciabile, e rischia di riportare in vita le abolite scuole speciali.

D’altra parte, anche il corso di formazione per i docenti della secondaria, vincolato a un meccanismo farraginoso e complesso, porta in sé il germe della separazione delle carriere. È vero che in più occasioni il Governo ha affermato la sua contrarietà, ma di fatto le scelte promosse condurranno all’introduzione della classe di concorso per il sostegno e alla conseguente espulsione degli alunni con disabilità dalle classi comuni. Questo rischio non è così remoto: dovrebbero rivedere i testi e al più presto!

Renzi ha ammesso di avere sbagliato sulla cosiddetta “riforma della scuola”, ma di questa presa di coscienza non vi è traccia nei decreti approvati! Ammettere l’errore è un gesto importante; peccato che questo avvenga dopo che tutto, in un certo senso, si è consumato. Le deleghe su cui il Governo doveva lavorare in questi giorni hanno ricevuto il parere delle Commissioni parlamentari. Ma c’era bisogno di agire in modo frettoloso, soprattutto dopo aver preso atto dei testi? Viene da chiedersi se qualcuno li abbia letti e vagliati prima di proporli al Governo. Sarebbe stato sicuramente meglio evitare questo passaggio avanzando ipotesi successive. Questa distrazione unita ad una assenza di progettualità pedagogica costerà cara al partito, senza dubbio. Purtroppo, nell’immediato, le conseguenze ricadranno sugli alunni con disabilità, cittadini che la Costituzione tutela”.

Lei aveva manifestato il suo dissenso anche per questo modo di procedere, che ha sempre tenuto l’ascolto della base in pochissimo conto, a eccezione della parte iniziale, quando ci sono state le consultazioni?

“Premetto ricordando che la scuola, in quest’inizio di millennio in particolare, è costantemente sottoposta a cambiamenti, anche in controtendenza fra loro, e il personale docente non può che essere disorientato di fronte a indicazioni repentinamente modificate. Non si riesce a capire se un provvedimento possa apportare contributi significativi, perché subito è sostituito da un altro. Lavorare in questo modo non aiuta sicuramente e non può consentire alcun miglioramento. Peraltro sono trascurati gli aspetti fondamentali come la formazione, iniziale e in servizio, e gli approfondimenti sulla didattica. Più che trascurati, direi abbandonati.

Sulla 107: a Terrasini si è tenuto il primo incontro a livello nazionale. Poi ci sono state altre forme di consultazione sul territorio nazionale, anche online. Purtroppo, e la storia è nota a tutti, questa fase è stata concentrata e il tempo sicuramente non è stato sufficiente per un reale ascolto. Al tempo stesso si è determinata una sorta di sfilacciamento, soprattutto a fronte di manifeste esplicitazioni di non gradimento, motivate rispetto alle novità che la legge proponeva. Sicuramente la volontà c’era, ma nella pratica “ascoltare” risultava eccessivamente complesso. E così anche il rilancio a pochi giorni dall’approvazione della legge 107 ha avuto il sapore di una assurda e colossale presa in giro. Non si trattano così i cittadini!!!
La legge è stata approvata. Le deleghe sono state scritte, con scarsissima o nulla partecipazione. Siamo di fronte a un vicolo cieco. Di che cosa lamentarsi?

Sicuramente toccherà al nuovo esecutivo porre mano e riequilibrare una situazione che è sfuggita di mano. Non bastano le buone intenzioni. Occorrono competenza, professionalità e un grande lavoro di ricerca e di approfondimento: la scuola è stanca di improvvisazioni sul tema”.

Le era stato dato un ruolo di un certo peso, come responsabile scuola del PD Sicilia. Le era mai stata ventilata la possibilità di candidarsi al Parlamento?

“Il tema centrale è la scuola e, personalmente, in qualità di responsabile, ho fatto tutto quanto era possibile per cercare di non spezzare il rapporto fra la base e la classe dirigente, per cercare di mantenere un dialogo aperto, per ascoltare e sostenere le ragioni della scuola, che non possono essere ignorate a priori. Ho promosso incontri con insegnanti e genitori, invitando parlamentari ed esponenti politici e del mondo sociale. Nell’autunno scorso, ho atteso, invano, che l’on. Faraone, allora sottosegretario all’Istruzione prima di transitare al ministero della Salute, confermasse la sua disponibilità per un confronto con il mondo della scuola. Sono stata a Roma. Ho incontrato responsabili e personalità del mondo politico e del mio partito. Ho cercato forme di mediazione. Mi sono fatta scudo e promotrice, avendo quale unico obiettivo la realizzazione di una scuola di qualità, aperta a tutti, nonostante le criticità di un provvedimento in contraddizione con i contenuti del programma elettorale sulla scuola, programma che ha determinato la vittoria del Pd alle ultime elezioni politiche.

Tutto quanto è stato possibile fare, l’ho fatto; non mi sono sottratta alle critiche, inevitabili, di chi era concettualmente contro. Da parte del mio partito ho avuto, in un primo momento, la sensazione di una certa apertura e disponibilità. Però, nel momento in cui mi sono fatta portavoce delle reali istanze del mondo della scuola e delle famiglie, ho incontrato un muro di gomma e non sono più riuscita a ricondurre al dialogo e al confronto le due parti, scuola e politica.

Per quanto mi riguarda sento di avere agito con coerenza e correttezza, con trasparenza e lealtà. Sono rimasta nel PD finché vi è stata anche una, seppur flebile, possibilità; sono rimasta anche a fronte dell’evidente non ascolto. Sono rimasta per coloro per i quali ho sempre lottato: per gli alunni, per i docenti, per le famiglie, per la società. Sono rimasta per contribuire a costruire un mondo diverso e per garantire una scuola di qualità. Non mi rimprovero nulla. Ho agito con coerenza, con trasparenza, con correttezza.

Ho lasciato il PD con grande dispiacere, perché ci ho creduto fin dal primo giorno. Ma la scelta, a un certo punto, è diventata inevitabile. Non potevo sostenere chi ignorava ogni parola proveniente dal basso, chi faceva ostruzionismo di fronte a qualsiasi richiesta del popolo, chi ignorava le ragioni di coloro che, comunque, hanno provato a contribuire, collaborando, portando motivazioni e suggerimenti. Non si ignora il popolo: noi siamo qui per essere a servizio dei cittadini. E non viceversa”.

I suoi compagni di partito hanno tirato un sospiro di sollievo quando ha formalizzato la sua uscita o ci sono stati tentativi di farla rimanere?

“Qualcuno sicuramente. Sono stata invitata spesso a dimettermi o a lasciare il partito, ma ho avuto molte manifestazioni di consenso e di affetto, di solidarietà e di vicinanza. E ho ricevuto anche inviti a ripensare, a non uscire, a restare. Non ho lasciato a cuor leggero: è stata una decisione sofferta, maturata nel tempo, con consapevolezza. Non si lascia ciò che si è contribuito a costruire con fatica e perseveranza senza provare sofferenza. Ma è stata una scelta inevitabile: non mi sentivo più a casa, non mi riconoscevo nelle scelte né negli orientamenti. Lasciare è diventato inevitabile. Credo nella politica, quella vera, quella a servizio del cittadino, quella che antepone il diritto di ogni cittadino a ogni sua scelta, quella che fa del dibattito e del confronto la sua anima irrinunciabile, quella che non denigra i singoli, ma fa delle differenze di ciascuno la ricchezza del suo essere”.

La creatura politica che sta nascendo dalla sconfitta di Renzi si nutrirà di populismo, ha scritto. Non pensa che un nodo problematico sia anche la svalutazione della politica a scuola? I ragazzi diventano troppo tardi, e in molti casi mai, consapevoli di essere soggetti politici. Lei, che è anche un’insegnante, cosa fa per avvicinare i suoi allievi alla loro dimensione politica?

“La svalutazione della politica avviene a tutti i livelli, non solo nel mondo della scuola. E, per contro, si postula e si rafforza l’ideologia dell’uomo forte, unico riferimento e referente. I media sostengono questa tesi: infatti sono costantemente alla ricerca del leader, dell’uomo del momento (ironizzo ma… non si cerca mai una “donna forte”, chissà perché!)

Sembra che senza un uomo al comando, niente possa realizzarsi. Ed è qui, sostanzialmente, l’errore. Questa è la miopia di una politica incapace di recuperare il suo ruolo, bloccata nel suo narcisismo e incapace di qualsiasi progettualità. Una sana lettura di Platone e di Socrate forse gioverebbe.

Ma venendo al mio ruolo di docente, che cosa faccio io per avvicinare i miei allievi alla politica? Innanzi tutto lavoro, a livello di istituto, con tutti i miei colleghi: organizziamo giornate di sensibilizzazione e di manifestazione contro il pizzo e contro la mafia. Eventi che non si concentrano esclusivamente in una giornata, che si propone come l’esternazione di un percorso, ma che è presente nelle azioni quotidiane.
Sempre come docenti lavoriamo sull’educazione alla coerenza, alla determinazione, alla lealtà, alla trasparenza e al RISPETTO, che, personalmente, mi sforzo di praticare, seppure con i miei limiti umani, ogni giorno. Oltre alle parole sono quanto mai necessari gli esempi: le parole dicono e i gesti mostrano  come agire”.

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