Alla scuola italiana serve la figura del mentor. Lettera

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Inviato da Mario Bocola – Introdurre nella scuola italiana la figura del “mentor”, capace, in qualche modo di venire incontro alle esigenze dei docenti e degli alunni.

In America esiste e si chiama proprio così, ossia “mentor” ed è una figura specializzata che prende in esame determinate situazioni di conflittualità comportamentale cercando di trovare un aiuto e una mediazione.

La professione docente, oggi, è diventata stressante e molti insegnanti non vedono l’ora di lasciare la scuola perché “non ce la fanno più”. Sono diventati apatici, demotivati, insofferenti, abulici per il fatto che si trovano di fronte ad una generazione di adolescenti poco inclini all’ascolto, al rispetto delle consegne, degli ambienti, dei luoghi e delle persone con le quali si relazionano e sempre “attaccati” allo smatphone diventato ormai la panacea di tutti i mali del nostro tempo. Da una parte, quindi, ci sono i docenti, dall’altra gli alunni che, nella stragrande maggioranza dei casi presentano problematiche sociali e relazionali più o meno gravi. Abbiamo, infatti, tra le mura scolastiche alunni che soffrono di profondo malessere interiore, di forte svantaggio sociale, che soffrono per la separazione dei genitori, che sperimentano le nuove forme di povertà, che mostrano problemi di relazionarsi con gli altri, insomma un complesso di fattori che giocano un ruolo non positivo per la crescita e lo sviluppo umano, emozionale, avendo difficoltà di aprirsi al mondo. L’insegnante è chiamato a svolgere un compito delicato, a capire il problema, a coglierne la sua gravità, a segnalarlo ai genitori e, tramite la scuola, a rivolgersi alle figure specializzate. E tra queste un ruolo importante riveste proprio lo psicologo, ossia “lo scrutatore dell’anima”, colui che legge dentro la nostra psiche, la nostra anima, per comprendere dove sono le tenebre per riportare la luce.

Per gli alunni lo psicologo sarebbe una figura professionale di validissimo aiuto perché li aiuterebbe a capire i punti di forza e di debolezza che hanno nei loro comportamenti, li aiuterebbe a renderli coscienti e consapevoli che determinati comportamenti a scuola non sono tollerabili, li spronerebbe ad una autoanalisi per prendere coscienza dei problemi che presentano. Per il docente la figura dello psicologo, invece, aiuterebbe a superare momenti di difficoltà legati alla gestione della classe, a capire le varie tipologie di dinamiche relazionali, cercando di instaurare un rapporto empatico con gli alunni. Infatti alla base del rapporto tra docenti e alunni una funzione importantissima svolge l’empatia, quella “molla” che fa scattare quella corretta corrispondenza d’intenti e di dialogo costruttivo tra alunno e docente.

Certamente la gestione del gruppo classe con le generazioni di adolescenti che abbiamo oggi sta diventando sempre più difficile perché, purtroppo, è venuto a mancare l’anello di congiunzione, cioè la famiglia che deve necessariamente collaborare con la scuola. Venendo a mancare la famiglia, cellula in cui l’adolescente apprende le regole della buona educazione, il docente si trova da solo ad affrontare problematiche complesse che, magari, con il sostegno delle mamme e dei papà potrebbe agevolmente risolvere per il benessere dell’adolescente. In questo modo si favorisce una maggiore inclusività e si instaura nella classe un clima positivo, fruttuoso e di sano apprendimento.

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