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Alberto Asor Rosa: “La letteratura italiana e la scuola uniscono e non separano”

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In un convegno che si è recentemente svolto al CIDI di Roma (“Il futuro della scuola tra regionalismi e unità”, martedì 5 febbraio), insegnanti e giuristi si sono confrontati sul tema della regionalizzazione dell’istruzione, così come articolata dalla regione Veneto nella sua proposta al Governo di autonomia differenziata.

Si tratta di una richiesta con una straordinaria rilevanza politico-sociale che va, come è evidente anche ai non addetti ai lavori, nella direzione diametralmente opposta ai principi fondamentali della Costituzione italiana. La quale non si limita a formulare diritti inalienabili (artt. 2, 3, 5 e 9) ma impegna anche lo Stato a renderli effettivamente esigibili da tutte e da tutti. Un obbligo, dunque, per lo Stato, e in particolare proprio quello di garantire l’istruzione fino ai suoi livelli più alti nelle scuole della Repubblica, gratuite e aperte a tutti, anche a chi cittadino non è, anche agli stranieri (art. 34). Scuole pubbliche, laiche e democratiche, in cui la cultura circoli liberamente (art.33), in cui ciascuno possa costruire le proprie pari opportunità nell’esercizio della cittadinanza, nell’accesso al mondo del lavoro, nella formazione della propria soggettività umana.

Certamente il tema del rapporto tra unitarietà e autonomia delle scuola può essere letto anche sul piano delle ricadute che potrebbe avere il principio di una regionalizzazione legata al federalismo fiscale: prima fra tutte, l’aggravamento insostenibile delle disuguaglianze. Ma Alberto Asor Rosa, professore emerito dell’università “Sapienza” di Roma, tra i principali relatori del convegno, ha voluto porre l’accento sulle implicazioni dell’insegnamento della letteratura italiana in una dimensione unitaria e sulla funzione della scuola come depositaria di un grande patrimonio culturale, profondamente identitario.

Se è vero che nella tradizione culturale italiana – di cui lo studio e l’insegnamento della letteratura rappresenta un elemento portante – la produzione locale e dialettale è stata, a torto, lungamente trascurata, è anche vero che nella vicenda letteraria italiana la tensione unitaria è stata più forte di quella localistica. La letteratura e la ricerca linguistica sono tra i più rilevanti fattori di unità che la nostra storia civile e politica ha conosciuto per secoli. Dalla fine del Cinquecento alla fine dell’Ottocento, l’Italia è stata un paese mostruosamente diviso, in cui le voci che tendevano a ristabilire un’unità superiore sono quasi tutte di natura letteraria, in assenza di altri fattori unitari. Una folta schiera di letterari ha cercato di unire ciò che era diviso: Francesco Petrarca, toscano, con la sua universalizzazione del canone; Pietro Bembo, venezianissimo, che nelle sue Prose della volgar lingua unifica le ultime ricerche linguistiche e fa della sua proposta di lingua letteraria uno strumento universale; Alessandro Manzoni, lombardo, che ricorre all’esperienza fiorentina per costruire l’italiano.

La scuola, ci ricorda Asor Rosa, è la grande depositaria di questo patrimonio culturale. Quando, alla fine dell’Ottocento, è stata creata la scuola unitaria, le è stato assegnato esplicitamente questo compito, al quale noi oggi non possiamo rinunciare. E allora, conclude, invece di assecondare scellerate proposte di accorciamento o di diversificazione dei percorsi scolastici, utilizziamo la cultura per unire, non per separare, e ripensiamo finalmente ad una nuova articolazione dei programmi, in cui ampio spazio sia dato alla conoscenza degli autori, della storia, delle vicende culturali del Novecento, cento anni decisivi per far capire ai giovani le questioni più significative della contemporaneità.

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