Ai docenti non va chiesta serietà, perché seri lo sono sempre! Lettera

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Inviato da Anna Errichiello (Docente di Lettere) – Forse la mia lettera sarà una tra le tante, perché siamo tanti, anzi tantissimi i docenti che dal 5 marzo in poi si sono reinventati e, convinti o non, sono entrati in punta di piedi nelle case degli italiani e nelle case di milioni di alunni.

È da più di un mese che sentiamo parlare di Didattica a Distanza, computer, tecnologie, inclusione. I tg per la prima volta parlano degli insegnati e del lavoro che stanno facendo e di quanto sia bello ed entusiasmante fare lezione attraverso uno schermo. Ne ho sentite, ne abbiamo sentite, di tutti i colori ed in tutte le salse, veramente. Nonostante tutto, con passione e presa, e come me in tantissimi, dalla malattia “dell’insegnantite” ho lavorato con la solita abnegazione e con il solito impegno e non perché mi fosse imposto, perché fino a poco tempo fa non era obbligatorio, del resto come si può rendere obbligatorio qualcosa che ancora non è normato, ma perché i miei ragazzi avevano bisogno di me (e non della didattica a distanza) e non potevano essere abbandonati.

Non c’ho dormito la notte, perché lavoro in una scuola pubblica e la scuola pubblica deve permettere a tutti di istruirsi, a tutti di non restare indietro. E quindi in riunione via skype con il team digitale e grazie alla collaborazione di tutto il corpo docente della mia scuola e dei genitori abbiamo cercato di non lasciare nessuno indietro… piattaforme scaricabili anche sui cellulari, orari flessibili per consentire alle famiglie che hanno più figli di poter assicurare la videolezione a tutti, offerte per giga illimitati…abbiamo fatto di tutto.

La cosa più bella a cui ho assistito sono stati i colleghi non portati per il digitale e che pur tra mille difficoltà si sono messi in discussione ed hanno iniziato la DaD. Come sempre capita nella Scuola non ci siamo tirati indietro, abbiamo reinventato tutti il nostro metodo, perché tutti consapevoli sappiamo che la didattica a distanza è lontana anni luce dalla Scuola vera e dal contatto con i nostri ragazzi, i nostri alunni. Lo abbiamo fatto e continueremo a farlo come tutti i docenti italiani, ma non mi si chieda serietà ed autorevolezza in un momento in cui abbiamo dichiarato che saranno tutti ammessi all’esame, perché del resto abbiamo dimostrato di essere seri da sempre.

Non mi si chieda serietà se i miei alunni di terza media forse non sosteranno l’esame, il primo della loro vita scolastica, essendo ormai abolito quello della scuola elementare. Non ci si chieda più di quanto stiamo facendo a tutte le ore del giorno, perché chi crede che gli insegnanti stanno lavorando come da contratto, crede una fandonia.
E lo facciamo perché amiamo il nostro lavoro, rispettiamo il momento storico e da Educatori e Lavoratori della conoscenza non ci tiriamo indietro.

Mi sento tuttavia offesa, però, quando leggo che dobbiamo essere seri, che il Commissario Esterno alla maturità serve per verificare un’effettiva regolarità delle prove.

Non mi si chieda di dare un voto credibile, perché noi siamo Docenti ed essere seri è implicito nel nostro lavoro. Non ci sto. Non ci sto ad essere ancora delegittimata. Sì pensi invece a sistemare le scuole per fare fronte a questa grande tragedia del coronavirus. Sì pensi a non fare creare più classi pollaio in cui non potranno mai essere rispettate le distanze che la vita dopo il Coronavirus c’imporrà.

Nel complimentarmi con il Governo per come ha affrontato e sta affrontando quest’emergenza mai vista prima, mi auguro che si apra una riflessione profonda sulla scuola italiana e sui suoi spazi. Mi auguro che a breve la didattica a distanza sia solo un ricordo ed un’esperienza vissuta e non un nuovo modo di pensare alla scuola e al fare la scuola, quella in cui sono cresciuta e che amo, quella fatta del rumore della campanella e del brusio dei corridoi: la Scuola, quella che oggi ai Docenti manca come al calciatore il campo di pallone. Il popolo della scuola esige dignità e rispetto, basta con i proclami ed il racconto di una scuola digitale che non esiste e che non è scuola.

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