Adolescenti e socialità: gli amici sono tanti e il “gruppo” protegge, ma condiziona

Di Lalla
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inviato da Stefania Lobosco – Questa, in estrema sintesi la fotografia di come gli adolescenti italiani creano e vivono le relazioni amicali. Il dato emerge dall’indagine “Adolescenti e Socialità” realizzata dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e dall’Associazione Laboratorio Adolescenza, nel solco del decennale lavoro di indagine della Società Italiana di Pediatria su “Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti Italiani”.

inviato da Stefania Lobosco – Questa, in estrema sintesi la fotografia di come gli adolescenti italiani creano e vivono le relazioni amicali. Il dato emerge dall’indagine “Adolescenti e Socialità” realizzata dalla Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza e dall’Associazione Laboratorio Adolescenza, nel solco del decennale lavoro di indagine della Società Italiana di Pediatria su “Abitudini e Stili di Vita degli Adolescenti Italiani”.

Tanti amici, in grandissima prevalenza compagni di scuola, ma l’amico “del cuore” sembra scomparso. L’85,5% degli adolescenti intervistati dichiara infatti di avere “molti amici”, mentre solo l’11,8% dei maschi e il 13,6% delle femmine dichiara di averne “pochi”. Interessante osservare, per quanto riguarda le differenze territoriali, come la percentuale di chi afferma di avere molti amici cresce progressivamente passando dal nord ovest (81,9%), al centro (83,7%), al sud (87,6%), alle isole (92,8%).

Le nuove amicizie si creano in grandissima prevalenza a scuola (95,5%), ma i nuovi amici si fanno anche spesso praticando sport (70,9%) o “approfittando” dei figli di amici dei genitori (57,1%). La novità è che per il 31% degli intervistati Internet rappresenta oggi un canale per creare nuove amicizie che diventano poi “reali” .

Tendenzialmente “fedeli” (solo il 13% dei maschi e il 9% delle femmine cambia frequentemente amicizie) il 43% dei maschi e il 47,5% delle femmine con gli amici ci litiga (qualche volta o spesso), mentre solo il 7% non litiga mai.

Solo il 9% preferisce vedersi e frequentare un solo amico/a per volta, mentre il 50% si riunisce prevalentemente in piccoli gruppi e il 40% frequenta un gruppo numeroso.

Il 52% adegua (qualche volta o spesso) – anche malvolentieri – i propri comportamenti o le proprie scelte a ciò che il gruppo di amici decide; al 32% capita di provare disagio quando è con gli amici, e il 52% fa confronti tra il proprio aspetto fisico (specie le femmine 62%) e quello degli amici.

E’ interessante osservare che mentre l’adeguarsi malvolentieri alle scelte del gruppo è più frequente tra i ragazzi che abitualmente frequentano un gruppo numeroso, il sentirsi a disagio o il fare confronti sull’aspetto fisico prevale tra chi abitualmente frequenta un solo amico o un gruppo ristretto di amici per volta.

La frequentazione di un gruppo appare quindi, sotto certi aspetti, più tranquillizzante e meno competitiva (nel numero ci si “nasconde” meglio) rispetto alla frequentazione di pochi amici per volta, anche se ciò si paga in termini di autonomia individuale.

Piernicola Garofalo, Presidente della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza, così commenta: “L’adolescente, individuo in formazione, ondeggia naturalmente tra sentimenti di onnipotenza e grandi fragilità e insicurezze. Negli anni recenti, complice certamente un indirizzo sociale che tende verso la competitività spinta, osserviamo negli adolescenti un significativo aumento della fragilità psicologica. Pensiamo soltanto all’incremento nettissimo di patologie legate ai disturbi della condotta alimentare, prima tra tutte l’anoressia, di sindromi depressive o – ancora più grave – la crescita dei fenomeni suicidari”. “L’adolescente – spiega Garofalo – più che in passato soffre il confronto e fatica ad assumersi la responsabilità delle sue scelte. Ragion per cui delega volentieri questa responsabilità al gruppo (nel quale si sente protetto) anche se ciò avviene spesso a caro prezzo in termini di autonomia. A questo si aggiunge – conclude il Presidente della SIMA – la paura di poter essere estromesso dal gruppo e quindi una acquiescenza pericolosa nei confronti dei “leader”.

Assumere determinati comportamenti malvolentieri, solo per assecondare le volontà del gruppo espone inevitabilmente al rischio. D’altra parte il 49% del campione (58% dei maschi) afferma di compiere azioni che considera rischiose. Tra questi la maggioranza (55%) lo fa rendendosi solo a posteriori conto del rischio che ha corso, ma il 23,5% lo fa consapevolmente per il piacere che ne deriva e il 5% proprio per avere maggiore considerazione/rispetto all’interno del gruppo.

Tra le azioni che – con varia gradazione – loro stessi considerano rischiose, il 52,2% guida il motorino o la bici in modo spericolato (esperienze compiute una o più volte), il 18% guida il motorino senza casco, il 75% non allaccia le cinture si sicurezza in auto. Nell’area dell’addiction il 44% beve vino, il 47% beve birra, il 27% beve superalcolici, il 53% beve bevande a basso contenuto alcolico, il 20% fuma, il 6,5% ha avuto l’esperienza (singola o ripetuta) di una “canna”. E passando ai “comportamenti sociali” il 45% (1 o più volte) ha “fatto a botte”, il 49% ha provocato qualcuno, il 35% non ha pagato il biglietto sui mezzi pubblici, il 32% ha sporcato luoghi pubblici, il 20% ha fatto graffiti sui muri, il 19,8% ha rubato qualcosa in un negozio o grande magazzino, il 5% ha avuto rapporti sessuali non protetti.

Per quanto riguarda le aree geografiche le differenze non sono molto significative e variano a secondo delle “categorie” di azioni. Complessivamente si può comunque registrare una certa prevalenza a compiere azioni rischiose negli adolescenti del nord-ovest e delle isole. Mentre la propensione a compiere azioni rischiose aumenta in modo marcato e pressoché generalizzato passando dagli adolescenti che vivono in piccoli comuni a quelli che vivono in centri più grossi fino ad arrivare alle metropoli.

“La propensione al rischio – osserva Giovanni Corsello, Presidente della Società Italiana di Pediatria – è da un certo punto di vista insita nei comportamenti di un adolescente e di per sé non ci meraviglia. Ciò che preoccupa, invece, è da un lato l’anticipazione dei fenomeni, dall’altro che oggi gli adolescenti hanno a loro disposizione strumenti potentissimi (penso in particolare a tutta l’area degli strumenti di comunicazione) che possono, se non gestiti correttamente, aprire nuovi scenari di rischio. Uno di questi è certamente il cyber bullismo, fenomeno al quale la Società Italiana di Pediatria sta dedicando grande attenzione e sul quale ha avviato una approfondita indagine”.

E venendo ad Internet, un dato particolarmente significativo è il sorpasso dello smartphone. nei confronti del Pc (fisso o portatile) che per gli adolescenti, nel mix di strumenti utilizzati per navigare, è diventato il più diffuso. Per collegarsi in rete il 51% utilizza lo smartphone, il 50% il PC “fisso“, il 28% il notebook e il 24% il tablet. [il totale supera il 100% essendo, la domanda posta, a risposta multipla].

Questa “rivoluzione” rende ancora più problematico il controllo da parte dei genitori, perché si è svincolata la possibilità di connettersi in rete dalla permanenza fisica davanti ad un PC.

Inoltre, l’aver osservato che tra gli adolescenti è sempre più diffusa l’abitudine di avviare una conoscenza in rete e trasferirla poi nella realtà (i dati dell’indagine lo evidenziano), si pone sempre di più il problema dei contatti con sconosciuti, dei quali non si sa nulla (età compresa). “La preoccupazione maggiore – commenta Maurizio Tucci, Presidente di Laboratorio Adolescenza – è che con il passare degli anni e con la sempre maggiore dimestichezza che gli adolescenti acquisiscono con questi strumenti, diminuisca la percezione del rischio e siano indotti a comportamenti sempre meno prudenti”.

I dati dell’Indagine evidenziano, ad esempio, che per il 56% degli adolescenti intervistati dare l’amicizia su Facebook ad uno sconosciuto NON è pericoloso. Per una fascia compresa intorno al 30-35% NON è pericoloso, sempre nei rapporti virtuali con uno sconosciuto, scambiarsi il numero di telefono, inviare una propria foto, dirgli la scuola che si frequenta e la città in cui si vive. Per il 26% NON è pericoloso neanche accettare un incontro (a condizione che all’incontro ci si vada in compagnia di altri amici) mentre un incontro “da soli” NON è pericoloso per il 15% dei maschi e per il 5% delle femmine.

Passando dalla “teoria” (ritenere più o meno pericoloso un comportamento) alla “pratica”, il 59% ha dichiarato di aver dato l’amicizia Facebook ad uno sconosciuto; il 22% di avergli detto la scuola che frequenta; il 29% di aver scambiato il numero di telefono; il 18% (22% delle femmine) di avergli inviato una propria foto; il 20% di aver accettato un incontro al quale è andato insieme ad amici e il 9% di aver accettato un incontro al quale è andato da solo (o da sola).

“Per sconosciuto – tiene a precisare Maurizio Tucci – non si intende necessariamente un adulto con intenzioni poco raccomandabili. La stragrande maggioranza dei contatti avviene normalmente tra coetanei, ma abbassare la guardia potrebbe comunque esporre ad insidie che non si possono mai escludere. A questo va aggiunto che incontrarsi con uno sconosciuto, anche se si è certi che non si tratti di un adulto, non è mai prudente.”

Cartina al tornasole di come l’abitudine all’uso di Internet, e in particolare dei social network, comporti una tendenza ad essere sempre meno prudenti ce la dà la risposta che gli adolescenti, nel corso degli ultimi anni, hanno dato alla domanda “Hai mai inviato o pubblicato in Internet una tua foto “provocante” ?”. Nel 2009 ha risposto “si” il 7,7% del campione; nel 2011 l’11,2%; e nel 2013 il 16,8% (18,7% delle femmine).

L’indagine è stata svolta nell’anno scolastico 2012-2013 su un campione nazionale rappresentativo di 2000 studenti di terza media (età 12 – 14 anni).

Nota metodologica
L’estrazione casuale delle classi campione è stata effettuata sulla base di un campionamento nazionale multistadio stratificato a quantità proporzionate, secondo un disegno fattoriale che ha considerato la distribuzione di popolazione per area territoriale (nord-est; nord-ovest; centro; sud; isole) e, all’interno di ogni singola area, la distribuzione per ampiezza demografica dei comuni.

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