Abrogazione note e sanzioni disciplinari alla primaria, ecco perché è pericolosa. Il fallimento del patto di corresponsabilità

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L’abrogazione delle sanzioni disciplinari verso gli studenti della scuola elementare, nella società di oggi, rischia di creare un vulnus pericoloso, e ancora più difficile il lavoro del personale docente

La norma

La Proposta di legge: CAPITANIO ed altri: “Istituzione dell’insegnamento dell’educazione civica nella scuola primaria e secondaria e del premio annuale per l’educazione civica” (682) prevede, in base agli emendamenti approvati in sede di Commissione che gli articoli da 412 a 414 del Regio Decreto 26 aprile 1928, n. 1297, sono abrogati.

Si parla del Regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare

Cosa prevedono i detti articoli?

Art. 412.-

Verso gli alunni che manchino ai loro doveri si possono usare, secondo la gravità delle mancanze, i seguenti mezzi disciplinari:

I ammonizione;

II censura notata sul registro con comunicazione scritta ai genitori, che la debbono restituire vistata;

III sospensione dalla scuola, da uno a dieci giorni di lezione;

IV esclusione dagli scrutini o dagli esami della prima sessione;

V espulsione dalla scuola con la perdita dell’anno scolastico.

E’ vietata qualsiasi forma di punizione diversa da quelle indicate in questo articolo.

Art. 413.-

Le pene di cui ai numeri 1, 2 e 3 sono inflitte dal maestro, quelle di cui ai numeri 4 e 5 sono inflitte dal direttore didattico governativo o comunale con provvedimento motivato.

Contro le pene dell’esclusione e dell’espulsione è ammesso, entro quindici giorni, reclamo all’ispettore scolastico, contro la cui decisione non è consentito alcun ricorso.

Art. 414.-

Le pene, che importano allontanamento anche temporaneo dalla scuola, non possono essere eseguite, se prima non ne sia stato dato avviso per iscritto alla famiglia.

Rimane, in piedi, invece, l’articolo 415:

Art. 415.-

“Quando gli atti di permanente indisciplina siano tali da lasciare il dubbio che possano derivare da anormalità psichiche, il maestro può, su parere conforme dell’ufficiale sanitario, proporre l’allontanamento definitivo dell’alunno al direttore didattico governativo o comunale, il quale curerà l’assegnazione dello scolaro alle classi differenziali che siano istituite nel Comune o, secondo i casi, d’accordo con la famiglia, inizierà pratiche opportune per il ricovero in istituti per l’educazione dei corrigendi”.

Nessuno è cultore delle note del registro, ma si deve essere assolutamente consapevoli che abrogare siffatte disposizioni significa sottrarre ai docenti uno dei pochi mezzi che ancora consentivano l’esercizio della propria autorità all’interno di un contesto scolastico sempre più complicato e complesso e anarchico. Un contesto dove viene meno qualsiasi tipo di rispetto verso la figura del personale docente, dove la scuola si è piegata alla logica del mercato, dunque le famiglie in qualità di clienti, devono sempre avere ragione.

Dove i docenti, in qualità di pubblici ufficiali nell’esercizio delle propri funzioni, non vengono rispettati come tali. Una scuola dove anziché operare nella direzione della consistente riduzione del rapporto docenti-studenti, ipotesi contemplata, ma mai applicata, anche dalle Legge 107 2015, va nella direzione opposta. Una scuola dove i docenti di scuola primaria sono chiamati a svolgere tre lavori in uno, e non riconosciuto come tale.

Per i docenti di scuola primaria i compiti educativi sono più marcati rispetto agli ordini superiori

La recente sentenza del Tribunale di Torino, sul caso della docente licenziata per il suo comportamento tenuto durante una manifestazione politica, ha espresso anche un principio di cui dover tener conto in questa sede:

I docenti hanno compiti non solo legati all’istruzione dei bambini e dei ragazzi, ma anche educativi.[…] Per i docenti di scuola primaria, i compiti educativi sono ancora più marcati rispetto ai colleghi degli altri gradi scolastici: hanno a che fare con i bambini che non hanno sviluppato un senso critico e sono quindi portati ad ‘assorbire’ tutto ciò che viene trasmesso loro dall’insegnante(…)”

Questa responsabilità educativa superiore rispetto a quella degli ordini superiori, non viene riconosciuta al personale docente di scuola primaria. A partire dalla questione stipendiale. E non regge oggi più neanche la scriminante del diverso titolo d’accesso, rispetto alla scuola secondaria, perché oggi per insegnare alla scuola primaria è necessaria la laurea, proprio come accade per la scuola secondaria. E togliere gli strumenti sanzionatori ai docenti, in via così estrema e generalizzata, rischia proprio di compromettere quel principio che vorrebbe il pieno ed effettivo esercizio del compito educativo in un grado di scuola particolarmente complesso.

Il fallimento del Patto Educativo di corresponsabilità e la non applicabilità alla scuola primaria

Ora, si dice,che si deve far leva sul Patto educativo di corresponsabilità, che è il documento – firmato da genitori e studenti – che enuclea i principi e i comportamenti che scuola, famiglia e alunni condividono e si impegnano a rispettare. È, in sintesi, un impegno formale e sostanziale tra genitori, studenti e scuola con la finalità di rendere esplicite e condivise, per l’intero percorso di istruzione, aspettative e visione d’insieme del percorso formativo degli studenti.
Coinvolgendo tutte le componenti, tale documento si presenta dunque come strumento base dell’interazione scuola-famiglia.

L’articolo 5-bis (Patto educativo di corresponsabilità) afferma: 1. Contestualmente all’iscrizione alla singola istituzione scolastica, è richiesta la sottoscrizione da parte dei genitori e degli studenti di un Patto educativo di corresponsabilità, finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie. 2. I singoli regolamenti di istituto disciplinano le procedure di sottoscrizione nonché di elaborazione e revisione condivisa, del patto di cui al comma 1. 3. Nell’ambito delle prime due settimane di inizio delle attività didattiche, ciascuna istituzione scolastica pone in essere le iniziative più idonee per le opportune attività di accoglienza dei nuovi studenti, per la presentazione e la condivisione dello statuto delle studentesse e degli studenti, del piano dell’offerta formativa, dei regolamenti di istituto e del patto educativo di corresponsabilità.

Patto che deriva dal DPR 24 giugno 1998, n. 249- Regolamento recante lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (in GU 29 luglio 1998, n. 175). DPR 21 novembre 2007, n. 235- Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, concernente lo statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria (in GU 18 dicembre 2007, n. 29 ).

Questo Patto si inserisce all’interno di un contesto che prevede diritti, doveri, ma anche sanzioni. Che nella scuola primaria non troverebbero affermazione, contrariamente per quanto succede per la scuola secondaria nei suoi rispettivi gradi.

Nel Patto si può leggere che lo studente si impegna a -prendere coscienza dei propri diritti-doveri rispettando la scuola intesa come insieme di persone, ambienti e attrezzature;-rispettare i tempi programmati e concordati con i docenti per il raggiungimento del proprio curricolo, impegnandosi in modo responsabile nell’esecuzione dei compiti richiesti;-accettare, rispettare e aiutare gli altri e i diversi da sé, impegnandosi a comprendere le ragioni dei loro comportamenti.

Ottimo. Ma se si vivesse in una società perfetta, non servirebbe la sanzione, come deterrente. Non servirebbero le norme penali, amministrative, per sanzionare gli illeciti, perché questi non troverebbero luogo. Ma come ben sappiamo, da sempre, se non esiste la sanzione, difficilmente si ottempera un certo comportamento.

Ora, lasciare un vuoto così impattante nella scuola primaria significherebbe esporre i docenti a situazioni estremamente problematiche e di difficile gestione, in un contesto dove complessivamente il Patto di corresponsabilità cosa ha significato?

Si può parlare più di fallimento che di successo, in una situazione complessiva dove la scuola è entrata nella logica della competizione,tra scuole, dove deve vendere un prodotto, che è il titolo, attirare studenti, come calamite, non perdere clienti, piuttosto che formare menti liberi e pensanti. Rinunciando in sostanza alla propria sostanziale funzione.

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