Abilitazione insegnamento dovrebbe essere riconosciuta ai laureati in Pedagogia. Lettera

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Inviato da Cristina Fontana – Sono un’educatrice (laurea in scienze dell’educazione e della formazione L19) e vorrei esporre alcune mie personali considerazioni sulle proposte di leggi attuali in merito alla figura professionale dell’educatore socio pedagogico.

La legge Iori (2018) ha riqualificato la figura dell’educatore, titolo conseguito con il percorso di studi nella classe di Laura L19. Tuttavia credo che la strada da percorrere sia ancora tutta in salita per ottenere una giusta qualifica di educatore professionale e dell’ integrità formativa della figura professionale dell’educatore in ambito pedagogico.

La figura dell’educatore socio pedagogico e del pedagogista sono fondamentali ed essenziali all’interno della vita scolastica dei bambini. In quanto educatori, il nostro compito educativo è di fornire i giusti mezzi perché i bambini possano realizzare il loro percorso di crescita, in una cornice di relazione affettiva e di benessere psicofisico.

La nostra formazione, improntata in una dimensione psicopedagogica, ci permette di esplicitare il nostro intervento in tutte le fasce di età, valorizzando il potenziale interiore che ognuno di noi possiede fin dai primi anni di vita. Ed è proprio nei primi anni di vita che la figura dell’educatore dovrebbe essere una presenza costante e una guida legittima nella formazione dell’adulto che verrà.

La formazione unica di educatore deve aprire a tutti gli sbocchi di lavoro, promuovendo la visione di uno sviluppo unitario e coeso, e non frammentato dell’essere umano. Senza nulla togliere alla figura dell’insegnante scolastico, penso che la nuova sfida educativa, da percorrere in tutte le scuole, è quella di realizzare una vera continuità educativa tra le figure professionali (insegnanti, educatori e pedagogisti) che, nei vari gradi di scuola, sono corresponsabili del progetto di vita dei più piccoli.

Garantire un progetto educativo che unifica il lavoro e lo sforzo di chi da sempre è portavoce dei bisogni di conoscenza e attenzione. Sulla base di quali criteri pedagogici un educatore può solo svolgere il proprio ruolo nella fascia di età 0-3 e non poter insegnare in autonomia anche nella fascia di età successiva (3-6), per la quale non viene (ingiustamente) riconosciuta l’abilitazione per insegnare?

L’attivazione dei corsi universitari di 60 cf per i laureati in scienze della formazione primaria per poter lavorare anche negli asili nido ottenendo così la qualifica di educatore, è, a mio parere, una ulteriore mancanza di rispetto che sminuisce la nostra figura e titolo di educatore conseguito al termine di un vero corso di studio. Mi chiedo, visto la situazione attuale, perché non procedere allora nella stessa situazione, attivando per gli educatori, corsi extracurriculari che permettano di conseguire quei crediti (a mio parere non mancanti) per poter ottenere l’abilitazione all’insegnamento.

L’abilitazione all’insegnamento dovrebbe essere riconosciuta automaticamente a chi abbia completato un percorso di studi magistrale 3+2 in scienze pedagogiche.

La nostra missione non è forse quella di INSEGNARE L’ARTE DEL VIVERE, INSEGNARE COME SAPER VIVERE E FARE, NEL RISPETTO DELL’ AUTENTICITA’E DELLA DIVERSITÀ DELL’ESSERE UMANO.

L’apprendimento nel bambino non si esaurisce con il solo sapere astratto acquisito, l’insieme di saperi e nozioni spesso sconnessi tra loro. Apprendere significa scoprire qualcosa di nuovo ogni giorno. Il solo saper fare non è sufficiente senza aver maturato la consapevolezza interiore di chi si è come persona. Ed è qui che entra in gioco la figura dell’educatore, che deve svegliare la grandezza di ESSERE fin dai primi giorni di vita. Il nostro compito è di investire nello sviluppo umano, fornendo solide radici su cui poter fondare il proprio SÉ.

Abbiamo forse dimenticato che la scuola è parte di un sistema sociale complesso, di cui fa parte l’intera comunità e alla quale dobbiamo rivolgerci se vogliamo migliorare il nostro futuro turo. Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio. Per educare un bambino ci vogliono più voci e corpo.

Vista la realtà scolastica attuale, la vera sfida educativa è di dar vita a UNA SCUOLA CHE DIA A OGNUNO LA POSSIBILITÀ DI ESSERE NEL PROFONDO DEL PROPRIO ESSERE, ATTRAVERSO UN PERCORSO DI VITA E DI CRESCITA CHE UNISCA EDUCAZIONE E FORMAZIONE.

Il vero obiettivo è quello di realizzare una SCUOLA DELL’INCLUSIONE dove ogni forma di diversità e specificità formativa sia accettata e rispettata. EDUCATORI PEDAGOGISTI INSEGNANTI dovrebbero collaborare e cooperare tra loro per una cultura dell’infanzia.

Perché non possiamo formare la mente se non nutriamo ed educhiamo la mente e l’anima di chi si appresta ad apprendere. Educatori e pedagogisti devono essere una presenza reale e continua nei vari gradi scolastici.
Non creiamo una gerarchia scolastica di ruoli, ma diamo vita a una sinergia educativa tra i professionisti dell’educazione.

La mia voce si unisce a tutti gli educatori e pedagogisti perché ancora oggi ci sentiamo discriminati e dimenticati dalla nostra scuola italiana.
Nella speranza e fiducia che qualcosa possa cambiare, ricordiamoci che L’EDUCAZIONE È E SARÀ SEMPRE IL MOTORE CHE TUTTO MUOVE.

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