Tre domande sulla scuola sarda europea: numero alunni per classe, lingua e cultura della Sardegna, legge regionale

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Antonio Deiara – La scuola, lunedì 22.02.2016, ha chiuso la fase delle iscrizioni all’anno scolastico 2016-2017. Ora i dirigenti scolastici lavoreranno alla predisposizione delle classi e degli organici. Ritengo sia il momento migliore per proporre una riflessione in merito all’applicazione della normativa vigente, e per formulare tre domande sulla “Scuola Sarda Europea”.

Antonio Deiara – La scuola, lunedì 22.02.2016, ha chiuso la fase delle iscrizioni all’anno scolastico 2016-2017. Ora i dirigenti scolastici lavoreranno alla predisposizione delle classi e degli organici. Ritengo sia il momento migliore per proporre una riflessione in merito all’applicazione della normativa vigente, e per formulare tre domande sulla “Scuola Sarda Europea”.

La Sardegna è abitata dalla minoranza linguistica più numerosa d’Italia, 1.663.000 cittadini. La normativa dell’Europa Unita tutela con particolare attenzione proprio le minoranze linguistiche, attenzione recepita dalla Legge della Repubblica Italiana n. 482/99 e dal Decreto Legislativo 13 gennaio 2016 n. 16. Eppure la Scuola Sarda, frequentata dai figli dei cittadini di una minoranza linguistica tutelata in primis dall’Europa, è stata falcidiata dalla Legge 133/08 in misura sproporzionata rispetto alle scuole di numerose altre Regioni italiane. Si può ipotizzare che non siano state applicate le norme esistenti?

Il mio ragionamento nasce dalla L. 482/99, “Norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche”, che all’art. 2, c. 1, stabilisce “In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i princípi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo”. Stabilito che la Sardegna è un’area geografica, incontrovertibilmente delimitata in quanto isola, abitata da una minoranza linguistica riconosciuta ufficialmente, esaminiamo le possibilità offerte dal DPR n. 81/09. L’articolo 10 è dedicato alla scuola Primaria: “Le sezioni della scuola Primaria (…) nelle aree geografiche abitate da minoranze linguistiche possono essere costituite classi, per ciascun anno di corso, con un numero di alunni inferiore al numero minimo previsto e comunque non inferiore a 10 alunni”. Riprende il medesimo indirizzo l’ articolo 11, dedicato alla Scuola Secondaria di I grado, mentre l’articolo 8 cita anche le Superiori.

Seconda norma, il DPR 275/99, art. 9: “Le istituzioni scolastiche, singolarmente, collegate in rete o tra loro consorziate, realizzano ampliamenti dell'offerta formativa che tengano conto delle esigenze del contesto culturale, sociale ed economico delle realtà locali. I predetti ampliamenti consistono in ogni iniziativa coerente con le proprie finalità, in favore dei propri alunni e, coordinandosi con eventuali iniziative promosse dagli enti locali, in favore della popolazione giovanile e degli adulti.” Concludiamo la nostra riflessione con l’art. 21, c.20, L. 59/97: “Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge la materia di cui al presente articolo nel rispetto e nei limiti dei propri statuti e delle relative norme di attuazione.”

Ecco le tre domande. E’ possibile ridefinire il numero delle classi in tutti i centri abitati e nelle scuole di ogni ordine e grado della Sardegna, attraverso una contrattazione dei Sindacati con l’Ufficio Scolastico Regionale per la Sardegna, nel rispetto del combinato delle norme sopra riportate, con riapertura di tutte le classi eventualmente soppresse a causa della mancata applicazione di esse? Mi permetto di proporre: numero massimo di 20 alunni per classe, 15 in presenza di un diversamente abile, in tutto il territorio regionale e in tutti gli ordini di scuola; numero minimo di 10 alunni per classe nei piccoli centri e nei quartieri cittadini condizionati da problematiche di dispersione scolastica e di devianza. In questo caso si recupererebbero 6.000 cattedre, cioè 6.000 “posti di lavoro”. Contro lo spopolamento, 400 alunni e non 600 per ripristinare le autonomie scolastiche. E poi: si può programmare per l’anno scolastico 2016-2017 l’insegnamento della lingua sarda e della letteratura, della storia, della geografia, della musica e dell’arte della Sardegna nelle scuole di ogni ordine e grado della nostra Isola, all’interno di un ampliamento dell’offerta formativa, con docenti specifici, in base al DPR 275/99, con un protocollo d’intesa Regione,U.S.R. e Sindacati? Infine, perché non elaborare una legge propria della Regione Autonoma della Sardegna sulla “Scuola Sarda Europea”, ai sensi dell’art. 21, c. 20, della Legge n.59/97, attraverso un Gruppo di Supporto Tecnico Scientifico formato da dirigenti scolastici, docenti e ATA, eletti in qualità di rappresentanti di tutto il personale delle Scuole di ogni ordine e grado della nostra Isola?

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