Io, precaria, credo ancora nella bellezza della scuola. Lettera

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Prof.ssa Roberta Macrì – Gentile redazione, gentili colleghi, signori sindacalisti, Ministro Fedeli, sono una docente precaria che più precaria non si può, nonostante abbia conseguito i titoli richiesti dallo Stato italiano, dalla Scuola italiana al fine di poter insegnare.

Mi riferisco alla laurea, alla specializzazione, alla abilitazione e al concorso. A questi titoli canonici si aggiungano i master e corsi di perfezionamento, certificazioni linguistiche e informatiche, eventuali e varie.

Alla luce di quando detto avrei tutte le carte in regola per essere una docente titolare ma ad oggi non lo sono, pertanto, mi chiedo dove sta l’inghippo?

Bene, credo di conoscere anche la risposta: l’Italia è il paese delle carte, delle certificazioni e soprattutto delle eccezioni alle regole. Purtroppo, nel corso di almeno venti anni, lo Stato italiano con i vari ministri hanno legiferato sui titoli e i criteri di reclutamento dei docenti in un modo selvaggio in quanto i metodi stabiliti dal ministro di turno azzeravano e annullavano quelli del ministro precedente. Nessuno ha pensato mai di costruire, salvare il salvabile e soprattutto nessuno ha mai agito partendo dalla realtà vere quella che si respira nelle aule, negli Istituti scolastici. Solo teoria e aria fritta.

Signori che colpa ha il docente nato negli anni ’70 che ha seguito il percorso professionale imposto dal proprio tempo per poi vedersi sorpassato, direi scippato, da chi invece nato dopo ha seguito i nuovi criteri? E’ paradossale sia stabili titoli che puntualmente, una volta conseguiti, vengano svuotati di valore quasi annullati.

Inoltre, come spesso accade in Italia, fatta legge trovato l’inganno: al via la fiera dei ricorsi, delle eccezioni alla regola. Già perché chi partecipa ad un concorso per titoli poi assiste all’ammissione alle prove di chi, al momento del concorso, i requisiti per partecipare non li aveva.

Stesso copione per la graduatorie: gente in graduatoria in possesso dei requisiti si ritrova superato da chi, tali requisiti non li aveva, però ecco il ricorso tutto può.

E’ stato calpestato il valore dei contenuti, la qualità dello studio e gli insegnati catapultati nell’arena della caccia al titolo, al punto comprato al supermercato delle università.

Colleghi precari non sanno come, dove, quando se mai insegneranno, scuole prive di docenti, incarichi vuoti perché nessuno più vuole lavorare a giornata.

Il lavoro del docente è stato privato della propria dignità. Chi di dovere ha dimenticato che il docente contribuisce alla formazione della mente e del cuore di persone, non alla produrre sportelli di auto in serie ma occuparci di mente, cuore, educazione.

Invece gli studenti cambiano docenti di continuo, la qualità del lavoro è logorata dalla precarietà, le prove e i programmi insieme alla eccessiva burocrazia diventano alibi per svilire ulteriormente la qualità del lavoro.

Sì quando le cose non funzionano, o più le cose non funzionano più la burocrazia è esigente, come se la documentazione impeccabile (e perfettamente inutile) potesse coprire le voragini di ciò che non va.
A volte penso che un popolo ignorante convenga a tutti: obbedire senza discutere!

Oggi la scuola continua a salvarsi grazie a docenti eroici che scovano la bellezza nascosta e, con grandi sacrifici personali, lottano per mostrarla a studenti (che tristemente definiscono la scuola cattive) e famiglie che della scuola non hanno più stima.

La precarietà mi ha insegnato a non mettere radici, a non dare nulla per scontato e dare il massimo sempre. Non ho alcuna sicurezza, in tempi brevi o brevissimi mi ritrovo a dover fare le valigie però vi assicuro in ogni scuola arrivo con una piccola valigia che al momento di partire non è sufficiente a contenere i doni ricevuti.

Non sono mai stata legata al punto o alla virgola, chi mi conosce sa che non ho mai dormito col telefono sotto il cuscino aspettando la chiamata ma con la stessa certezza vi dico che con le ali ai piedi son volata verso ogni giorno e ora di lavoro donato, ho amato ogni istante, ogni alunno incontrato in questo strano percorso. Oggi da precaria vi scrivo che nessuna sicurezza vale lo sguardo grato di un alunno, l’abbraccio di un collega di corso, l’incontro con la famiglia.

Buon viaggio fra mente e cuore

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