Riforma scuola. Sottoporre i Dirigenti a rigorosa selezione e valutazione del loro operato

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Molti elogi ma anche molte critiche. Le linee guida governative per la ‘buona scuola’ stanno sollecitando in questi giorni le riflessioni e gli interventi di tutte le associazioni professionali legate alla scuola. Vi proponiamo il punto di vista di Ezio Sina, presidente della neonata Apidge (Associazione professionale insegnanti di discipline giuridiche ed economiche). 

Molti elogi ma anche molte critiche. Le linee guida governative per la ‘buona scuola’ stanno sollecitando in questi giorni le riflessioni e gli interventi di tutte le associazioni professionali legate alla scuola. Vi proponiamo il punto di vista di Ezio Sina, presidente della neonata Apidge (Associazione professionale insegnanti di discipline giuridiche ed economiche). 

Presidente, in un recente comunicato lasciate intendere che le linee guida di Renzi per la buona scuola non vi soddisfano perché ancora una volta mettono gli insegnanti alla stregua di impiegati statali anziché considerarli ‘professionisti della conoscenza’. Alla luce di questo, come valutate l’immissione in ruolo dei quasi 150.000 docenti inseriti nelle Gae?

Parlare di precariato nella scuola italiana ingenera in qualche modo la convinzione che l’accesso alla professione docente in Italia possa non dare garanzie di correttezza nel metodo e di professionalità nel merito.

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La scelta di una sanatoria intanto va a premiare e giustamente qualcuno che nella scuola ormai lavora da anni, ma soprattutto a penalizzare quanti sono stati ampollosamente additati come una nuova pattuglia di docenti selezionati secondo criteri meritocratici. Se di sanatoria si tratta, sembra allora opportuno che il reclutamento di nuovi docenti debba rispettare la professionalità di tutti quanti. 

Non ci spaventa neppure il timore di dover eventualmente spostare di uno, due anni il tanto agognato "accesso ordinario". Anche perché l’efficacia dell’attività di insegnamento non può essere soltanto riconducibile a un pubblico concorso (art. 97 Costituzione), ma è indispensabile invece che siano predisposti speciali percorsi formativi di inserimento e di selezione, che ritengo siano stati rispettati ad esempio negli ultimi corsi abilitanti. 

I "pasticci" del passato ci devono insegnare che gli alunni non sono da considerare come semplici pratiche, non è sufficiente che il docente dimostri  una buona preparazione teorica: la stessa cosa si pretende per selezionare e scegliere il proprio medico, un ingegnere, un avvocato. Forse è venuto il momento che non sia più lo Stato con il suo apparato burocratico a definire lo "stato giuridico" di un docente: per tutte le altre "professioni intellettuali" si è demandato tale compito ad organismi di autogoverno della professione, capaci anche di gestire la formazione e lo sviluppo dell’etica professionale anche mediante l’adesione ad un codice deontologico. 

Eppure ancora oggi esiste la tassa di abilitazione all’insegnamento, una tassa "una tantum" che interessa tutti i docenti abilitati, legata unicamente al titolo di studio necessario per conseguire l’abilitazione (art. 190 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592) e non all’appartenenza ad un autentico "corpo docente". In sostanza un’odiosa gabella che condiziona unicamente l’emissione del certificato di abilitazione.

In che modo auspicate che si dia il via alla misura e alla valutazione delle performance dei docenti? 

Non è assolutamente vero che gli insegnanti temano di essere valutati: preoccupa soltanto l’indipendenza dai centri di potere (interni ed esterni) dell’organismo a cui venga affidato tale compito e soprattutto che non si proceda attraverso modalità di controllo burocratico e discrezionale. 

La valutazione non può che essere legata alla ricerca didattica effettuata, ai processi innovativi intrapresi, ai risultati qualitativi di apprendimento raggiunti dagli alunni rapportati alle condizioni oggettive in cui si esercita il diritto-dovere all’istruzione, secondo precisi criteri prefissati.

Il "Registro nazionale dei docenti" ipotizzato nelle recenti indicazioni governative può rappresentare un utile strumento professionale, tuttavia, se gestito direttamente dallo Stato, può semplicemente riassumere alcuni aspetti della carriera (titoli, corsi di aggiornamento, pubblicazioni…) e dei servizi svolti (mansioni, incarichi, progetti, iniziative programmate e organizzate nella scuola).

Un curricolo certificato che in prospettiva potrebbe essere arricchito, come succede in altri Paesi in Europa, anche dalle valutazioni da parte di studenti e genitori, facendo riferimento ai risultati ottenuti in termine di progressi di apprendimento.

Per scongiurare giudizi legati all’emotività o espandere l’ambito della discrezionalità di chi valuta, in assenza di organismi professionali di autogoverno, si chiede intanto che al processo di riforma vengano maggiormente coinvolte le associazioni che istituzionalmente promuovono ricerca didattica e attività di formazione, anche con riferimento a singole aree disciplinari, com’è il caso di APIDGE.

E’ opportuno che chi dirige e indirizza questi importanti mutamenti dell’architettura del sistema scolastico abbia cura di ascoltare chi rappresenta quella parte del mondo della scuola che si impegna con continuità e rigore a esplorare i campi dell’innovazione didattica, della diffusione di esperienze, conoscenze e competenze metodologiche, nonché l’articolazione dei curricoli.

60 euro in più ogni tre anni vi sembra un incentivo congruo e sufficiente a ridare potere d’acquisto ai salari dei docenti?

C’è assoluto bisogno di individuare nuovi profili professionali per docenti e dirigenti scolastici. Importanti innanzitutto i tempi di lavoro, per i quali occorre spazzare via quel luogo comune che spesso accompagna la vita professionale di un docente: ti proponiamo un lavoro "a mezzo sevizio", naturalmente verrà retribuito con "mezzo stipendio".
E va riconosciuta anche la peculiarità dell’attività di insegnamento, caratterizzata da una natura complessa per la varietà dei compiti attribuiti (didattica, ricerca, sperimentazione, organizzazione, programmazione, valutazione, utilizzazione delle risorse, informazione, cooperazione, gestione delle relazioni).

Eppure secondo l’ultimo Rapporto Euridyce lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore in Italia, dopo quindici anni di insegnamento è di 27.500 euro lordi annui. Un insegnante tedesco, allo stesso livello di carriera, guadagna 45.000 euro all’anno. La proposta di differenziare i salari incentivando la qualità del servizio è giusta e  corretta: si discute da sempre su quale organismo sia in grado di valutare l’impegno prodotto e sui criteri da adottare salvaguardando l’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il primo problema da porsi mi sembra invece nel fatto che si discute di carriera in un Paese dove dal 2009 non ci si può più permettere nessun tipo di progressione economica generalizzata e oggi si promettono 60 euro mensili in più di stipendio ai professori più bravi togliendoli eventualmente dagli stipendi dei fannulloni.

Come ridisegnereste i contorni della figura del Dirigente Scolastico?

È inevitabile che, come avviene in qualunque altro sistema organizzato, il dirigente abbia un ruolo decisivo nell’organizzazione interna dell’istituzione scolastica.
E’ pure giusto che egli abbia un ruolo importante nella scelta e nella valutazione del docente, ma è assolutamente indispensabile che i dirigenti scolastici siano sottoposti, oltre che a una rigorosa selezione, anche ad un puntuale e trasparente metodo di valutazione del loro agire.

Non sembra possibile procedere alla rendicontazione dell’operato dell’istituzione scolastica senza automaticamente valutare l’operato del suo leader.
Solo la prospettiva che le scuole vengano dotate di "organici funzionali" sembra consentire la costruzione di validi indicatori su cui fondare la valutazione del dirigente, primi tra tutti proprio la capacità di scegliere, valutare, valorizzare, promuovere il personale della scuola.

Che cosa pensate dell’apertura ai finanziamenti dei privati? Quali limitazioni e quali accorgimenti bisognerebbe attuare?

Nel disegno del Governo c’è una interessante apertura della Scuola agli investimenti privati, nell’ambito di potenziamento "dei rapporti con le imprese". Nessun timore dovrebbe sorgere sinché si organizzano percorsi didattici quali ad esempio quelli utili a favorire i percorsi didattici di alternanza scuola-lavoro: qualche dubbio può sorgere laddove l’impresa o l’ente di riferimento vengano in qualche modo coinvolti anche in sede decisoria nei momenti importanti della vita scolastica. 

C’è timore insomma che questi assumano ruoli troppo significativi negli Organi di governo interni alla scuola. Per evitare pericolose situazioni di vassallaggio o accentuare profonde disparità tra le scuole esistenti, ritengo sia più opportuno che tutte le risorse che provengano alle scuole non siano imputate direttamente all’istituzione scolastica, ma ad un ente ad essa esterno appositamente istituito, qual è il caso delle fondazioni.

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