Quota 96 Scuola. Un’umiliante sconfitta per il sistema Italia

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Gruppo Quota 96 Scuola – Il Financial Times ha scritto recentemente che la luna di miele tra Renzi e gli italiani è finita. Per quel che riguarda il mondo della scuola, la data del divorzio con il Presidente del consiglio  potrebbe essere in autunno, un periodo che forse sarà ricordato come quello dell’ennesima promessa non mantenuta dalla politica.

Gruppo Quota 96 Scuola – Il Financial Times ha scritto recentemente che la luna di miele tra Renzi e gli italiani è finita. Per quel che riguarda il mondo della scuola, la data del divorzio con il Presidente del consiglio  potrebbe essere in autunno, un periodo che forse sarà ricordato come quello dell’ennesima promessa non mantenuta dalla politica.

Prima della chiusura estiva delle camere, Renzi, dopo aver blandito il mondo della scuola con mille promesse, l’ha platealmente tradito cacciando dal “salotto buono” della riforma della pubblica amministrazione i pensionandi della scuola della cosiddetta Quota 96, proprio nel momento in cui, nella stessa riforma, si trovavano i fondi per i prepensionamenti di una categoria del settore privato: il danno e la beffa. Uno schiaffo che gli insegnanti, il personale ATA e le loro famiglie difficilmente dimenticheranno, arrivato quando un incubo durato anni sembrava finito in un’estate passata a preparar carte, dopo che da un mese i TG nazionali annunciavano la prossima uscita dei professori dal mondo del lavoro e dopo che la Camera si era unanimemente espressa per la soluzione di un pasticcio che rende poco onore al mondo della politica.

I lavoratori della scuola non hanno nulla da eccepire sul fatto che altre categorie siano aiutate con i meccanismi di prepensionamento, anzi, ma sottolineano che la cosa avviene ormai da anni senza campagne di stampa avverse e con il puntuale reperimento di coperture, quindi dire che pensionare un numero limitato di professori e di personale ATA creerebbe un precedente pericoloso nei riguardi della riforma Fornero è una menzogna insostenibile. Inoltre questi lavoratori si sono trovati al di là dello spartiacque della riforma solo per un errore tecnico da tutti riconosciuto e per loro è assolutamente inesatto parlare di prepensionamento perchè si tratta semplicemente di esercitare un diritto che era stato acquisito.

Il caso Quota 96, 4000 insegnanti estromessi dalla porta di servizio dopo essere stati illusi e vessati, è una delle più evidenti dimostrazioni del fallimento del sistema Italia: è inconcepibile come in tre anni di lavoro due camere non siano riuscite a sanare, nonostante il consenso dei partiti, un errore ammesso dalla stessa Fornero. La montagna non è riuscita nemmeno a partorire un topolino.

Qualcuno ha detto che i soldi pubblici non sono un bancomat a cui questi insegnanti avevano il diritto di attingere. Assurdo. Proprio la scuola è stato il bancomat a cui ricorrere, spesso per alimentare la fiera degli sprechi e dei privilegi: una Caporetto di lacrime e sangue che è costata 81.000 cattedre in 5 anni e che ha irrimediabilmente impoverito nello spirito e nelle risorse quello che era uno dei migliori sistemi d’istruzione d’Europa, che ha visto gli insegnanti lasciati troppo spesso soli sulla linea del Piave di un paese senza più etica e valori.

Anni bui per la scuola, senza uno spiraglio di luce, vissuti in classi sovraffollate, nell’ingorgo della burocrazia e di assurde graduatorie, con un esercito di precari al limite della sussistenza, con giovani vincitori di concorso disoccupati, nauseati da tante inutili promesse e in procinto di lasciare per sempre un paese che per loro non ha futuro. Il pensionamento di Quota 96 doveva essere il primo timidissimo segno di quella decantata “staffetta generazionale” puntualmente naufragata, l’immissione di un po’ di sangue nuovo nel sistema d’istruzione che ha gli insegnanti più vecchi e peggio pagati d’Europa. Certamente una goccia nel mare sterminato del precariato, ma sicuramente un primo segnale di cambiamento.
Altrove la scuola è considerata un sicuro investimento per il futuro, da noi, nel paese che ha il 75% del patrimonio artistico architettonico mondiale, uno spreco da tagliare lasciando le forbici in mano ai ragionieri. Quella che dovrebbe essere la prima superpotenza culturale al mondo, in testa nei flussi turistici, è il paese dove meno si legge e dove gioielli del passato come la città di Pompei si sgretolano quotidianamente insieme alla nostra credibilità internazionale.

Altrove il corpo docente è ritenuto una preziosa risorsa da motivare, da noi una sorta di sottoproletariato culturale da sopportare e mantenere a malincuore. Quella che all’estero è una professione socialmente riconosciuta, da noi è un lavoro usurante al primo posto nella triste classifica delle patologie psichiatriche.

I professori di Quota 96, retrocessi a cittadini di serie B, dopo aver insegnato per decenni ai loro studenti legalità e giustizia, si sentono traditi su questo terreno da quelle istituzioni che per una vita hanno fedelmente servito e che non capiscono quale danno arrechi il seme dell’iniquità al sistema che ha il compito di formare le generazioni future.
Renzi dice di non prendere ordini da nessuno, rivendica il primato della politica sulla burocrazia ed ha promesso di risolvere il caso kafkiano di Quota 96.

Gli insegnanti non gli credono più. Il Presidente del consiglio si è impegnato a risolvere il problema? Ebbene lo faccia in modo chiaro, senza rinvii e tentennamenti. Scelga di onorare un impegno inequivocabilmente sottoscritto dal suo partito, scelga di stare con la società civile e non di subire l’abbraccio mortale dei burocrati. A questo punto riconquisterà la stima degli insegnanti, altrimenti la luna di miele è davvero finita e la rottura sarà irreparabile.

Claudio Mauri

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