Pantaleo (FLCGIL): dal 1 settembre mobilitazione. La riforma non ha consenso

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“Talloneremo il Governo con un presidio il 7 luglio e mobilitazioni a inizio anno scolastico”. Il leader della Flc Cgil Domenico Pantaleo è critico su molti passaggi della riforma Renzi-Giannini e invita in particolare a non abbassare la guardia su assunzioni e organico potenziato.

“Talloneremo il Governo con un presidio il 7 luglio e mobilitazioni a inizio anno scolastico”. Il leader della Flc Cgil Domenico Pantaleo è critico su molti passaggi della riforma Renzi-Giannini e invita in particolare a non abbassare la guardia su assunzioni e organico potenziato.

La gestazione della riforma è ormai terminata, che cosa pensa del momento in cui vedrà la luce per diventare pane quotidiano di docenti e studenti?

“L’applicazione di questa riforma sarà molto complicata perché non ha consenso tra i docenti, tra gli studenti, tra le famiglie, tra i sindacati, tra le associazioni professionali, pertanto prevedo mesi difficilissimi. Stiamo parlando di una legge inaccettabile, incostituzionale, che riporta indietro di decenni la scuola pubblica italiana ”.

Entrando nel merito degli articoli, quali elementi di incostituzionalità ravvisa?

“Nel merito la legge presenta tantissime incongruenze e contraddizioni, che alimenteranno valanghe di ricorsi da parte dei precari. Mi riferisco in particolare alle regole confuse per le assunzioni, che non cancellano affatto il precariato creando, invece, ulteriori disparità tra Nord e Sud. Stiamo parlando di una riforma poi che, prevedendo sgravi per le imprese che investono e per le famiglie che iscrivono i figli nelle paritarie, mina l’uguaglianza di tutti nell’accesso all’istruzione”.

Ha parlato di ricorsi, anche la sua organizzazione intende avviare una class action?

“Ci stiamo attrezzando. Lavoreremo perché venga fuori in modo chiaro che questa riforma imprime una ferita mortale alla libertà di insegnamento trasformando la scuola in azienda, mentre essa è un organo costituzionale, deve essere una comunità con al centro gli organi collegiali”.

Vede in questo, dunque, il vero cuore della riforma?

“Per me lo scopo primario è far saltare la contrattazione collettiva. Mi auguro vivamente che il Presidente della Repubblica, nella sua autonomia, possa intervenire ribadendo la vera funzione della scuola pubblica e di Stato e salvaguardando la libertà di insegnamento”.

Così veniamo alla chiamata diretta dei docenti. Lo scopo della riforma è segnare una svolta rispetto al passato, questo è evidente, ed era certo prevedibile un irrigidimento dei sindacati. Vorrei domandarle se, invece, sareste stati favorevoli a una sperimentazione per esempio sul 10 o il 20 per cento degli istituti.

“La sperimentazione sarebbe potuta essere una strada, ma il vero tema in questo momento non è la chiamata diretta, ma le tre o quattro fasi previste per le assunzioni o la nebulosità che avvolge gli albi territoriali. La scelta dei docenti in relazione al POF rischia di diventare un mercato con scuole di serie A e scuole di serie B. Si poteva pensare a meccanismi meno farraginosi, anche con fasi di sperimentazione, certo con un po’ di tempo in più e soprattutto senza preclusioni ideologiche”.

Nella riforma si parla in maniera diffusa anche dell’organico potenziato, lei ha capito che cos’è e a che cosa serve?

“La critica più grossa che mi sento di fare a questo riguardo è che non mi pare che così come viene formulato l’organico potenziato risponda ad obiettivi di miglioramento qualitativo, poiché manca del tutto l’identificazione di traguardi importanti come la lotta alla dispersione, l’innalzamento dell’obbligo scolastico e degli obiettivi di apprendimento per la matematica e l’italiano al Sud. E’ del tutto evidente, a mio avviso, che serve solo ad eliminare le supplenze”.

Un altro punto che vorrei toccare con lei è quello dei cosiddetti superpoteri ai presidi.

“Il Governo ha voluto fare della dirigenza il capro espiatorio di ciò che non funziona nella scuola, con conseguenze che potranno essere anche molto pericolose. Si è voluta fare in sostanza una doppia operazione: aumentare da un lato i poteri alla dirigenza, dall’altro rendere il dirigente scolastico unico responsabile dei successi, anche in termini di apprendimenti, e degli insuccessi – pensiamo a quello che potrà succedere con l’anagrafe dell’edilizia scolastica, visto che i nodi stanno venendo al pettine. Il preside che esce dalla riforma è, cioè, è un manager a cui si chiedono risultati, ma una scuola funziona se ci sono docenti in grado di mettersi quotidianamente in gioco, se sanno lavorare in team, se ci sono risorse adeguate, senza contare il contesto. A me pare che oggi la riforma della scuola accantoni tutto questo in un’ottica di distorsione in cui si accentuano i profili organizzativi penalizzando la didattica. Inoltre, non tutti i dirigenti hanno gli strumenti per reggere una simile sfida. Chi ha scritto questa legge non sa bene che cosa è la scuola”.

Che cosa troveranno i docenti il 1° settembre al ritorno dalle ferie estive?

“Tante iniziative di mobilitazione con assemblee e soprattutto una grande compattezza tra tutte le RSU. Lavoreremo per la piattaforma contrattuale e per una nuova idea di partecipazione. Ricordo che nell’immediato, il 7 luglio, ci sarà un grande presidio a Montecitorio, talloneremo il Governo fino alla fine. La legge sulla ‘brutta scuola’ non ha consenso e non siamo disponibili a riportare indietro le lancette dell’orologio. Non permetteremo all’esecutivo di cambiare in maniera autoritaria la scuola di tutti. È una partita che riguarda studenti, famiglie, società civile, non solo i docenti”.

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