Gran Bretagna. Lavoratori dell’industria del sesso per pagarsi l’università

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Secondo una  ricerca condotta dalla Swansea University, il 22% degli studenti universitari del Regno accettano di lavorare nell’ industria del sesso, per pagarsi gli studi universitari: dalle studentesse di giorno che diventano escort di notte, alle “massaggiatrici” in centri sauna di dubbia fama, ai giovani arruolati nella pornografia online, alle tante occupazioni nei locali a luci rosse, fra cui quella di ”maggiordomo nudo” o spogliarellista, e ancora le chat erotiche, gli spogliarelli fino alla vera e propria prostituzione.

Secondo una  ricerca condotta dalla Swansea University, il 22% degli studenti universitari del Regno accettano di lavorare nell’ industria del sesso, per pagarsi gli studi universitari: dalle studentesse di giorno che diventano escort di notte, alle “massaggiatrici” in centri sauna di dubbia fama, ai giovani arruolati nella pornografia online, alle tante occupazioni nei locali a luci rosse, fra cui quella di ”maggiordomo nudo” o spogliarellista, e ancora le chat erotiche, gli spogliarelli fino alla vera e propria prostituzione.

Il 5% ha ammesso di aver fatto soldi in questo modo: si contano più uomini di donne.

Lo studio, dal titolo di “Student Sex Work Project”, ha chiesto anche agli studenti di motivare questa scelta. I due terzi afferma che la priorità sono i soldi per uno stile di vita migliore, mentre il 45% vuole evitare di finire l’università coi debiti accumulati per pagarsi le costose rette nel Regno. Ma c’è anche chi mette prima di tutto il piacere fisico. Di solito si lavora in questo settore per periodi brevi e con orari part-time, meno di cinque ore a settimana, per non togliere troppa attenzione agli studi.

Le rette degli atenei britannici sono diventate costosissime, ancora di più se si tratta delle istituzioni più elitarie di Oxford e Cambridge.

Negli ultimi tempi le manifestazioni delle organizzazioni studentesche  hanno in certi casi preso d’assedio il centro di Londra per protestare contro le elevate rette da 9 mila sterline e i tagli all’educazione voluti dal governo di David Cameron.

Per questo problema il fenomeno si è diffuso un po’ ovunque, non solo nella Londra capitale, ma nelle città universitarie più piccole.

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