DDL riforma scuola, il contenzioso enorme è già partito.Tribunali intasati, colpa del Governo e Parlamento

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Migliaia sono già i ricorrenti che hanno deciso di adire i Tribunali del lavoro praticamente di tutto il Paese per chiedere con urgenza l'inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento per non perdere il treno della mini-stabilizzazione( perché il numero del precariato è di gran lunga superiore rispetto a quello "sanato") come prevista dal ddl scuola.

Migliaia sono già i ricorrenti che hanno deciso di adire i Tribunali del lavoro praticamente di tutto il Paese per chiedere con urgenza l'inserimento nelle Graduatorie ad Esaurimento per non perdere il treno della mini-stabilizzazione( perché il numero del precariato è di gran lunga superiore rispetto a quello "sanato") come prevista dal ddl scuola.

Si tratta, come è noto, dei diplomati magistrali entro l'anno scolastico 2001/2002 che non solo rischiano di perdere un loro sacrosanto diritto, come accertato dalla nota Sentenza del Consiglio di Stato del 2015, quale l'inserimento nelle GAE ergo stabilizzazione, ma anche praticamente il lavoro se tale inserimento non avverrà tempestivamente. E si tratta di migliaia di maestre, la maggior parte precarie storiche, ma tante sono precarie giovani, senza dimenticare che si colpisce, trattandosi nella quasi totalità dei casi di donne, la condizione del lavoro femminile, che in Italia, come è noto, continua ad essere soggetta a rilevanti discriminazioni. 

Dunque il ddl scuola ha già scatenato un primo putiferio di ricorsi in Tribunale. Ma questo è solo l'inizio. Già ne sono stati annunciati diversi, soprattutto dai colleghi dell'ANIEF e non solo, come quelli contro la chiamata diretta dei presidi dagli albi territoriali; contro l’obbligo di assunzione su sostegno, senza possibilità di optare per l’insegnamento curricolare, per chi è inserito nei relativi elenchi; contro il blocco dei contratti TD dopo 36 mesi di lavoro da precari su posto vacante che non prevede la stabilizzazione; contro le mancate assunzioni su tutti posti vacanti in organico di diritto del personale Ata, educativo, docente e di sostegno;contro l’inserimento negli albi regionali per chi ha prodotto domanda di mobilità, contro la cancellazione delle graduatorie ad esaurimento e della prima fascia delle graduatorie d’istituto ecc.

Ma ne verranno certamente altri, penso, per esempio ai criteri di valutazione che verranno adottati nelle scuole, alla questione sulla contrattazione, alle diverse questioni di non costituzionalità del ddl scuola che verranno sollevate, e che probabilmente verranno sollevate anche in sede comunitaria, alla questione della tutela risarcitoria in caso di infortuni sul lavoro, stante il vuoto normativo che si è venuto a determinare dal 2011, al problema degli stipendi che certamente non sono più adeguati al reale costo della vita, od al caso, giusto per fare un solo esempio, della questione retributiva che riguarda proprio le maestre della scuola primaria. Diversi studi qualificati hanno dimostrato che i docenti della scuola primaria sono quelli che lavorano di più, con una prestazione oraria annua di 1.286 ore (media settimanale da settembre a giugno di 34 ore), seguiti da quelli della materna con 1.202 ore (media settimanale 32), e dai docenti della secondaria di I e II grado praticamente alla pari con 1.138/1.140 ore annue (media settimanale di 30 ore).

Studi che hanno ben rilevato che "tre ore di insegnamento di un docente di elementare sono retribuite come due ore di insegnamento del collega della secondaria. E' quanto si ricava rapportando il numero di ore di lavoro prestate con lo stipendio liquidato, ottenendo quindi la retribuzione oraria dei docenti dei diversi gradi di scuola.Una discriminazione chiara, che oggi non ha più ragione di essere specialmente per quel personale che opera nella scuola primaria ed è laureato. Già, perché la differenza retributiva tra i diversi ordini e gradi di scuola era ed è, oggi ancora, giustificata in linea di principio, dal titolo di studio richiesto per l'accesso.

Se pensiamo per esempio che per l’insegnamento nella scuola d’infanzia o primaria è necessaria oggi la laurea in Scienze della formazione primaria, salvo la questione di cui in premessa al citato intervento, che senso ha ancora oggi quella discriminazione? Nessuna. Ed il ddl scuola, ovviamente, ignora tutto ciò. La giurisprudenza comunitaria più di una volta si è pronunciata su temi similari. Per esempio ha già dichiarato in più occasioni che, per valutare se determinati lavoratori svolgano uno stesso lavoro o un lavoro a cui può attribuirsi valore uguale, occorre accertare se tali lavoratori, tenuto conto di un complesso di fattori, quali la natura dell’attività lavorativa, le condizioni di formazione e quelle di lavoro, si trovino in una situazione comparabile (v. sentenze dell’11 maggio 1999, Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, C-309/97, Racc. pag. I-2865, punto 17, e Brunnhofer, cit., punto 43).

Oppure che la formazione professionale non costituisce soltanto uno dei fattori che possono giustificare obiettivamente una differenza nelle retribuzioni concesse ai lavoratori che effettuano lo stesso lavoro. Essa figura anche tra i criteri che consentono di verificare se i lavoratori effettuino o meno uno stesso lavoro (sentenza Angestelltenbetriebsrat der Wiener Gebietskrankenkasse, cit., punto 19). Insomma i Tribunali italiani sono già intasati dal contenzioso scuola, e di questo non ne sono certamente felici, e la responsabilità non è certamente di chi ricorre per un proprio diritto, ma di chi ha leso questo diritto e di chi continua ad adottare provvedimenti ignobili e scellerati sia per la dignità del personale scolastico che per l'intera comunità scolastica.

 

E' stato questo governo, questo parlamento a determinare la situazione come oggi sussistente, e se ci fosse la responsabilità civile del parlamentari, penso che ci penserebbero ben mille volte, prima di approvare certe norme i cui effetti sono dannosi sia per l'erario, che per i diritti dei lavoratori, anche perché pagherebbero con i propri soldini i danni procurati al Paese.

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