Crocifisso a scuola: “esporlo non viola i diritti umani”. I paesi europei che lo espongono. I motivi di una sentenza

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ASCA – La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo ha dato ragione all’Italia nella causa ”Lautsi e altri contro Italia” sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche. La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo ha dato ragione all’Italia nella causa ”Lautsi e altri contro Italia” sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche.

ASCA – La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo ha dato ragione all’Italia nella causa ”Lautsi e altri contro Italia” sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche. La Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo ha dato ragione all’Italia nella causa ”Lautsi e altri contro Italia” sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche.

Dunque, la presenza di crocifissi nelle aule delle scuole pubbliche italiane non viola il diritto all’istruzione. La decisione della Corte inverte la sentenza di prima istanza che condannava l’Italia.

Si chiude cosi’ il caso approdato davanti alla Corte il 27 luglio 2006 con il ricorso di Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi. La Lautsi riteneva infatti la presenza del crocifisso un’ingerenza incompatibile con liberta’ di pensiero, convinzione e di religione (art.9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950) cosi’ come del diritto all’istruzione, in particolare, il diritto ad un’educazione ed insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori (art.2 del Protocollo n.1).

LA STORIA. I ricorrenti, nati nel 1957, 1988 e 1990 sono Soile Lautsi e i suoi due figli, Dataico e Sami Albertin, e tutti e tre vivono in Italia. Nell’anno scolastico 2001-2002 Dataico e Sami frequentavano l’istituto ”Vittorio da Feltre”, scuola pubblica ad Abano Terme (Padova), dove, in ogni classe, era affisso un crocifisso. Il 22 aprile del 2002, durante un incontro a scuola, il marito di Soile Lautsi, espose la questione della presenza dei simboli religiosi nelle classi e chiese la loro rimozione.

La direzione della scuola rispose negativamente, cosi’ Lautsi fece ricorso al Tribunale amministrativo del Veneto il 23 luglio 2002 lamentando la violazione del principio di laicita’ dello Stato. Il 30 ottobre 2003 il ministro dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca – che nell’ottobre 2002 aveva adottato una direttiva che istruisse i dirigenti scolastici per garantire la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche – si uni’ al ricorso presentato dalla richiedente sostenendo che la sua domanda fosse infondata perche’ la presenza dei crocifissi nelle aule della scuola statale si basava su due regi decreti del 1924 e 1928.

Nel 2004 la Corte Costituzionale boccio’ il ricorso presentato dal Tar del Veneto. Il fascicolo torno’ quindi al Tribunale amministrativo regionale, che il 17 marzo del 2005 a sua volta boccio’ il ricorso, spiegando che le disposizioni dei regi decreti erano ancora in vigore e che la presenza dei crocifissi nelle aule della scuola di Stato non violava il principio della laicita’ dello Stato, ma era ”parte del patrimonio giuridico d’Europa e delle democrazie occidentali”. Il 13 aprile del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione e, il 27 luglio dello stesso anno, il ricorso e’ arrivato presso la Corte europea dei diritti dell’uomo.

SENTENZA DELLA CEDU. La prima sentenza della Cedu, il 3 novembre del 2009, aveva riconosciuto la violazione, da parte dell’Italia, sia dell’art. 2 del Protocollo aggiuntivo n. 1 della Convenzione sia dell’art. 9 sulla liberta’ di pensiero, convinzione e religione. Non potendo imporre la rimozione dei crocifissi dalle scuole italiane ed europee, la Corte aveva condannato l’Italia a risarcire 5.000 euro alla Lautsi per danni morali.

Il Governo italiano chiese allora il rinvio alla Grande Chambre (Gc) della Corte ritenendo la sentenza 2009 lesiva della liberta’ religiosa individuale e collettiva, come riconosciuta dallo Stato italiano. La Grande Chambre accetto’ la domanda di rinvio ed ha ascoltato in udienza pubblica (30 giugno 2010) le parti in causa: lo Stato italiano e il Legale ricorrente rinviando a oggi la sua decisione definitiva.

Quanto ai contenuti giuridici, la questione e’ stata affrontata dal ministro degli Esteri, Franco Frattini, assieme all’Ufficio dell’Agente e del Co-Agente del Governo italiano presso la CEDU ed in coordinamento con le varie Amministrazioni coinvolte (Presidenza del Consiglio-Dipartimento Affari Giuridici e Legislativi e Ministero della Giustizia). Frattini ha presieduto due riunioni interministeriali (17 dicembre 2009 e 21 gennaio 2010) che hanno portato rispettivamente a migliorare e formalizzare la memoria difensiva con il consenso di tutti gli attori coinvolti. Frattini ha inviato ai ministri degli Esteri dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa una lettera esplicativa della posizione italiana in merito alla questione e riassuntiva della memoria difensiva, presentata alla Corte, per poter ottenere accanto al sostegno politico anche un intervento degli Stati come ”terzi” a favore dell’Italia.

Hanno risposto positivamente intervenendo a favore del Belpaese davanti alla Corte i seguenti Stati: San Marino, Malta, Lituania, Romania, Bulgaria, Principato di Monaco, Federazione Russa, Cipro, Grecia, Armenia e alcune NGO italiane e straniere.

I PAESI CHE LO ESPONGONO A SCUOLA.

Ecco com’e’ regolata l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche in altri paesi europei.

AUSTRIA. La presenza del crocifisso e’ garantita da una legge del 1949, confermata dal Concordato del 1962, in tutte le aule scolastiche nelle quali oltre meta’ degli alunni appartenga a una delle confessioni cristiane.

FRANCIA. In Francia l’articolo 28 della legge 9 dicembre 1905 vieta espressamente l’esposizione di simboli o emblemi religiosi su monumenti o in spazi pubblici, a eccezione dei luoghi di culto, dei campi di sepoltura, dei musei e delle mostre. Nel 2004, l’articolo 1 della legge n.228 del 15 marzo, chiamata ”legge anti-velo” e approvata dal parlamento francese, precisa il divieto, nelle scuole primarie e secondarie, di indossare simboli o indumenti che ostentino l’appartenenza religiosa.

GERMANIA. Solo in Baviera il crocifisso e’ di norma esposto nelle aule delle scuole elementari, dato che il Land e’ storicamente cattolico. Se alcuni studenti obiettano che questo lede la loro liberta’ di coscienza, le autorita’ scolastiche aprono un procedimento di conciliazione, che puo’ condurre alla rimozione. Una sentenza della Corte Costituzionale del 1995 ha sancito l’incostituzionalita’ della presenza dei simboli religiosi nelle aule scolastiche.

ROMANIA. In Romania, la decisione 323/2006 del Consiglio Nazionale per la Lotta alla Discriminazione ha stabilito che il ministero dell’Educazione deve ”rispettare il carattere secolare dello stato e l’autonomia della religione”, e che ”simboli religiosi devono essere mostrati solo durante le ore di religione o in aree dedicate esclusivamente all’educazione religiosa”. Il caso nasceva dal ricorso di Emil Moise, maestro e genitore della contea di Buzau, che contestava come l’esposizione pubblica di icone ortodosse costituisse una rottura della separazione tra Stato e Chiesa in Romania, e come cio’ costituisse una discriminazione contro atei, agnostici e non religiosi.

SPAGNA. Il crocifisso e’ affisso nelle aule scolastiche in Spagna dal 1930 ed e’ tuttora presente, nonostante la costituzione aconfessionale dello Stato entrata in vigore nel 1978. Nel 2009 il governo guidato da Zapatero ha messo a punto un disegno di legge per togliere ogni simbolo religioso dalla scuola pubblica. Il dibattito era gia’ nato poco prima che un giudice di Valladolid aveva deciso di ”far ritirare i simboli religiosi dalle classi e dagli spazi comuni” in una scuola di Valladolid dopo che alcuni genitori nel 2005 ne avevano chiesto la rimozione.

SVIZZERA. In Svizzera il comune ticinese di Cadro decise di mettere il crocifisso in tutte le aule scolastiche, ma nel 1990 il Tribunale Federale si pronuncio’ contro l’esposizione dei crocifissi e per la loro rimozione con la motivazione che ”lo Stato ha il dovere di assicurare la neutralita’ in ambito filosofico-religioso della sua scuola e non puo’ identificarsi con una confessione o religione. Deve evitare che studenti e studentesse siano offesi nelle loro convinzioni religiose dalla continua presenza del simbolo di una religione a cui non appartengono”.

LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA: UN SIMBOLO CHE NON INFLUENZA ALUNNI.

”Se e’ vero che il crocifisso e’ prima di tutto un simbolo religioso, non sussistono tuttavia nella fattispecie elementi attestanti l’eventuale influenza che l’esposizione di un simbolo di questa natura sulle mura delle aule scolastiche potrebbe avere sugli alunni”. E’ un passo delle motivazione della sentenza definitiva e inappellabile della Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo (15 giudici contro 2) che ha dato ragione all’Italia nella causa ”Lautsi e altri contro Italia” sulla presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche stabilendo che nell’esposizione del simbolo religioso non c’e’ violazione dei diritti dell’uomo.

Si chiude cosi’ il caso approdato davanti alla Corte il 27 luglio 2006 con il ricorso di Soile Lautsi, cittadina italiana di origini finlandesi. La Lautsi riteneva infatti la presenza del crocifisso un’ingerenza incompatibile con liberta’ di pensiero, convinzione e di religione (art.9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950) cosi’ come del diritto all’istruzione, in particolare, il diritto ad un’educazione ed insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori (art.2 del Protocollo n.1).

Nella motivazione della sentenza, in merito proprio all’articolo 2 del protocollo 1 sul diritto all’istruzione, si legge che ”dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’obbligo degli Stati membri del Consiglio d’ Europa di rispettare le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori non riguarda solo il contenuto dell’istruzione e le modalita’ in cui viene essa dispensata: tale obbligo compete loro nell’esercizio dell’insieme delle ‘funzioni’ che gli Stati si assumono in materia di educazione e di insegnamento”.

Cio’ ”comprende l’allestimento degli ambienti scolastici qualora il diritto interno preveda che questa funzione incomba alle autorita’ pubbliche. Poiche’ la decisione riguardante la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche attiene alle funzioni assunte dallo stato italiano, essa rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 2 del protocollo 1”.

Questa disposizione, si legge ancora, ”attribuisce allo Stato l’obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire ai propri figli un’educazione e un insegnamento conformi alle loro convinzioni religiose e filosofiche”.

La Corte ”constata che nel rendere obbligatoria la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche, la normativa italiana attribuisce alla religione maggioritaria del paese una visibilita’ preponderante nell’ambiente scolastico” e sottolinea altresi’ che ”un crocifisso apposto su un muro e’ un simbolo essenzialmente passivo, la cui influenza sugli alunni non puo’ essere paragonata a un discorso didattico o alla partecipazione ad attivita’ religiose”. Infine, la Corte osserva che ”il diritto della ricorrente, in quanto genitrice, di spiegare e consigliare i suoi figli e orientarli verso una direzione conforme alle proprie convinzioni filosofiche e’ rimasto intatto”. La Corte conclude dunque che ”decidendo di mantenere il crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche frequentate dai bambini della ricorrente, le autorita’ hanno agito entro i limiti dei poteri di cui dispone l’Italia nel quadro del suo obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire tale istruzione secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche”. La Grande Camera della Corte e’ stata presieduta da Jean-Paul Costa (Francia), il giudice Giorgio Malinverni (Svizzera) ha espresso un’opinione dissenziente, condivisa dalla giudice Zdravka Kalaydjieva (Bulgaria).

La sentenza

Il comunicato del MIUR

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