Giù le mani dal portatile, prof. Lettera

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Italo Tardiola – Utilizzo dell’informatica nelle scuole: ma cosa abbiamo da guadagnarci? La risposta è semplice: niente.

I termini del discorso, quello comune, é che oggi sia progresso il digitale e regresso o conservazione il rifiuto di esso. Questo è l’argomento di chi la tecnologia la vende, più che usarla. Ma ancor più che sulla tecnologia in generale potremmo soffermarci su internet. Sul web. Vi siete mai domandati cosa significhi Web? Se sì, avrete già individuato il ragno e la mosca nel tranello (voi).
Il luogo comune della scuola, oramai, è sacrificare il cervello di poveri adolescenti su ricerche on line, studio e-learning, compitazione-computazione, al fine di avere competenze. Pochi sanno dire cosa sia una competenza, però. Noi non cercheremo di dare una risposta a questo quesito, quanto piuttosto di mettere in luce quanto fuorviante sia il concetto di connessione. Un noto intellettuale ha, negli ultimi anni, qualificato la nostra società come liquida. Si può vedere con agio, invece, che la nostra società è totalmente discontinua. Lanciata nel limbo del codice binario, la nostra società, o più concretamente noi essere umani, siamo stretti tra scelte continue tra endiadi inutili: like/don’t like, on line/off line, messaggio letto/messaggio non letto. In una parola: zero e uno. E questo la scuola ha cominciato a pretendere dai ragazzi: siate binari, siate connessi, siate globali.
E i professori rincorrono sogni di cittadinanza digitale, accendendo LIM, mentre oggi pomeriggio c’è la riunione del PON sugli atelier digitali. Cosa stiamo perdendo? È tutto intatto, ma stiamo perdendo la nostra attenzione, la nostra non connessione, la nostra capacità di relazione e la nostra capacità di fare esperienze.
Cosa credete che abbia in mente un adolescente quando gli si raccomanda di cercare la critica dantesca su internet? Ha in mente che sono più di dieci minuti che non controlla whatsapp e che potrebbe essere arrivato qualche messaggio vocale di fondamentale importanza. Il messaggio è gratis, il che equivale a dire che è gratuito. Ma purtroppo è gratuito in senso forte.
A questo pensano i vostri adolescenti, e il professore supino alle logiche binarie raccomanda di studiare, mentre l’ora finisce e finalmente potrà controllare il cellulare. Chi pensa sia retorica non è mai stato in una scuola.
‘Il mezzo è il messaggio’ sentenziava McLuhan, ed è proprio così. Nessun contenuto oltre la forma digitale. Noi non proponiamo più studi per la vita, ma un’iperconnessione che scavalchi la memoria, e renda inutile l’intelligenza. Migliaia di informazioni elaborate, digerite, messe in circolo per essere usate. Gli adolescenti sono iperconnessi, e questo non è un problema che la scuola possa risolvere. Solo che la scuola ha preso a dire: siate connessi ancora di più.
Quanti professori chiedono che il cellulare venga messo via durante le lezioni? Quanti possono farlo? Quanti temono di farlo? Il timore non è del cellulare però, ma della solitudine che consegue allo spegnimento. Soltanto un individuo solo si relaziona con altri esseri umani. Un essere connesso scambia indirizzi email, contatti facebook, selfie e numeri di cellulare. Un’apparentemente innocua procedura che va chiamata col nome che ha: digitalizzazione. Svaniscono le emozioni, perché l’emozione binaria è una stereotipia: il like mi rende felice il don’t like no. Senza emozioni non si impara. Senza solitudine non si impara.
Chi sta spremendo la scuola per farla diventare un corso di informatica? Spegnete il cellulare e ve ne renderete conto in poco tempo.
Giù le mani dal portatile, prof.: combatti i nuovi sciamani.

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